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Nei musei i direttori ci sono, manca il personale

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beni culturali

Nei musei i direttori ci sono, manca il personale

  • –di Antonello Cherchi

Saranno pure super, con tanto di autonomia contabile, scientifica, organizzativa e finanziaria, ma per ora sono senza personale. Nei 20 musei promossi dalla riforma Franceschini a “big” stanno arrivando i direttori - per la prima volta sette sono stranieri -, ma non ci sono gli organici. Conseguenza del fatto che fino a ieri i musei erano “dentro” le soprintendenze e ora i dipendenti devono ancora scegliere dove andare. Mancano gli uffici amministrativi, contabili, della comunicazione. Una rivoluzione che parte con le armi spuntate.

Oggi tocca a quattro direttori dei venti musei eletti a rango speciale grazie a una particolare autonomia: in giornata prenderanno possesso dei loro uffici. Due sono stranieri e altri due italiani ma con prolungate esperienze all’estero. Giovedì sarà poi la volta di altri 115 direttori: uno si insedierà alla guida della Galleria nazionale di arte moderna (altro istituto tra i venti autonomi) e 114 andranno a dirigere altrettanti musei non dirigenziali, ma comunque - per la prima volta - dotati di uno statuto proprio, un bilancio, una propria struttura gestionale.

È finita l’era dei musei come semplici appendici delle soprintendenze: fino a ieri (tranne rari casi) erano uffici retti da un funzionario che rispondeva al soprintendente. Ora, invece, i musei acquisiscono una loro personalità. E non solo i venti super, dove l’autonomia contabile, finanziaria, organizzativa e scientifica riserva al direttore ampi spazi di manovra. Anche negli altri 114 istituti la musica cambia.

È l’effetto della riforma Franceschini, tratteggiata con il decreto legge sulla Cultura (il n. 83) approvato a fine maggio dell’anno scorso. L’arrivo dei direttori - nei venti autonomi, dove cinque sono già al lavoro da ottobre, si proseguirà con gli insediamenti fino a dicembre - è il tassello che mancava per poter partire.

Ma quella che sulla carta è innegabilmente una svolta, nella pratica dovrà farsi le ossa. Non basta aver nominato - per la prima volta con un bando internazionale, almeno nei venti istituti autonomi - i direttori. Ci sono da costituire i consigli di amministrazione (i primi Cda sono arrivati nei giorni scorsi ), bisogna scrivere i nuovi statuti, c’è da nominare il comitato scientifico, bisogna aspettare le risorse, valutare come spenderle, fare in modo che ne arrivino di fresche attraverso il mecenatismo e il crowdfunding.

Ma prima di tutto occorre contarsi e capire chi si è. I neo-direttori dovranno confrontarsi con questo problema non da poco: ancora non sanno quali persone li accompagneranno nella realizzazione della riforma. Succede, infatti, che essendosi tutti i musei slegati dalle soprintendenze, il personale amministrativo deve scegliere il da farsi: trasferirsi armi e bagagli nel museo o rimanere alla soprintendenza?

Si prenda il caso di Brera: qui il personale dovrà scegliere tra soprintendenza, polo museale e pinacoteca. «Il vero problema - afferma il neo-direttore James Bradburne - è costruire l’architettura della riforma, inziando dall’organigramma. Ma per farlo bisogna aspettare che il ministero faccia l’interpello, cioè avvii la procedura che permette ai dipendenti di scegliere dove andare. Ho già fatto un interpello informale, ma è chiaro che devo aspettare quello ufficiale. La sfida è grande, ma noi siamo qui per questo».

Analogo ottimismo da parte di Mauro Felicori, direttore della Reggia di Caserta. «È in atto un passaggio rivoluzionario - afferma - e noi siamo stati chiamati anche per risolvere i problemi. È, però, chiaro che la struttura organizzativa va creata, perché nasciamo dalle costole delle soprintendenze. Ovvero, uffici che prima erano singoli e ora devono sdoppiarsi. E questo significa, per quanto mi riguarda, che al momento non ho, per esempio, un ufficio contabile. Devo spendere, ma non ho cassa».

«A me manca un direttore amministrativo - aggiunge Flaminia Gennari Santori, direttrice delle gallerie nazionali di arte antica di Roma - , ma anche profili come il web manager o l’esperto della comunicazione. Figure che arriveranno con il concorso straordinario annunciato nella legge di stabilità, ma le cui assunzioni si vedranno tra un anno. Le competenze nel ministero ci sono anche: molti custodi sono laureati e potrebbero essere “riconvertiti”, ma toglierli da un inquadramento per inserirli in un altro è un percorso complicatissimo. Al di là di questi problemi di partenza, sono convinta ce la faremo».

E poi ci vorrebbe qualcuno che si occupasse delle gare per i servizi aggiuntivi. Ma qui, oltre a una figura dedicata, si aspettano anche le nuove linee guida, per superare la fase di prorogatio ormai pluriannuale delle concessioni. Un passo alla volta.

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