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«Noi nel Giubileo per il sociale»

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scenari globali

«Noi nel Giubileo per il sociale»

Mancano due settimane all’avvio del Giubileo della Misericordia, l’8 dicembre, festività dell’Immacolata e cinquantenario della conclusione del Concilio Vaticano II. In un anno confluiranno a Roma oltre 30 milioni di pellegrini: un evento che segnerà profondamente non solo la vita della Chiesa cattolica, ma dell’Italia. UnipolSai sarà Main Supporter del Giubileo, sia con un impegno importante per la realizzazione di un’opera in terra di missione (un “segno concreto della misericordia”, voluto specificamente dal Papa, che annuncerà durante l’anno) sia con dei prodotti assicurativi specifici a protezione dei pellegrini (si veda la scheda in pagina).

Carlo Cimbri, 50 anni, da sei amministratore delegato dopo un’intera carriera spesa dentro il gruppo, racconta al Sole 24Ore come una compagnia di assicurazione nata nel mondo delle cooperative “rosse” dell’Emilia Romagna e oggi uno dei leader assicurativi con 15 milioni di clienti è arrivato alla decisione di contribuire ad un evento della Chiesa, nei fatti sconfinando nel campo che un tempo sarebbe stato di competenza della finanza bianca. Ma Unipol è in Borsa dal 1986 e già allora fu detto e scritto che aveva compiuto una lunga strada, da Via Stalingrado – indirizzo della storica sede a Bologna dal nome quanto mai evocativo – a Piazza Affari.

Il motivo della decisione di supportare il Giubileo si chiama Papa Francesco?

Lo avremmo fatto anche con un altro pontefice. Ma certamente Francesco sta portando nel mondo un messaggio di prossimità alle persone, a tutte le persone, e questo non può che trovarci pienamente d’accordo.

Pastorale cattolica e polizze assicurative? Nulla di più lontano, pare...

È il contrario. Noi offriamo protezione alle persone e la percezione di un fortissimo ritorno della Chiesa tra la gente e nelle periferie è in piena sintonia con la nostra cultura profonda.

Ora quindi è “da Via Stalingrado a piazza San Pietro”?

L’immagine è suggestiva, certo, ma la verità è che UnipolSai è una grande impresa laica, nel senso di inclusiva, al cui interno lavorano migliaia di persone di ogni idea, origine e credo. È da molti anni che ha cambiato pelle e dopo l’operazione di integrazione con Fondiaria-Sai questo processo si è accentuato ancora di più. Una certa percezione fa parte della storia e non del presente.

È impossibile non pensare a Don Camillo e Peppone, vista anche la comune radice emiliana della storia letteraria e cinematografica evocata da Benedetto XVI e Francesco. Lei, un tempo, sarebbe stato Peppone…

Anche questa è un’immagine divertente che appartiene alla cultura e all’anima popolare del nostro Paese, ma la mia Unipol, quella che amministro da sei anni, ragiona secondo logiche di mercato e non è certo influenzata dalla politica.

Perché ora il Giubileo?

UnipolSai è grande realtà che opera in Italia, siamo sul territorio con una rete capillare di 10mila punti vendita. Il Giubileo è un evento planetario ma che si svolge in Italia prima di tutto, e quindi si tratta di un grande momento di aggregazione del nostro Paese, qualunque sia il credo di ognuno. Specie in questo momento storico.

Ma è un evento religioso…

La Chiesa, e ancora più con questo pontificato, sta vivendo una forte accentuazione di natura sociale, e penso alla dottrina sociale a cui si richiama il Papa quando indica una via pastorale in campo economico e anche in quello ambientale, con la Laudato Si'. E noi svolgiamo un mestiere sociale.

Siete un gruppo assicurativo e bancario, non una onlus...

La tradizione di Unipol, vista anche la sua storia che rivendichiamo con orgoglio, ha da sempre una forte attenzione al sociale. È il nostro modo di fare impresa.

Papa Francesco spesso critica la finanza e dice di guardare soprattutto alle periferie.

Credo si riferisca alla finanza speculativa: noi proteggiamo le persone prima di ogni altra cosa.

Supportare il Giubileo è un impegno, cosa vi aspettate?

Nessun ritorno di tipo economico, non è stato questo lo spirito dell’iniziativa. Saremo molto soddisfatti se riusciremo a consolidare anche solo un po’ la percezione che c’è già di noi. Del resto anche nelle sponsorizzazioni tradizionali abbiamo questo approccio.

Pubblicità sociale?

Sponsorizziamo il Coni, quindi l’intero movimento sportivo, e poi discipline profondamente popolari e olimpiche nel senso tradizionale, quindi prima di tutte nuoto e atletica leggera. Ripeto: prima le persone e poi le strutture.

Ma il mecenatismo, anche nelle strutture, lascia un segno positivo.

Il ruolo sociale delle imprese non credo possa esaurirsi, per esempio, nel donare un asilo o una biblioteca a una città e poi metterci la targa sopra: sono certo fatti importanti, specie in alcuni contesti di carenza di servizi, ma credo che si debba guardare più avanti. Le grandi imprese devono contribuire in modo continuativo alla crescita sociale delle realtà dove si sviluppano creano ricchezza.

Ma su qualcosa bisogna concentrarsi.

Certo: prima di tutto penso alla sanità, dove si deve affrontare il modo serio la sperequazione sociale determinata dall’arretramento della spesa pubblica. In questo le assicurazioni possono e devono fare molto.

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