Sarà pure un'immagine abusata, ma fa sempre impressione scoprire che il fisco resta il socio di maggioranza delle imprese italiane. Un socio atipico e ingombrante, che ogni anno tra tasse e contributi intasca (senza far nulla) due terzi dei profitti. Per la precisione, il Total tax rate dell'Italia – ovvero il carico fiscale e contributivo complessivo sulle imprese calcolato per il 2014 dal Paying Taxes redatto dalla Banca Mondiale e da Pwc – arriva al 64,8% dei profitti. Un livello po' più basso, per chi si accontenta, del 65,4% dell'anno precedente. Ma straordinariamente più elevato rispetto alla gran parte dei Paesi, non solo europei.
Si fanno grandi riforme, si riorganizza il sistema, ogni anno debuttano tagli e riduzioni di tasse ma questo “numerino” sembra non cambiare mai. Naturalmente, ieri c'è stata la corsa a ricordare che «i tagli delle tasse sulle imprese decisi negli ultimi anni o mesi, avranno efficacia solo dal prossimo anno». Così è, ad esempio, per la decontribuzione sui nuovi assunti (circa 8mila euro all'anno per ogni nuovo contratto a tempo indeterminato) o anche sulla sterilizzazione del costo del lavoro dalla base imponibile dell'Irap. Tutto vero naturalmente. Queste riduzioni ci sono e presto diventeranno “visibili” nelle statistiche, oltre che nell'esperienza delle imprese.
Anche altri tagli sono poi in arrivo: si parla molto di patent box (a proposito, si riuscirà a far decollare davvero la tassazione agevolata nel 2015 o qualcuno vuole fare in modo – ma forse è solo una cattiveria che circola incontrollata seppur sempre con maggiore insistenza – che per molte imprese l'agevolazione su brevetti, marchi e know how slitti al 2016 per limitarne l'impatto sui conti pubblici?); sappiamo che dal 2016 (anzi, da metà ottobre 2015) scatterà la maggiorazione sugli ammortamenti che diventerà un altro canale di possibile risparmio per le imprese.
Ma, insomma, non si può negare che, in attesa di vedere i frutti di queste e altre novità, la fotografia che restituisce il rapporto della Banca mondiale sia come ogni anno preoccupante. Anche perché al peso spropositato del Total tax rate si aggiunge un contesto fatto di scadenze di pagamento (qui, a dire il vero, l'Italia si distingue in positivo…) e di adempimenti ancora troppo complessi, con l'evidente risultato dell'inefficacia di qualsiasi percorso di semplificazione.
Anche in questo caso, lo ha ribadito ieri il direttore del dipartimento delle Finanze del Mef, Fabrizia Lapecorella, qualcosa si è mosso. L'attuazione delle delega fiscale ha fornito l'occasione per numerosi interventi che, almeno nelle intenzioni, vanno nella direzione auspicata di dare maggiori certezze al sistema. Di questo dobbiamo positivamente prendere atto, sperando che ciò si traduca anche nella percezione degli operatori. Cosa possibile ma non ancora così scontata.
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