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Alla Scala una «prima» da primi della classe

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stasera a milano

Alla Scala una «prima» da primi della classe

La Scala non stecca. Non lo fa sul palcoscenico ed è proibito farlo anche sui conti. I bilanci sono in pareggio da anni. Risultato di un buon mix, che mette insieme sponsor privati, finanziamenti pubblici e introiti della biglietteria. Voci che concorrono per un terzo ciascuna. Non è facile trovare eguali nel travagliato panorama della lirica. Non per niente alla fondazione milanese è stata riconosciuta - insieme a quella romana di S. Cecilia - l’autonomia speciale. Roba da prima della classe, che oggi apre la stagione.

Questa sera i drappeggi del teatro tornano ad aprirsi sulla Giovanna d’Arco di Verdi diretta da Riccardo Chailly anche grazie a una gestione attenta (almeno più oculata di molte delle altre quattordici fondazioni liriche) che hanno tenuto La Scala al di fuori della profonda opera di risanamento del belcanto avviata nel 2013 dall’allora ministro Bray, che ha imposto un commissario - Pier Francesco Pinelli - per rimettere in ordine i conti di otto teatri lirici. Quando quell’operazione è partita, la maggior parte delle fondazioni aveva i bilanci in rosso: solo la Scala e il Regio di Torino avevano azzerato i debiti.

Per il teatro milanese non si trattava di una novità. Come detto, è da anni che la contabilità è in pareggio. E anche nel 2016 è stato anticipato che il bilancio chiuderà in pari, con un budget complessivo di circa 121 milioni di euro. È l’undicesimo anno consecutivo che questo accade.

Anche per la stagione che si avvia oggi è stato attivato il circuito che permette di arrivare a tale risultato: cartellone impegnativo e di richiamo, che garantisce l’incasso dalla vendita dei biglietti (nel bilancio 2014 era di 27,8 milioni), risorse pubbliche (nel 2014 29,4 dallo Stato, 6,4 dal Comune, 2,9 dalla Regione, 3 dalla Provincia e altrettanti dalla Camera di commercio) e il resto dai privati.

Contributo, quest’ultimo, che si cercherà di far crescere anche grazie alla modifica statutaria apportata in estate e che consente ai mecenati di diventare soci ordinari del teatro con un versamento inferiore ai 100mila euro, andandosi a unire alle altre due categorie di soci (fondatori e sostenitori) a cui spettano finanziamenti più impegnativi.

Margini di manovra resi possibili da quell’autonomia speciale che La Scala ha ricevuto in virtù dei meriti, meriti che oggi punterà a rinnovare.

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