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Passa la comunione ai divorziati

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il futuro della famiglia

Passa la comunione ai divorziati

Passa la linea del rinnovamento sulla famiglia, anche se per un soffio. La decisione di affidare al “discernimento” – quindi all’esame “caso per caso” – da parte dei sacerdoti l’ammissione ai sacramenti per i divorziati risposati è stato approvato ieri sera a maggioranza dei due terzi per un solo voto di scarto: 178 sono i sì rispetto ai 177 che erano richiesti per la maggioranza qualificata dei 265 presenti. Quindi 80 tra cardinali e vescovi hanno votato contro. U n numero molto alto.

Alla fine di tre settimane di lavori il Sinodo fa un passo avanti fondamentale su un capitolo considerato decisivo per l’integrazione di una grossa fetta di cattolici esclusi della comunione e confessione: sarà il Papa a decidere, ma a questo punto può contare su una base importante. Ma viene sancita anche l’opposizione alla linea di rinnovamento. Anche gli altri capitoli relativi alle situazioni complesse hanno visto diversi voti contrari, specie l’articolo 84, che ne ha contati 72. Il voto è segreto ma tra questi prelati la maggioranza è anglosassone, in buona parte africana e anche un po’ europea. In ogni caso questa opposizione era ben nota, sia prima del Sinodo, che durante, visto la lettera dei 13 cardinali “conservatori” che hanno contestato apertamente Bergoglio. Il quale nel discorso finale, di grande potenza, è stato molto deciso: il Sinodo «ci ha fatto capire meglio che i veri difensori della dottrina non sono quelli che difendono la lettera ma lo spirito, non le idee ma l’uomo, non le formule, ma la gratuità dell’amore di Dio e del suo perdono». E poi: «Il primo dovere della Chiesa non è quello di distribuire condanne o anatemi, ma è quello di proclamare la misericordia di Dio, di chiamare alla conversione e di condurre tutti gli uomini alla salvezza del Signore».

La soluzione del “discernimento”, molto gradita al Papa in quanto gesuita – il discernimento è il metodo di Sant’Ignazio di Loyola negli Esercizi – è stata avanzata pochi giorni fa dal cardinale austriaco Shoenborn, invocando il “foro interno”, quindi la confessione. Insomma, la dottrina non cambia, come era prevedibile, ma ai conservatori questo non è bastato, e nonostante le dichiarazioni di pacificazione della vigilia hanno compattato un discreto zoccolo di voti contrari, che tuttavia non sono stati sufficienti, come lo furono un anno fa sempre sui divorziati (e i gay). E anche i metodi usati durante le tre settimane – tra cui molti includono anche la falsa notizia sulla sua malattia al cervello («Ci ha scherzato su ma era dispiaciuto», ha detto il Sostituto, Angelo Becciu) - sono stati spesso disinvolti, tanto che lo stesso Papa ne ha fatto cenno: «Nel cammino di questo Sinodo le opinioni diverse che si sono espresse liberamente - e purtroppo talvolta con metodi non del tutto benevoli - hanno certamente arricchito e animato il dialogo, offrendo un’immagine viva di una Chiesa che non usa “moduli preconfezionati”, ma che attinge dalla fonte inesauribile della sua fede acqua viva per dissetare i cuori inariditi».

Ma cosa dice l’articolo-chiave, passato per un voto? È molto chiaro: “È compito dei presbiteri accompagnare le persone interessate sulla via del discernimento secondo l’insegnamento della Chiesa e gli orientamenti del vescovo. In questo processo sarà utile fare un esame di coscienza, tramite momenti di riflessione e di pentimento. I divorziati risposati dovrebbero chiedersi come si sono comportati verso i loro figli quando l’unione coniugale è entrata in crisi; se ci sono stati tentativi di riconciliazione, come è la situazione del partner abbandonato, quali conseguenze ha la nuova relazione sul resto della famiglia e la comunità dei fedeli, quale esempio essa offre ai giovani che si devono preparare al matrimonio”.

Il documento è complesso e abbraccia tutti gli aspetti che affronta la famiglia, sui quali c’è stato perlopiù consenso. Ma è sempre il Papa, nel discorso finale molto applaudito, a fissare i paletti. Non ci sono dubbi sulla strada intrapresa, e la relazione finale è chiara: «I battezzati che sono divorziati e risposati civilmente devono essere più integrati nelle comunità cristiane nei diversi modi possibili, evitando ogni occasione di scandalo. La logica dell’integrazione è la chiave del loro accompagnamento pastorale». Sugli omosessuali, come previsto, appena un accenno: «Nei confronti delle famiglie che vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con tendenza omosessuale, la Chiesa ribadisce che ogni persona, indipendentemente dalla propria tendenza sessuale, vada rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare ogni marchio di ingiusta discriminazione». L’anno scorso questa formulazione era stata approvata solo con la maggioranza semplice. Si ribadisce il no all’equiparazione del matrimonio delle coppie gay ma non c’è neppure un accenno alla possibilità di un’attenzione per l’affettività fra persone dello stesso sesso.