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Le certezze di Draghi e le incertezze dell’economia

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bce e crescita

Le certezze di Draghi e le incertezze dell’economia

La ripresa economica c’è, ma è ancora acerba, e ci sono rischi di instabilità, soprattutto di natura internazionale; ma se si materializzassero, la Banca centrale europea è pronta a rafforzare la sua regola di politica monetaria, accentuandone l’orientamento espansivo. Sono queste le certezze di Mario Draghi: se cresce l’incertezza sui mercati, il primo compito di una banca centrale è offrire una bussola. Un contributo cruciale, soprattutto se si pensa che è l’esatto contrario di quello che invece sta facendo la banca centrale americana, contribuendo a quel quadro di instabilità che mette a rischio anche la ripresa europea.

La Bce ha confermato l’orientamento espansivo della politica monetaria: i tassi resteranno vicini allo zero, continueranno le operazioni di iniezioni di liquidità sui mercati. Inoltre è stato confermato e rafforzato il messaggio di una volontà di agire se serve: letteralmente, la Bce non “guarda e aspetta”, ma “lavora e risolve (i problemi)”. Perché la congiuntura è migliorata, ma le incognite non mancano.

L’incognita più importante è legata all’andamento dell’inflazione, letta insieme a quello della crescita economica. Ricordando sempre che il principale obiettivo della Bce è quello della stabilità monetaria, che è stato definito dalla stessa banca centrale come un andamento della crescita dei prezzi intorno al 2%, i dati ci dicono che sono 33 mesi che tale obiettivo non è raggiunto: nel febbraio 2013 l’inflazione era all’1,8%, e dopo il calando è stato un fenomeno continuo, con quattro mesi a cavallo tra la fine del 2014 e l’inizio del 2015 di deflazione vera e propria. Dal 1999, anno in cui nasce la politica monetaria europea, è il più lungo periodo di mancato raggiungimento dell’obiettivo.

Segue il periodo che va dal gennaio 2011 all’ottobre 2012, in cui il tasso di inflazione è stato sistematicamente maggiore dell’obiettivo di almeno venti punti base. Si noti che entrambi gli intervalli temporali sono successivi alla Grande Crisi del 2008, che ha segnato l’inizio di una fase straordinaria per la politica monetaria, ancora in corso. Inoltre, non basta guardare solo alla dinamica dei prezzi, ma il giudizio deve formarsi anche rispetto alla crescita economica; se prezzi anemici andassero a braccetto con una soddisfacente dinamica della produzione, avremmo una congiuntura economica che non a caso gli economisti battezzano di buona disinflazione: se la produzione cresce e i prezzi no, i cittadini non possono che essere soddisfatti. Purtroppo non è questo il caso dell’Unione europea: considerando come soddisfacente una crescita economica intorno al 2%, sono almeno 50 mesi che le performance europee sono inferiori. Quindi siamo in uno scenario di cattiva disinflazione. Dunque occorre interrogarsi sulla perdurante inefficacia della politica monetaria. La politica monetaria è impotente quando il sistema economico è caratterizzato da una trappola della liquidità, intesa come assenza di effetti dell’espansione monetaria sulle scelte di consumo e di investimento di individui ed imprese. L’Unione europea sembra essere in una fase di uscita dalla trappola della liquidità; Draghi ha ricordato i dati sulla produzione, sui consumi, ma anche quelli sugli aggregati monetari e sul credito. L’espansione monetaria si associa in modo positivo sia alle variabili reali che a quelle monetarie e creditizie; condizione necessaria, ancorché non sufficiente, per parlare di un ritorno verso la normalizzazione del ciclo economico. Ma la normalizzazione non appare né matura né definitiva. Cosa può fare la Bce per contribuire alla definitiva uscita dalla trappola della liquidità? La risposta dipende dalle possibilità che la Bce ha di influenzare efficacemente le aspettative attraverso la sua condotta. La condotta della Bce si basa su una regola monetaria, che è definita in termini di obiettivi e strumenti. Quindi la domanda diviene: potrebbe essere utile cambiare la definizione degli obiettivi che guidano la Bce e il disegno degli strumenti con cui tali obiettivi vengono perseguiti? La risposta della Bce è chiara: la regola di politica monetaria viene confermata; se necessario, verrà irrobustita.

Dunque al momento viene confermato l’obiettivo di inflazione, nonché l’articolazione degli interventi. Quindi i tassi rimangono allo zero, ma non si escludono esplorazioni nel territorio negativo. Le operazioni in titoli pubblici continueranno nei modi e nei tempi definiti, ma la Bce è pronta a modificarne perimetro e tecniche, ove necessario. La conferma della regola monetaria può essere giudicata una scelta conservativa, a conferma del fatto che le banche centrali sono caratterizzate da una bassa propensione al rischio, in ragione della necessità di stabilizzare il proprio patrimonio di reputazione. Allo stesso tempo però, la sola esistenza di una regola monetaria dà un contributo alla stabilità sistemica, europea e mondiale, molto maggiore rispetto a quello oggi offerto dall’altra grande banca centrale, la Fed. L’assenza di regole monetarie è una tossina per i mercati, nazionali e internazionali, che si riverbera fuori dai confini, quando l’indisciplina caratterizza il Paese che produce la maggior valuta di riserva internazionale, cioè il dollaro. Non a caso la Bce ricorda che le incognite sulla solidità della ripresa economica nascono soprattutto fuori dall’area domestica e che il tasso di cambio rimane un canale di trasmissione cruciale e sensibile. A buon intenditor, poche parole.

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