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La Sardegna sogna la California

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a colloquio con il governatore f.pigliaru

La Sardegna sogna la California

Una terapia californiana per la Sardegna. Questa è la strategia che tratteggia Francesco Pigliaru, economista con master of philosophy all'università di Cambridge, ex prorettore dell'università di Cagliari e due anni fa reclutato in extremis per la corsa a governatore dopo l'autoesclusione di Francesca Barracciu, l'ex segretaria del Pd regionale inquisita per le spese pazze in Regione. Da quasi due anni Pigliaru guida una Regione ormai fuori dall'Obiettivo 1, un'isola che per fortuna non vive i melodrammi siciliani o le ammuine giudiziarie della Campania. Pigliaru non ama i riflettori, e se non fosse per il suo stile british (camicia bianca perfettamente stirata e cravatta nera) passerebbe inosservato anche nelle riunioni convocate al Nazareno con i governatori del Pd. Inutile girarci attorno: le politiche di Pigliaru, 61 anni, rappresentano l'unico esperimento degno di nota nel panorama declinante (con certe aree del Sud in default conclamato) delle Regioni italiane.

Il governatore sardo è un appassionato di politiche pubbliche e dei meccanismi che presiedono alla misurazione della loro efficacia, un tema sconosciuto ai suoi omologhi e sul quale ha lavorato sodo fin da quando Renato Soru lo chiamò come assessore alla Programmazione nel suo governo regionale. Finì male (Pigliaru si dimise per insanabili contrasti con l'imprenditore) e ora il nuovo governatore si ritrova l'inventore di Tiscali nel doppio ruolo di segretario regionale del Pd ed europarlamentare. Pigliaru fa un esercizio di ottimismo: “Renato è uno dei pochissimi uomini con cui si possa ragionare sul futuro della Sardegna. Per esempio: che cosa accadrebbe se la nostra isola riuscisse a liberarsi dal doppio monopolio delle navi Tirrenia e delle società di autonoleggio che intrappolano i turisti?”. I duellanti, Pigliaru e Soru, discutono di come il car sharing possa cambiare il modo di concepire una vacanza, ma le urgenze si affollano e i temi si rincorrono. A partire dalla grande questione della tecnostruttura regionale, che in Sardegna, come altrove, tiene in ostaggio i rari politici di buona volontà. Dice Pigliaru: “È una macchina frazionata, deresponsabilizzata e dominata da meccanismi barocchi. Tutto il sistema è organizzato per difendersi dal rischio flessibilità e dalla mobilità interna, di fatto ancora un tabù”. Altro non dice il governatore che su questo e altri temi rimanda al suo alter ego, l'economista Luigi Guiso, un passato in Banca d'Italia e a Tor Vergata e ora docente all'Eief, l'Einaudi institute for economics and Finance di Roma.

L'economista lavora pancia a terra al progetto forse più ambizioso della giunta Pigliaru: entrepreneurship and back, il piano per formare all'estero un centinaio di giovani imprenditori (si veda l'articolo in questa pagina) . Guiso non le manda a dire. “La tecnostruttura regionale? Basterebbe cacciare 100 dirigenti e sostituirli con giovani formati all’estero”. La formazione è una delle questioni cruciali. Con un imperativo su tutti. Dice Pigliaru: “Dobbiamo frenare, costi quel che costi, la dispersione scolastica. È uno dei grandi temi sui quali anche il governo nazionale dovrebbe mobilitarsi. Un 15enne del Sud ha un divario di competenze di due anni rispetto a un suo coetaneo del Nord. Anche per questo stiamo portando la fibra ottica nelle aree rurali. In Sardegna ci sono 377 Comuni ma quasi 200 hanno meno di mille abitanti. In alcuni siamo riusciti a chiudere 20 pluriclassi nate per aggregare alunni dai cinque ai 10 anni a causa del crollo demografico”.

Integrare, aggregare, coordinare. Lo sforzo di Pigliaru è quello di introdurre un metodo nel caos. Il modello di un approccio sistemico è la Protezione civile, che durante l'ultima alluvione di Olbia ha potuto contare sull'efficienza del neonato centro funzionale, in attesa di vedere la luce da una dozzina di anni. “La protezione civile come metafora di una organizzazione capillare e trasparente” spiega il governatore. Una battaglia vinta ma in Sardegna ci sono tanti altri fronti aperti. “La verità è che ci siamo rassegnati a un Sud arretrato” dice a voce bassa voce. Difficile trovare la sintesi con i suoi omologhi meridionali. “Sono quasi sempre molto d'accordo con me stesso” scherza lui gramscianamente (“i continentali buttateli a mare” diceva Antonio Gramsci”). E aggiunge con tono grave, come per sottolineare l'unicità della questione sarda: “Noi facciamo i conti con il problema dell'insularità. Al governo ho presentato un master plan per i trasporti che ruota attorno a un ponte aereo quotidiano: 14 voli al giorno a cadenza oraria al costo di 25 euro a tratta. Una navetta che costerà 65 milioni di euro. Il ministro Graziano del Rio e il premier Matteo Renzi si sono assunti degli impegni sui quali non ho motivo di dubitare. Poi c'è la questione ferroviaria: in Sardegna abbiamo tollerato per incoscienza una rete inconcepibile. Servono 1,5 miliardi di investimenti . La domanda di mobilità è esplosa. Ecco perché vanno messi in rete e specializzati i tre aeroporti di Olbia, Cagliari e Alghero . Formazione e mobilità rappresentano iil solo modo per comunicare alla nuove generazioni che lo Stato c'è”.

In attesa che lo Stato batta un colpo i(i primi 30 milioni sono già arrivati) , vanno in scena conflitti antichi: Nord e Sud dell’Isola sono divisi dai progetti sull’unica area metropolitana, quella di Cagliari. Sassari è tagliata fuori, e i sindaci della Gallura, e non solo loro, minacciano un’opposizione senza quartiere.

Il governatore scuote la testa e replica: “L’area di Sassari non ha un luogo centripeto ed è lontanissima da qualsiasi standard di densità per chilometro quadrato”. Pigliaru preferisce tornare ai progetti di economia gitale:“ Con Amazon lavoriamo a una piattaforma digitale alla quale parteciperanno solo gli artigiani certificati. Con l'e-commerce potranno offrire i loro prodotti a una platea mondiale”. Ultima, non certo per importanza, una galleria di reperti archeologici che meriterebbe ben altra fama. A partire dai giganti di Mont'e Prama dell’ IX secolo avanti cristo, scoperti nel 1974 a Cabras.

È il momento dell'autocritica. Pigliaru ammette: “Lo so: i sardi si aspettavano più velocità nelle riforme. Ma il tempo è servito per lavorare con maggiore qualità e più in profondità. Fallirò? Di sicuro gli ostacoli che si frappongono al cambiamento sono innumerevoli, ma nessuno dimentichi che la partita è ancora tutta da giocare”.

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