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Il risveglio del «motore» industriale

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manifattura e innovazione

Il risveglio del «motore» industriale

Sgravi fiscali, domanda interna, crescita. Il circolo virtuoso si è innestato e anche se dimensioni e composizione della ripresa presentano più di un’ombra, gli spazi per l’ottimismo paiono più ampi. Nel rapporto-analisi sui settori industriali di Intesa Sanpaolo e Prometeia la novità principale è proprio la reattività dell’Italia, capace di crescere in una fase in cui il commercio mondiale rallenta, gettando sabbia nel motore del nostro export. Frenata, tuttavia, più che bilanciata dal recupero della domanda nazionale, principale fonte di crescita nel 2015 per quasi tutti i settori manifatturieri monitorati nel rapporto. «Gli stimoli del Governo stanno funzionando – spiega il capoeconomista di Intesa SanPaolo Gregorio De Felice –, le politiche di sgravi fiscali adottate per famiglie e imprese sono state di grande aiuto: 17 miliardi di euro quest’anno, 28 il prossimo, una massa di risorse di fronte alla quale il sistema Italia ha reagito».

Dopo sette anni di caduta libera (-11,2% nel complesso) il 2015 vede infine la risalita del reddito disponibile delle famiglie, fondi che spingono i consumi (+1%) e dunque le produzioni manifatturiere, con un utilizzo della capacità produttiva tornato a ridosso del periodo pre-crisi. In un circolo virtuoso che finalmente traduce i primi refoli di crescita in nuovi posti di lavoro, dunque in aumentata capacità di spesa. Così, dopo aver perso poco meno di tre punti nel 2013 e aver spuntato appena qualche decimale di crescita lo scorso anno, la massa dei ricavi della manifattura italiana allunga il passo (+1,4%), con prospettive superiori nel prossimo biennio. Progressi su base geografica quasi interamente “spiegati” dal mercato interno mentre in termini settoriali la divaricazione delle performance resta ancora evidente. Scomponendo per comparti il progresso medio dei ricavi, si scopre infatti che due terzi dell’incremento, pari all’1,4% per il 2015, è infatti legato alla filiera dell’auto, protagonista dei risultati migliori tra i settori anche in prospettiva, con una crescita dei ricavi prevista del 13,1% nel prossimo biennio.

Altrove le performance sono meno roboanti, anche a causa di un progressivo raffreddamento della domanda mondiale, in particolare di quella in arrivo dai paesi emergenti. Deboli, inoltre, i settori che più di altri si appoggiano alla domanda di manufatti in arrivo dall’edilizia, come mobili ed elettrodomestici, aree che ancora scontano la mancata ripresa del mattone in Italia.

Il recupero dei ricavi, rilanciato anche dalla forza del dollaro, consente alle imprese di migliorare la propria redditività, con margini operativi che tornano al di sopra dell’8%, fornendo anche nuovo munizioni per gli investimenti. Che restano forse l’aspetto più deludente di questa fase congiunturale, perché la crescita prevista nel 2015, pari allo 0,4%, è ancora insufficiente per recuperare il terreno perduto negli anni. «E se gli investimenti non riescono a ripartire ora – osserva De Felice – in una fase in cui i tassi di interesse per le imprese sono ai minimi storici, credo che per il Paese ci sia un problema molto serio». Euro, petrolio e tassi in versione “bonsai” rappresentano in effetti per l’Italia un’occasione unica, da sfruttare per colmare i divari ancora esistenti in termini settoriali ma soprattutto geografici. Il mezzogiorno – in particolare – è il principale responsabile del divario di crescita delle esportazioni tra noi e la Germania, con risultati divergenti rispetto a quanto ha saputo fare l’ex-Ddr, nuovi Laender tedeschi che ormai hanno quasi colmato il gap rispetto al resto del Paese. Risultati diversi – evidenzia il rapporto – per pil pro-capite, esportazioni, tasso di disoccupazione, con l’ex Ddr a battere sistematicamente il nostro Mezzogiorno in ogni indicatore. Investimenti massicci in infrastrutture, sistema legale efficiente ed efficace, capacità di attrazione di grandi aziende multinazionali, sono tra le spiegazioni individuate dagli analisti per questo percorso divergente. Un destino tuttavia non ineluttabile, come confermano gli imprenditori del territorio. «Da qui – spiega Paolo Scudieri, presidente di Adler group – può certamente ripartire il riscatto del Paese, la storia recente dello stabilimento di Melfi lo dimostra». «Spero che le promesse di svolta per il Sud da parte del Governo siano mantenute – aggiunge il vicepresidente di Confindustria con delega a Mezzogiorno e politiche regionali Alessandro Laterza –, credo sia essenziale avere un credito d’imposta forte per chi investe e una conferma della decontribuzione per i neo-assunti».

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