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Il nuovo paniere Fmi e il consensus Beijing

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VALUTE E COMMERCIO

Il nuovo paniere Fmi e il consensus Beijing

Lunedì scorso il Fondo Monetario Internazionale ha fatto entrare, fra le valute di riserva, il Renminbi, la moneta cinese. Le valute di riserva compongono il paniere delle monete più rappresentative dell’economia globale, la cui media di valori a sua volta costituisce la valuta di riferimento del FMI. Si tratta dei diritti speciali di prelievo (Special Drawing Rights - SDR), che hanno sostituito l’oro e il dollaro per sostenere i flussi finanziari nel commercio mondiale.

Il Renminbi entra finalmente a far parte del paniere, finora costituito dal dollaro, dall’euro, dallo yen e dalla sterlina. La seconda economia mondiale, la Cina, entra, sia pure al terzo posto, con la sua valuta, per l’uso delle banche centrali e delle istituzioni internazionali che debbono dotarsi di una valuta di riserva.

Il sistema entrerà in vigore nell’ottobre del 2016.

L’importante dichiarazione di Christine Lagarde, a capo del FMI, sta nel: «riconoscimento del progresso che le autorità cinesi hanno fatto negli anni passati per riformare il sistema monetario; ciò che porterà ad un maggiore sostegno nella crescita e nella stabilità, sia della Cina sia dell’economia globale».

Il dollaro all’interno del paniere continua a dominare la finanza e il commercio, ma l’entrata del Renminbi fa certamente diminuire, anche in percentuale, l’influenza dell’euro e dell’Europa all’interno del paniere, anche a copertura dell’immenso debito globale. La svalutazione d’agosto del Renminbi, l’aumento dei bonds, dei contratti sulle commodities, e i derivati che l’hanno per oggetto, hanno ulteriormente aperto una porta, sia pure in parte ancora socchiusa, al capitalismo di mercato nell’economia cinese.

La decisione del FMI ha peraltro ricevuto contrastanti valutazioni.

Paul Krugman ne ha voluto sottolineare l’importanza più simbolica che effettiva. Personalmente credo invece che oltre all’importanza simbolica, la decisione del FMI rappresenti una sorta di conclusione del disegno di costituzionalizzazione multilaterale della globalizzazione in cui la Cina, fin dal marzo del 2009 aveva, con piglio keynesiano nelle parole del Governatore della Banca Centrale Zhou Xiao Chuan, dichiarato la necessità di una moneta di riserva internazionale sconnessa dal predominio di qualche singola moneta nazionale.

La libera circolazione del Renminbi, ormai riconosciuta dal FMI, è stata preceduta a livello nazionale da una serie di riforme di grande rilievo ai fini di garantire l’importanza della legalità. Tra queste, oltre al nuovo diritto societario, è assai rilevante la revisione del 15 marzo 2015, della legge sulla legislazione del 2000, nella quale si stabilisce gerarchia e competenza di leggi, regolamenti e rapporti degli organi dello Stato, quasi ad evitare la caotica confusione della cosiddetta governance del libero mercato occidentale globalizzato.

Personalmente non sono in grado di determinare fino a che punto il venir meno del «Washington Consensus» e dei valori americani possa essere sostituito nel nuovo secolo dal «The Beijing consensus», secondo il titolo del bel libro di Stefan Halper (2010). Il problema, in un futuro che è già presente, non è il conflitto fra capitalismo di libero mercato e capitalismo di Stato, il cui significato, fin dalla scuola di Francoforte è assolutamente incerto e di svariati contenuti, ma quello tra capitalismo delle cosiddette democrazie liberali e capitalismo confuciano; il presidente Xi Jinping lo va quotidianamente rivendicando, per la creazione di un’armoniosa società globale.

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