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Comincia in Africa il «Giubileo degli ultimi»

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il viaggio del papa

Comincia in Africa il «Giubileo degli ultimi»

Si fermerà sulla soglia e, dopo una preghiera silenziosa, entrerà da solo nella cattedrale di Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana. Oggi pomeriggio il Papa aprirà la prima porta santa per l’inizio del Giubileo della Misericordia. In una chiesa costruita negli anni ’30 da missionari e fedeli, che trasportarono i mattoni sulle spalle.

L’abbraccio della Chiesa di Francesco alle periferie del mondo e ai poveri sarà nel fermo immagine dell’apertura del Giubileo “africano”, in un terra simbolica tormentata da una guerra civile infinita che le rappresenta tutte. Sarà la tappa di oggi (e domani mattina) il condensato di un viaggio nel continente, tanto atteso dalle popolazioni locali quanto allertato dalle agenzie di intelligence, che dopo la strage di Parigi ne hanno messo in luce i rischi elevati: Padre Lombardi ha confermato che non ci saranno cambiamenti, «questi giorni abbiamo avuto solo notizie molto confortanti». La recente recrudescenza degli scontri non ha fermato il Papa che, anzi, il 1 novembre scorso nell’Angelus ha annunciato che proprio «per manifestare la vicinanza» al Centroafrica avrebbe aperto lì il Giubileo, che nel resto del mondo inizierà l’8 dicembre. La cristianità guarda quindi oggi a Bangui, ma ancora con gli occhi pieni della giornata di ieri in Uganda, paese visitato da tre papi (prima di lui Paolo VI e Giovanni Paolo II) a maggioranza cattolica, di profonda devozione che affonda nella storia dei propri martiri. Erano oltre 150mila i giovani che lo hanno atteso per ore sotto una canicola soffocante ballando e cantando nell’area dell’ex aeroporto di Kololo.

Per lunghi minuti Francesco ascolta la testimonianza di Winnie Nansumba, 24 anni, nata e vissuta con l’Hiv, rimasta orfana a sette anni, e poi Emmanuel Odokonyero rapito nel 2003 dall’Esercito di resistenza del Signore (Lra), il gruppo ribelle di guerriglia di matrice cristiana: ha visto i suoi compagni di seminario torturati e uccisi, e ha trovato la forza di scappare. Bergoglio, come ormai fa spesso, mette da parte il discorso preparato e parla a braccio (in spagnolo tradotto in inglese) in un dialogo aperto: «Siete disposti a trasformare nella vita tutte le cose negative in positive? Siete disposti a trasformare l’odio in amore? Siete disposti a trasformare la guerra in pace? Voi abbiate coscienza che siete un popolo di martiri, nelle vostre vene scorre sangue di martiri e per questo avete la fede e la vita che avete ora». I martiri: di prima mattina il Papa – atteso da migliaia di persone accampate dalla notte - ha visitato il Santuario di Namugongo, luogo simbolo della cristianità africana eretto in memoria dei 22 cattolici massacrati nel 1885-1887 (tutti canonizzati nel 1964) assieme ad altri 23 anglicani, morti in quello che definisce l’ecumenismo del sangue. «La testimonianza dei martiri mostra a tutti coloro che hanno ascoltato la loro storia, ieri e oggi, che i piaceri mondani non danno gioia e pace duratura. Piuttosto la fedeltà a Dio, l’onestà, l’integrità della vita e la genuina preoccupazione per il bene degli altri ci portano quella pace che il mondo non può offrire», ha detto Bergoglio. Nella lunga giornata c’è anche la visita alla Casa della Carità di Nalukolongo, dove ritorna alla fonte della sua pastorale: «Oggi vorrei rivolgere un appello a tutte le parrocchie e le comunità presenti in Uganda – e nel resto dell’Africa – a non dimenticare i poveri».

Un invito non casuale, destinato alle gerarchie ecclesiali africane che forse non sempre hanno attenzione sufficiente per gli ultimi: «Qui è presente Gesù - ha aggiunto a braccio - perché Gesù ha detto che sempre sarà presente fra i malati, i carcerati, gli scartati». E ai religiosi, in serata, manda un messaggio (anche questo non preparato): «Preti, religiosi e suore non possono avere una doppia vita, se sono peccatori chiedano perdono ma non mantengano nascosto ciò che Dio non vuole, la mancanza di fedeltà».

Oggi, quindi, l’arrivo in Centroafrica, paese tormentato, che andrà alle urne il 27 dicembre: alla vigilia dell’arrivo del Papa due giorni fa su iniziativa della Comunità di Sant’Egidio, che da anni svolge un’opera di pacificazione tra le parti, si sono riuniti i candidati alle prossime presidenziali del 27 dicembre, nel primo incontro da quando è iniziato il conflitto. Tutti concordi, alla fine, sulla necessità di andare al voto come la via obbligata per uscire dal tunnel di violenza che insanguina il paese. E accanto a questo c’è chi crede e spera che la spinta decisiva arriverà proprio dall’apertura della porta santa: «Sarà un nuovo inizio. Il Papa viene per aprire il nostro cuore alla misericordia e alla riconciliazione. È tempo di perdonarci, è tempo di ricostruire il nostro Paese», ha detto l’arcivescovo di Bangui, Dieudonné Nzapalainga, in un’intervista a Tv2000, tv della Cei.