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Volontariato e benessere vanno a braccetto

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Scenari

Volontariato e benessere vanno a braccetto

  • –Elio Silva

Le Regioni in cui si fa più volontariato sono anche quelle con il reddito medio più elevato e con la minore percentuale di disoccupati. La correlazione può sembrare scontata, di scarso peso o, peggio ancora, figlia di una delle mille insidie statistiche, sempre dietro l’angolo, che possono condurre la verità a esiti trilussiani. In realtà, invece, il nesso tra l’attività prestata gratuitamente e il benessere, personale e territoriale, di chi lo pratica non è affatto un risultato banale e a spiegarlo in modo scientificamente apprezzabile ha provveduto in questi giorni un’appendice di approfondimento al “Rapporto sui profili del volontariato”, presentato in ottobre dalla Fondazione volontariato e partecipazione.

Il dossier, patrocinato dal gruppo Banco Popolare e realizzato in collaborazione con il Centro nazionale per il volontariato, fornisce il profilo medio dei volontari attivi dentro le organizzazioni. Il quadro delle informazioni risulta molto dettagliato nelle caratteristiche anagrafiche, economiche e socio-culturali, e attinge a fonti statisticamente rilevanti, quali l’indagine sugli aspetti della vita quotidiana degli italiani condotta dall’Istat e la ricerca campionaria sulle organizzazioni precedentemente condotta dalla stessa Fondazione volontariato e partecipazione.

Tra i risultati, la quantificazione del numero dei volontari attivi: sono 1,7 milioni di persone, il 3,2% della popolazione con più di 14 anni, con una diffusione territoriale più elevata nelle regioni del Nord e del Centro, in particolare con punte superiori al 4,5% in Veneto e Lombardia e prossime all’8% in Trentino. Questo esercito rappresenta, nei fatti, il cuore operativo del più vasto aggregato di circa 6,6 milioni di cittadini che in Italia si dedicano ad attività di volontariato informali o, più semplicemente, sono tesserati a enti senza fini di lucro.

Ma l’aspetto più significativo del dossier riguarda proprio la correlazione tra l’attività nelle associazioni e le condizioni di benessere, personale e territoriale. «Le situazioni socio-economiche più precarie, come la disoccupazione o il basso reddito, riducono drasticamente la propensione a fare volontariato - spiega il presidente del Centro nazionale per il volontariato, Edoardo Patriarca -. In particolare emerge chiaramente come l’integrazione sociale attraverso il lavoro incentivi la partecipazione attiva al volontariato, che a sua volta rafforza ulteriormente l’integrazione sociale di chi lo pratica, creando un circolo virtuoso».

«La volontà di fare attivamente volontariato in un’organizzazione – afferma da parte sua il presidente della Fondazione volontariato e partecipazione, Alessandro Bianchini – tocca la quota massima fra i laureati (il 5,5%) e tra coloro che dispongono di elevate risorse economiche (il 5,3%). Inoltre è superiore alla media fra coloro che hanno un’età compresa fra i 45 e i 64 anni e fra quanti hanno un reddito personale o familiare auto-valutato come adeguato alle proprie esigenze».

Così stabilita la relazione diretta fra pratica del volontariato e condizioni di benessere personale, il focus di approfondimento pubblicato nei giorni scorsi indaga poi l’esistenza di un’analoga interdipendenza con il contesto socio-economico territoriale. Per raggiungere l’obiettivo il tasso di volontariato all’interno delle organizzazioni è stato confrontato con il reddito medio pro capite, con il livello degli occupati e con il tasso di disoccupazione. L’indice di correlazione, in tutti e tre i casi, risulta elevatissimo, fra il 97 e il 98%, ovviamente con il segno meno relativamente al confronto con i tassi di disoccupazione.

«Sui motivi di un andamento così parallelo ci siamo limitati a formulare ipotesi interpretative – osserva Stefano Cerrato, segretario generale del Centro nazionale volontariato e responsabile Terzo settore del Banco Popolare –, ma certamente fare volontariato aiuta i giovani ad acquisire un bagaglio di esperienze che poi si può spendere nel mondo del lavoro. D’altra parte il volontariato si giova a sua volta di competenze e professionalità che derivano da percorsi lavorativi precedenti, come nel caso dei pensionati che si impegnano in attività gratuite».

In definitiva, sembra dimostrato che la convinzione di far parte di un sistema socio-economico soddisfacente aiuti a rendersi disponibili per la collettività, il che a sua volta produce effetti positivi sul territorio. Un meccanismo win-win che dunque, a maggior ragione, merita di essere incoraggiato e sostenuto.

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