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Giubileo di una Chiesa globale

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ANNO SANTO

Giubileo di una Chiesa globale

Il tema della misericordia è la cifra simbolica del pontificato. Il 13 maggio 2015, giunto al compimento del secondo anno di pontificato, Papa Francesco aveva annunciato a sorpresa l’indizione di un anno santo straordinario dedicato alla misericordia di Dio. «Sarà un Anno santo della misericordia».

«Lo vogliamo vivere alla luce della parola del Signore: “Siate misericordiosi come il Padre” (cfr. Lc 6,36)».

Perché un nuovo giubileo straordinario? Si tratta infatti del terzo nell’ultimo secolo (oltre ai quattro ordinari), dopo quello di Pio XI nel 1933 e di Giovanni Paolo II nel 1983, entrambi celebrati negli anniversari della data convenzionale della morte e resurrezione di Cristo.

Il nuovo anno santo straordinario inizia l’8 dicembre (che cade nel 5o° anniversario della conclusione del Concilio Vaticano II) e si concluderà il 20 novembre del 2016 (solennità di Gesù Cristo Signore dell’universo). Aprendo il concilio, l’11 ottobre del 1962, Giovanni XXIII aveva detto che la Chiesa «preferisce usare la medicina della misericordia invece di imbracciare le armi del rigore». E Paolo VI, alla sua conclusione, il 7 dicembre del 1965, aveva detto: «invece di funesti presagi, messaggi di fiducia sono partiti dal concilio verso il mondo contemporaneo».

Il tema della misericordia è un aspetto biblico fondamentale, che la Chiesa ha spesso accantonato. Misericordia è la proprietà fondamentale di Dio: nell’autocomunicazione che Dio fa di sé (secondo Karl Rahner); per Tommaso d’Aquino è il lato della natura di Dio rivolto all’esterno; per Yves Congar è la fedeltà di Dio a se stesso ed espressione della sua assoluta sovranità nell’amore; e il teologo Walter Kasper sintetizza così: «Si potrebbe anche dire: la misericordia è la fedeltà di Dio a se stesso e, allo stesso tempo, la fedeltà di Dio alla sua alleanza e la sua incrollabile pazienza con gli uomini».

«Dio perdona tutto, Dio perdona sempre», ha detto papa Francesco, nella Bolla di indizione del giubileo. E ancora: «Nessuno può essere escluso dalla misericordia di Dio. Tutti conoscono la strada per accedervi e la Chiesa è la casa che tutti accoglie e nessuno rifiuta». Il perdono come stile propriamente ecclesiale. Questo è il paradigma che il papa propone nella relazione profonda tra la Chiesa e gli uomini di questo tempo. La misericordia attiene alla comprensione e alla prassi della Chiesa. Nell’esortazione Evangelii Gaudium (cfr. n. 43 e altri), ricollegandosi a Tommaso e ad Agostino, papa Francesco propone una figura di Chiesa liberante dai molti gravami che rendono schiavi. La misericordia è dunque anche fondamento della libertà, consente agli uomini, nella condizione attuale, la speranza di poter ricominciare.

Su questo c’è da attendersi che il papa sviluppi accanto alla misericordia anche il tema della giustizia. La giustizia necessaria e incompiuta nell’orizzonte degli uomini. Quella che le Beatitudini indicano come patita e anelata. Ci sono i perseguitati a causa della giustizia e ci sono coloro che ne hanno fame e sete. Ma come per la misericordia, anche la giustizia è propria di Dio: è nell’orizzonte di Dio. La legge ebraica del giubileo propone un modello di giustizia che stringe nuovamente Dio, l’uomo e il mondo in un patto che fa interagire la figura del futuro nel presente.

Francesco avverte questo tempo (il suo e quello della Chiesa) come un tempo breve. Egli procede intensamente, su obiettivi precisi, in tempi circoscritti. Verranno prese importanti decisioni in questo anno giubilare. Fin’ora solo annunciate o prefigurate. Quelle a seguito del sinodo sulla famiglia e quelle relative alla riforma della curia. Ci saranno incontri ecumenici di grande rilevanza. Non è il giubileo di una Chiesa centralizzata. Romana, ancorché universale, come fu il Giubileo del 2000. Non solo perché ogni Chiesa locale godrà delle stesse prerogative di Roma. Del resto, l’anticipo dell’apertura dell’anno santo in Centrafrica, a Bangui, la più sperduta periferia del mondo, lo ha detto chiaramente. Ma perché la figura della Chiesa che egli evoca con questo giubileo supera i limiti ecclesiali confessionali, si apre alla confessione del peccato delle divisioni tra chiese cristiane; a una rinnovata apertura alle religioni monoteiste; a un più vasto abbraccio all’umanità. Il giubileo è ovunque. È un tempo nel quale l’uomo contemporaneo può tornare a cercare Dio, anche se non ha più alcuna concezione «sacrale» del tempo.

Si chiude definitivamente la parabola aperta con Bonifacio VIII, quando il giubileo del 1300, convocato all’indomani della fine dell’età delle crociate, faceva di Roma e del papato il centro politico di ogni iniziativa religiosa e spirituale, in sostituzione della figura simbolica di Gerusalemme.

Con papa Francesco il giubileo perde le sue connotazioni storiche tradizionali (peccato che si sia rivisto solo parzialmente lo stesso tema dell’indulgenza) e diviene convocazione spirituale del popolo di Dio in ogni dove. Se il paradigma della misericordia è posto come tema anti ideologico per eccellenza, opposto ad ogni ideologia esterna e interna alla Chiesa – perché la salvezza è opera della misericordia di Dio e noi siamo attratti per pura grazia come singoli e come popolo –, la teologia del popolo di Dio, così come il concilio l’ha definita, in Francesco recupera non solo la necessità di una più ampia partecipazione dei battezzati, ma configura una Chiesa che ascolta e abbraccia l’umanità.

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