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L’innovazione nei libri passa anche dall’export

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L’innovazione nei libri passa anche dall’export

Quanto l’editoria italiana è in grado di conquistare i nuovi mercati esteri e riesce a consolidare la sua presenza in quelli nei quali è già tradizionalmente presente? E, ancora: le vie dell’innovazione nel mercato dei libri passano o no da un processo di internazionalizzazione per i grandi e piccoli editori? Due domande cruciali per il futuro dell’editoria libraria, delle quali si è discusso ieri a Roma alla Fiera Più Libri più Liberi (che chiude oggi) durante la presentazione della ricerca sull’import/export dei diritti realizzata dall’Ufficio studi dell’Associazione Italiana Editori (Aie) su 1.200 editori, per conto dell’Ice – Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane. L’ultima analoga ricerca risale a otto anni fa e la nuova fotografia dell’internazionalizzazione dice che quasi un titolo su dieci pubblicato oggi in Italia ha un mercato straniero. E se è vero che continuiamo ad acquistare più che a vendere titoli, rispetto al 2001 è triplicato il peso dei titoli venduti all’estero rispetto alle novità pubblicate: erano il 3,2% 15 anni fa, sono oggi il 9,5%. In termini assoluti oggi gli editori italiani acquistano 10.672 titoli, ne vendono la metà: 5.844.

Si vende sempre bene la narrativa e i libri per bambini e ragazzi; meno saggistica e illustrati. Ma cambia l’interesse del resto del mondo per la nostra editoria: cresce di molto l’attenzione per la narrativa e gli scrittori italiani (+ 261,6% rispetto al 2007. I titoli di narrativa ceduti nel 2007 coprivano una quota del 17,7%, oggi raggiungono il 36,2%), e per i bambini e ragazzi (+107,1%; coprivano una quota del 28,8% nel 2007, oggi rappresentano il 35,6%). Sui mercati di sbocco facile prevedere che sia l’Europa il principale acquirente, con il 51,3% dei titoli venduti mentre il 19,7% vanno nel Centro e sud America, e “solo” il 6,5% il Nord America (dato è in crescita rispetto al 2007), il 14,3% l’Asia e il 5,2% l’Area del Pacifico.

Si acquistano sempre narrativa e libri per bambini e ragazzi, e sempre meno saggistica e illustrati: e il 54,5% del peso di questo mercato è dell’Europa. Cresce il peso dei piccoli editori, che comunque rappresentano una quota ancora piccola nella vendita dei diritti all’estero (il 10,5%) e sono cresciuti rispetto allo scorso anno del 9,2%, in linea con gli editori maggiori. Curiosamente i piccoli vendono in proporzione più saggistica e illustrati. mentre acquistano per quasi la metà (49%) manualistica, libri di self help, tempo libero e lifestyle. Naturalmente i dati (la ricerca completa sarà poi presentata a gennaio) indicano alcune vie, mentre resta molto da fare per rendere più concreta la competitività internazionale dei nostri editori (in particolare i più piccoli) che spesso soffrono di una carenza di conoscenze dei mercati esteri e partecipano sporadicamente alle fiere editoriali di tutto il mondo. Una notazione interessante è giunta da Marzia Corraini (dell’omonima casa editrice d’arte mantovana) che ha preso parte alla tavola rotonda, insieme all’agente letterario Cinzia Seccamani e a Ferdinando Fiore, in rappresentanza dell’Ice. Secondo la Corraini è molto importante produrre coedizioni e cercare di fare progetti nei quali gli editori italiani siano capofila, in modo da poter rivendere direttamente i diritti anche ad altre nazioni. Piuttosto la sfida è quella della qualità della stampa: da sempre l’Italia era (è) un paese dalla maestria riconosciuta: ora le sapienze e le tecniche artigianali vanno diminuendo. Un fattore negativo: il made in Italy, in campo editoriale e tipografico resta un punto forte sul quale puntare che è stato capace finora di spostare molti editori a stampare in Italia. Anche a costi più alti.

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