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«Nessuna paura e infrastrutture di sistema per vincere la sfida»

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intervista patrizio bianchi

«Nessuna paura e infrastrutture di sistema per vincere la sfida»

«L’innovazione è prima di tutto soci ale; è la società che non deve aver paura del nuovo e che costruisce l’innovazione a tutto tondo, dall’addetto alla linea al manager, senza aspettare che sia solo il ricercatore a fare innovazione».

Patrizio Bianchi - economista all’università di Ferrara e assessore al Lavoro, scuola, formazione e ricerca della Regione Emilia-Romagna - martedì prossimo in occasione del «Viaggio nell’Italia che innova» organizzato dal Sole 24 Ore e che partirà da Bologna e dall’opificio Golinelli, presenterà insieme al presidente di Confindustria Emilia-Romagna Maurizio Marchesini, il Manifesto dell’innovazione. Innovazione che non sarà solo tecnologia ma comprenderà un mix di fattori che vanno dal welfare alla scuola passando dalle infrastrutture “moderne” che sono le grandi banche dati di cui l’Emilia, e in particolare Bologna, è ricca.

Quindi l’Emilia-Romagna scommette sui big data player...
Sì. Credo che questa sia una strada da battere con forza. L’elaborazione dei dati, l’utilizzo intelligente di quella massa enorme di informazioni deve metterci in condizione di creare sviluppo e innovazione.

Un progetto ambizioso. Genererà anche occupazione?
L’innovazione fa sempre paura. La faceva anche nel 1815 quando David Ricardo spiegò che le macchine distruggono il lavoro se si resta fermi, se non ci si muove per ampliare la visione, per cercare nuove opportunità. Ma nel contesto di una società che non ha paura dell’innovazione, anche sociale, e quindi investe nel welfare e nella scuola, per dare stabilità alle persone. Senza stabilità non c’è sviluppo.

Quanto c’è di tecnologico nel successo dell’export dell’emilia-Romagna che nel primo semestre 2015 ha portato oltreconfine merci per quasi 28 miliardi?
La cosa buona dell’economia emiliano-romagnola è che negli anni della crisi siamo diventati esportatori di tecnologia. L’innovazione non è un accessorio, è la parte centrale della macchina, della piastrella o del prodotto alimentare. E la grande scommessa è che le imprese innovano per sé stesse ma, facendo ciò, consentono anche l’innovazione di chi acquista i loro prodotti. Di fatto, inducono tutto il sistema a essere fortemente innovativo. Siamo di fronte all’industria 4.0 in cui tutto il sistema diventi innovatore.

Facile a dirsi, un po’ meno a farsi...
Noi ci stiamo provando. Ad esempio, accanto al Tecnopolo di Mirandola dove ci sono decine di ricercatori al lavoro sulle tecnologie e l’innovazione del biomedicale, abbiamo aperto un istituto tecnico superiore. Facciamo dialogare imprese, ricercatori e scuola. L’innovazione sono le persone e le competenze delle persone. Lo sforzo è quello di avere sistemi di innovazione che coinvolgano le imprese della filiera che crescono e si rafforzano intorno a quelli che gli economisti chiamano i premium global player.

In tutto questo i distretti che fine fanno?
In Italia sono nati e molti sono morti. In Emilia sopravvivono e, anzi, alcuni vivono molto bene, proprio perché si sono evoluti intorno ai premium global premium, le imprese leader. Certo, la piastrella di Sassuolo sarebbe scomparsa se avesse continuato a fare il prodotto di 15 anni fa. E invece esporta in tutto il mondo qualità e bellezza. In altri casi, penso al biomedicale che ha resistito al terremoto che è stato ben peggio della crisi, sono arrivate le multinazionali e ci restano creando in provincia di Modena il secondo polo produttivo mondiale di settore. Non è un caso; è solo la dimostrazione che la ricerca consente di stare nella fascia alta del mercato.

Però non mancano i problemi, anche nei settori di eccellenza. Il comparto agricolo, ad esempio, sta soffrendo molto. Gli agricoltori portano le mucche davanti ai supermercati e chiedono una maggiore remunerazione dei prodotti di base...
L’agricoltura è in tensione ma non è settore residuale da proteggere. Il prezzo del latte è troppo basso, è vero. Ma la risposta a questa situazione arriva ragionando su tutta la filiera che deve riqualificarsi in termini di capacità distributiva. Occorre rapportarsi in maniera diversa ai mercati e alle opportunità che arrivano. Prenda il caso dell’intolleranza al lattosio che è sempre più diffusa. Servono prodotti nuovi, anche su quelli ci si deve concentrare.

Qual è la strada da percorrere per vincere la sfida dell’innovazione? Dobbiamo puntare sulle nuove infrastrutture di sistema. Prima le ferrovie, poi l’elettricità, dopo il telefono, ora Big beta, il grande sistema di elaborazione di miliardi di dati. A Bologna c’è la maggior concentrazione nazionale di big data player: il Cineca, uno dei più importanti centri di calcolo mondiale e di realizzazione di sistemi gestionali per la pubblica amministrazione e il Miur, l’Istituto nazionale di fisica nucleare che lavora a diretto contatto con il Cern, il Cnr che sperimenta nuovi materiali. Il nuovo “fare” richiede infrastrutture di sistema e il centro di tutto sono i dati e l’elaborazione dei dati. Su questo si gioca il futuro, vincente o perdente, dei territori.

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