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Parigi tra Orange e Telefonica

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L'ANALISI

Parigi tra Orange e Telefonica

Un castello di opzioni, una quota almeno del 35% del capitale finita in Francia, e due soci, il gruppo Vivendi di Vincent Bolloré e l'imprenditore transalpino Xavier Niel che apparentemente non si parlano. Non sono «nemici», si dice, ma in questa storia, che è la storia di Telecom Italia, giocano su tavoli differenti. Il risultato è che dopo cinque cambi di azionariato dalla privatizzazione, questa è la prima volta che non si capisce chi comanda (o chi comanderà) in Telecom Italia. Ma soprattutto quale sia il disegno finale dell'avanzata d'Oltralpe. C'è persino il sospetto che dietro i due finanzieri ci siano due progetti contrapposti: Bollorè-Telefonica contro Niel-Orange. Ma si tratta , per ora, solo di ipotesi.

La prima questione da chiarire, comunque, è se l'obiettivo dei due imprenditori francesi sia finanziario o industriale. Nel primo caso, ovvero se i due azionisti francesi fossero mossi da una logica più speculativa, l'impressione è che sia Vivendi sia Niel si siano posizionati nel libro soci del gruppo telefonico italiano in attesa di una operazione straordinaria, sia essa un'offerta pubblica di acquisto, uno spezzatino o fusione trasfrontaliera. Ipotesi rafforzata dalla constatazione che la stessa Vivendi, nonostante ricopra il ruolo di primo azionista di Telecom italia con il 20%, finora si sia mossa come socio finanziario, non chiedendo alcun rappresentante nel consiglio di amministrazione del gruppo nè formalmente nè informalmente. In pratica, ci si troverebbe di fronte a quote azionarie rastrellate in vista di potenziali «sviluppi».

In questo quadro, negli ambienti finanziari si ipotizzano due scenari: nel primo, Bollorè si sarebbe mosso per conto di Telefonica, la compagnia spagnola da cui ha ricevuto le azioni di Telecom come forma di pagamento per l'acquisto degli asset brasiliani di Vivendi. I forti rapporti di affari e di amicizia tra Bollorè e il numero uno di Telefonica Cesar Alierta sarebbero alla base di questo patto segreto. Nella seconda ipotesi, Bollorè sarebbe invece entrato in Telecom ben sapendo dell'intenzione del gruppo Orange di conquistare l'azienda italiana. L'interesse di Orange per Telecom italia è cosa nota. Tant'è che lo stesso Bolloré, in occasione dell'ingresso di Telecom Italia, aveva rassicurato il Presidente del Consiglio Matteo Renzi sulla volontà di mantenere Telecom indipendente. Questo dopo che proprio in quei giorni erano filtrate voci su un ruolo di Orange nella decisione di Vivendi di entrare in Telecom Italia. L'ipotesi sulla quale i francesi stavano ragionando, si diceva, ruotava proprio intorno a Vivendi, all'epoca prossima a rilevare da Telefonica una quota dell'8,3% che ne avrebbe fatto il primo azionista di Telecom. L'idea era quella di un affiancamento di Orange per costituire con la media company presieduta da Bolloré un nocciolo duro, comunque sotto la soglia dell'Opa. Ma appunto nessuna Opa in vista, nè una fusione che avrebbe avuto l'effetto di diluire il 26,94% che lo Stato francese detiene in Orange. Ci sono poi altre varianti del piano Orange-Telecom Italia. La più suggestiva è una maxi fusione tra Orange, Deutsche Telekom e Telecom Italia con l'obiettivo di creare un solo grande operatore partecipato dalle tre Casse di Stato: la Cassa depositi tedesca che compare nel gruppo Deutsche Telekom, la Cdp francese di Orange e la Cassa depositi e prestiti che sarebbe dovuta entrare in Telecom Italia. Ma il tanto chiacchierato ingresso della Cdp nel gruppo telefonico italiano non si è mai concretizzato. Un paio d'anni fa, quando si ragionava di scorporo “volontario” della rete, l'allora presidente Franco Bernabè aveva provato a proporre alla Cdp la possibilità di sottoscrivere un convertendo o un convertibile in azioni Telecom. Ma la risposta era sempre stata negativa. Posizione che non è mai cambiata. Ma questo non significa che le mire di Orange siano cambiate.

Lo scenario alternativo vede Xavier Niel come attore industriale. In pratica il patron di Iliad e Free e socio di riferimento di Le Monde (nonché marito di Delphine Arnaud, figlia di Bernard) da sempre consigliato da Matthieu Pigasse, il banchiere a capo di Lazard e che secondo indiscrezioni non confermate avrebbe scelto in Italia l'avvocato Sergio Erede come consulente legale, si starebbe muovendo in proprio . Con un patrimonio personale di 8 miliardi di euro, non solo ha lanciato l'operatore mobile low cost Free ma ha anche recentemente preso il controllo di Monaco Telecom e ha sborsato 2,3 miliardi di euro per acquistare Orange Suisse. Ecco perché qualcuno azzarda che abbia un piano industriale ben preciso e che potrebbe proporre una sorta di reverse merger. Magari cavalcando anche l'euforia delle ultime settimane intorno a Tim Brasil, finita nel mirino del russo Mikhail Fridman, a cui potrebbe cedere l'asset brasiliano. In questo quadro Vivendi sarebbe costretta a decidere se mollare la presa o lanciarsi in una guerra tra miliardari. Con il rischio, poi, che si inseriscano altri soggetti in questo complicato scacchiere: posizioni “estranee” all'accoppiata francese non si possono infatti escludere.

L'unica certezza, per ora, è che il blitz di Niel ha fatto salire del 20% il valore delle azioni Telecom Italia in mano a Vivendi: ai prezzi di ieri il pacchetto vale circa 3,5 miliardi, pari a una plusvalenza potenziale di mezzo miliardo sul prezzo di carico (1,14 euro pari a 3,05 miliardi).

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