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osservatorio sull’italia

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1865-2015

osservatorio sull’italia

Se il Sole ha centocinquant’anni, io ne ho trenta. Cioè a dire, ne ho molti di più, ma sono trent’anni che scrivo per il Sole-24 Ore. Vi sono approdato nel 1985, proprio quando si stava trasformando da «giornale della mercatura e del denaro» (come nella bella citazione riportata da Roberto Napoletano nel Sole di domenica) in giornale a tutto tondo.

Un giornale che guarda all’economia, alla finanza, alla politica, alla cultura e alle vicende del mondo con la lente di un’Italia che, come il calabrone, da sempre si ingegna a volare lottando contro il peso di magagne antiche e nuove.

Non conosco il Sole del primo dopoguerra, nè quello di ancor prima, se non per sentito dire. E uno dei “sentito dire” sta nelle «Lettere dal carcere» di Antonio Gramsci, che in prigione chiedeva di leggere il Sole-24 Ore (che allora aveva solo metà del nome). Naturalmente, il terreno di elezione del nostro giornale, allora come adesso, è l’economia. Ma non è una postazione riduttiva. L’economia è una collina da cui guardare il resto d’Italia, e non è un cattivo punto di osservazione. Direi anzi che – primum vivere, deinde philosophari – è il miglior punto di osservazione, dato che la società e la politica, la macchina pubblica e quella privata, le professioni, lo sport, lo spettacolo e il philosophari stesso dipendono dalla capacità del sistema produttivo di creare le risorse necessarie a vivere e crescere. La storia del Sole è la storia dell’economia italiana. E piace pensare che lo “storico” – in questo caso il quotidiano stesso – non è stato solo un passivo registro degli eventi. Nella prima metà degli anni Ottanta – il direttore allora era Gianni Locatelli – iniziò la metamorfosi del Sole, che divenne un attivo partecipante a quella giostra di idee e quella tenzone di politiche che andavano a plasmare l’economia italiana; una economia e una società che, dopo quegli anni Settanta rigati da inflazione e terrorismo, cercava una identità nuova. Il Sole fu in prima linea nel commentare quegli eventi epocali che furono la marcia dei 40mila, il divorzio Tesoro-Banca d’Italia, il cammino valutario nello Sme, la lotta al deficit. La politica dell’attrito del cambio – deprezzamenti minori dei differenziali di inflazione, talché facevano apprezzare il cambio reale – rischiava, secondo molti, di creare un ‘nano robusto': di far cadere lungo la strada le imprese che non ce la facevano e di lasciare solo quelle che resistevano, “regalando” all’Italia un’industria “nana” ma forte. C’era quel rischio, ma era un rischio che bisognava correre, e il Sole non divenne mai un alfiere dell’inane spirale svalutazione/inflazione. Gli anni Novanta furono gli anni della rincorsa: la rincorsa alla moneta unica. Furono gli anni in cui l’Italia si scrollò di dosso il peso immane degli interessi sul debito, che superavano il 10% del Pil e il Sole fu sempre in prima linea nella lotta al deficit e nell’auspicio di un ingresso a testa alta fra i Paesi fondatori dell’euro. Un progetto che molti oggi vilipendono, ma che ha resistito allo tsunami della Grande recessione e alle tensioni della crisi da debiti sovrani. L’approccio risolutamente europeista del Sole non impedisce la critica costante ma costruttiva alle farraginose politiche dell’Unione europea e alle confuse e litigiose risposte alle sfide che il mondo getta sulle rive dell’Europa.

Queste sfide hanno in particolare colpito l’Italia. L’anno che viene vedrà l’attività economica del nostro Paese attestarsi su livelli ancora inferiori a quelli di inizo secolo. Una stagnazione che chiede risposte diverse dal ficcare la testa nella sabbia. E il Sole diede avvio nel 2011 a una serie di inchieste sul “perché l’Italia non cresce”, e a un “viaggio in Italia”, insieme di reportage sulle cose belle e brutte del nostro Paese. Piace pensare che lo sguardo che il Sole getta sull’Italia abbia la stessa intenzione, se non la stessa penetrazione, del «Viaggio in Italia» di Guido Piovene, un libro di cui Indro Montanelli scrisse: «dovrebbe essere testo d’obbligo nelle scuole italiane, tali sono la profondità e la nitidezza della sua sonda nelle pieghe e nelle piaghe del nostro Paese». Il Sole è stato testimone costante delle difficoltà dell’Italia di adeguarsi alla sfida della globalizzazione: quando i Paesi emergenti gettarono sul piatto dell’economia mondiale una crescente capacità di competere, l’arena si spostò sulla concorrenza fra “sistemi Paese” e non più solo fra imprese. E qui pesò la storica incapacità di collaborare fra privato e pubblico: la storia d’Italia, con l’antagonismo fra Stati e Regni oppressivi da una parte e i cittadini dall’altra, ci ha lasciato in eredità una diffidenza dei cittadini verso lo Stato e uno Stato che guarda ai cittadini come sudditi.

La radice del Sole, si è detto, è stata e sarà l’economia. Un’economia che in Italia assume volti che non si trovano in altre nazioni. La percentuale di occupati autonomi è da noi più che doppia rispetto agli altri grandi Paesi, e la quota di piccole imprese è parimenti molto più alta. A questo universo imprenditoriale il Sole è l’unico strumento che ha offerto supporti tecnici e conoscitivi di alto livello professionale. Negli ultimi anni Il Sole 24 Ore ha cercato di reinventarsi, sostituendo alla “circolazione di sangue misto” che lo voleva competere con i giornali generalisti una sua identità volta a riscoprire le sorgenti del “fare informazione” dei primi anni Ottanta, andando oltre: una cifra che guarda all’Italia produttiva come a un primum movens degli sviluppi istituzionali e sociali ma diventa parte attiva nel cambiamento dell’economia, della società e delle istituzioni, con il giornalismo di inchiesta, Rating 24 e prendendo sempre posizione sui fatti. L’attenzione alla cultura – il Domenicale del Sole è un prodotto unico nel giornalismo italiano – non è un ornamento: è l’anello di una catena che vede nelle radici culturali del nostro Paese – che ha il primato mondiale dei siti Unesco “Patrimonio dell’umanità” – la linfa di una produzione che fa del Made in Italy un marchio di eccellenza.

Da ultimo, la sfida multimediale. Una sfida che è un’ordalìa, da cui dipende la sopravvivenza del giornale. Il Sole ha conquistato il primato, in Italia, per il numero di copie cartacee e digitali. Non si tratta solo di fare informazione 24/7, ma di costruire un’informazione di qualità che vada a soddisfare ogni centimetro della curva di domanda dell’informazione.

Un’offerta che, se è consentito dirlo, è non solo informativa ma formativa, nel senso di essere parte attiva di un’Italia che cambia. Non abbiamo avuto esitazioni nel chiedere dimissioni di ministri del Tesoro o di presidenti del Consiglio, quando il bene del Paese lo richiedeva. Il Sole 24 Ore ha conquistato sul campo, come mai prima d’ora, un’autorevolezza che premia un impegno senza respiro al servizio del Paese.

In questo sesquicentenario del nostro giornale si rinnova una promessa: la promessa di riflettere con fedeltà la realtà e di sostenere quelle soluzioni che, con umiltà e con indipendenza di giudizio, riteniamo provvide per un’Italia che tenta ancora il volo del calabrone.

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