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La scelta sacrosanta di sostenere la ripresa

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LE PRIORITÀ

La scelta sacrosanta di sostenere la ripresa

Sostenere i refoli di ripresa e alimentarli in ogni modo per trasformarli in un vento stabile e sostenuto: per chiunque abbia a cuore le sorti del Paese, dei suoi giovani in cerca di lavoro e delle sue imprese chiamate a una competizione sempre più dura, non può che essere questo l'obiettivo prioritario della politica economica. Perciò la manovra varata giovedì dal Governo (così come emerge dalle prime bozze) va nella giusta direzione, seppure con qualche elemento di fragilità.

È una manovra per la metà finanziata a deficit, non senza coperture una tantum - e questo non è mai un bene per un Paese fortemente indebitato - ma rispetto all'obiettivo prioritario della ripresa qualche “scorrettezza” rispetto ai testi sacri del rigore è certamente legittima. Tanto più se il deficit si ferma comunque al 2,2%, o al massimo al 2,4 se varrà la clausola di flessibilità Ue legata ai migranti. Un livello non solo ben al di sotto del 3% previsto dai trattati Ue, ma soprattutto più che ragionevole per un Paese che si trova solo all'inizio di un difficile percorso di rilancio.

Va preso con grande rispetto il parere di chi sostiene che poiché siamo in fase di crescita dobbiamo approfittare per consolidare i conti pubblici. Ma quella fase è appena all'inizio, è molto incerta, e ha ancora uno straordinario bisogno di essere sostenuta e alimentata. C'è tanta crescita da dover creare e un deficit al 2,2 per cento non è esattamente quello di un Paese cicala. Tanto più se si rivelerà realistica la previsione di un debito in calo dal prossimo anno.

Il problema piuttosto è un altro. Ed è legato al quadro di impegni, tra clausole di salvaguardia (oltre 26 miliardi) e stime di crescita nominale (ambiziose), che si scaricherà sul 2017. Una conseguenza, anche, di scelte ancora una volta poco coraggiose sul fronte della spending review, di tagli cioè veramente strutturali e mirati. È una debolezza che rischia di pesare in vista della prossima legge di stabilità, rendendo più fragile il quadro, e indebolendo l'effetto fiducia che i tagli fiscali possono produrre.

Si doveva fare di più su questo fronte della spending review. Di certo si dovrà fare di più nell'anno che verrà impostando, anche avvalendosi dello strumento dei decreti attuativi della riforma della pubblica amministrazione, un piano finalmente serio ed ambizioso.
Resta il giudizio positivo (a meno di sorprese quando saranno disponibili i testi finali e le relative tabelle) su una manovra che per il 2016 mette in campo un mix coerente di interventi per la ripartenza dell'economia.

La misura sui super-ammortamenti favorirà il rinnovo dei macchinari da parte delle imprese in un momento decisivo di rilancio. Nello stesso tempo darà una spinta a un settore, quello della meccanica strumentale, in cui l'Italia resta tra i leader mondiali. L'abolizione dell'Imu sui grandi macchinari imbullonati, poi, era una richiesta che da tempo veniva dal mondo dell'impresa. Una surrettizia tassa sulla produzione che finalmente è stata cancellata. Positivo anche l'insieme di misure che spingono la produttività iniziando a rafforzare la leva aziendale della contrattazione: dalla detassazione degli straordinari al welfare d'impresa.

Sull'abolizione delle tasse sulla prima casa si è molto discusso e molto si discuterà. È sicuramente giusto sostenere che la priorità deve essere la riduzione della pressione fiscale sul lavoro e sull'impresa. Ed è molto probabile che sulla scelta di Renzi abbiano anche pesato valutazioni di consenso elettorale. Ma è difficile, tuttavia, negare legittimità all'argomento per cui in un Paese come il nostro le imposte sulla casa incidono direttamente sulla fiducia e sui consumi, oltre a poter influire sulla ripresa o meno di un settore determinante come quello dell'edilizia.

La riduzione dell'Ires già nel 2016 completerebbe positivamente questo quadro di interventi fiscali. Ma qui la partita con l'Unione europea è solo all'inizio. E i primissimi segnali che arrivano da Bruxelles non autorizzano ad avere grande fiducia sull'effettiva possibilità di utilizzare la clausola di flessibilità legata alla spesa per l'emergenza immigrati.

Al di là dei toni duri con cui ieri Renzi ha posto la questione nella sua intervista a Radio 24, il Documento programmatico di bilancio che l'Italia ha inviato alla Commissione è molto accurato nel motivare le giuste ragioni con cui l'Italia rivendica flessibilità sul bilancio. Ma se sugli investimenti co-finanziati e sulle riforme il via libera sembra a portata di mano, più difficile sarà ottenere il riconoscimento dell'eccezionalità delle spese sostenute per l'immigrazione.

Sarebbe un errore, però, da parte di Bruxelles negare all'Italia la possibilità di ridurre da subito una quota di Ires, cioè di imposte sulle imprese. Perché la ripresa, in Europa, è interesse di tutti e, in questa fase, ogni flessibilità che le regole possono consentire va utilizzata.
.@fabrizioforquet

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