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«Cristiani e musulmani convivano in pace»

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il viaggio in africa

«Cristiani e musulmani convivano in pace»

L’umanità deve cambiare rotta. A partire dal clima di cui si discute a Parigi – «siamo al limite del suicidio» – ma il cambio deve essere profondo altrimenti «continueranno le miserie, le tragedie, le guerre, i bambini che muoiono di fame, l’ingiustizia». Ha ancora negli occhi i bimbi dello slum di Kangemi e i profughi del St. Sauveur di Bangui: il suo primo viaggio in Africa è finito e il Papa è tornato.

In aereo risponde alle domande sul viaggio, ma anche su quanto accade nel resto del mondo, e anche in Vaticano. A partire dal caso Vatileaks-2, di cui parla diffusamente, e molto duramente. «La professionalità della stampa – dice a questo proposito - può essere laica o confessionale: l’importante è che siano professionisti e che le notizie non vengano manipolate. Per me è importante perché la denuncia delle ingiustizie e delle corruzioni è un bel lavoro», dice il Papa sulla vicenda dei documenti riservati, che precisa: «La stampa professionale deve dire tutto, ma senza cadere nei tre peccati più comuni: la disinformazione, cioè dire solo metà della verità e non l’altra; la calunnia, quando la stampa non professionale sporca le persone; la diffamazione che è dire cose che tolgono il buon nome di una persona. Questi sono i tre difetti che attentano alla professionalità della stampa. Abbiamo bisogno di professionalità. E sulla corruzione: vedere bene i dati e dire le cose: c’è corruzione qui per questo, questo e questo. Poi un giornalista professionista vero, se sbaglia chiede scusa». Ma com’è stata possibile la nomina di mons. Vallejo Balda e di Francesca Chaouqui nella Cosea? Pensa di aver commesso un errore?

«È stato fatto un errore – dice il Papa - Vallejo è entrato per la carica che aveva e che ha avuto fino ad ora: era il segretario degli Affari economici. Come è entrata lei: non sono sicuro, ma credo di non sbagliare se dico è stato lui a presentarla come una donna che conosceva il mondo dei rapporti commerciali. Hanno lavorato e quando è finito il lavoro, i membri della Cosea sono rimasti in alcuni posti in Vaticano. La signora Chaouqui non è rimasta in Vaticano: alcuni dicono che si è arrabbiata per questo. I giudici ci diranno la verità sulle intenzioni, come l’hanno fatto. Per me non è stata una sorpresa, non mi ha tolto il sonno, perché hanno fatto vedere il lavoro che si è cominciato con la commissione dei nove cardinali, di cercare la corruzione e le cose che non vanno». Parole molto chiare sulla vicenda, mai pronunciate fino ad oggi: «Voglio dire una cosa, non su Vallejo e Chaouqui. Tredici giorni prima della morte di san Giovanni Paolo II, durante la Via Crucis, l’allora cardinale Ratzinger ha parlato della sporcizia della Chiesa. Lui ha denunciato per primo» dice, ricordando un passaggio chiave della storia recente della Chiesa sulla denuncia della corruzione: «Noi lo abbiamo eletto per questa sua libertà di dire le cose: è da quel tempo che in Vaticano c’è la corruzione, e su questo giudizio io ho dato ai giudici le accuse concrete». E sul processo in atto precisa: «Non ho letto le accuse concrete. Avrei voluto che finisse prima del Giubileo, ma credo che non si potrà fare perché io vorrei che tutti gli avvocati della difesa abbiano il tempo per il loro lavoro e che ci sia libertà di difesa». Come procedere perché questi fatti non si verifichino più? «Ringrazio Dio che non ci sia più Lucrezia Borgia! Ma dobbiamo continuare con i cardinali e le commissioni l’opera di pulizia».

Il viaggio in Africa si è concluso con la visita alla moschea di Bangui: ai musulmani chiede di restare uniti per sconfiggere la violenza consumata in nome di Dio. «Non mi piace la parola tolleranza, dobbiamo fare convivenza, amicizia. Il fondamentalismo è una malattia che c’è in tutte le religioni, si deve combattere». Poi l’emergenza della crisi Russia-Turchia e i rischi connessi. «Le guerre vengono per ambizione. Non parlo di quelle fatte per difendersi giustamente da un’ingiusta aggressione. Le guerre sono una industria, nella storia abbiamo visto tante volte che un Paese con il bilancio che non va bene decide di fare una guerra e si mette a posto il bilancio. La guerra è un affare. I terroristi, loro fabbricano le armi? Chi gli dà le armi? C’è tutta una rete di interessi, dove dietro ci sono i soldi, o il potere». Alla fine dell’intervista dice ai giornalisti: «Rispondo quello che so e quello che non so non lo dico, non invento». In serata il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un telegramma al Papa scritto che il viaggio è stato «un forte incoraggiamento al dialogo».