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La fuga in avanti del premier

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POLITICA 2.0

La fuga in avanti del premier

La vittoria della Le Pen diventa l’occasione perfetta per la fuga in avanti di Renzi che non aspetta più Bruxelles. Ma è un segnale politico destinato all’Italia, non alla Ue.

La scelta di Renzi di non aspettare Bruxelles per aumentare il deficit e finanziare subito le spese sulla sicurezza sono un segnale che il premier vuole dare non all’Europa ma all’Italia. Un primo passo deciso verso un riposizionamento critico nei confronti delle politiche europee che ora passa dalle dichiarazioni ai fatti. Se la vittoria di Marine Le Pen era stata commentata dal premier come una sconfitta dell’Europa «migliore alleata dei populismi», ieri è arrivata la decisione.

Perché anche lui ha lo stesso problema in casa. Anzi, in Italia sono due i partiti fortemente schierati contro l’Unione, la Lega e i 5 Stelle. Forze politiche che potrebbero aumentare il loro consenso se davvero i segnali sulla crescita diventeranno poco rassicuranti. Comincia, infatti, a prendere consistenza il timore che quell’1,6% di aumento del Pil previsto per il 2016 possa ridursi e possa frenare il consenso del premier che verrà misurato dalle urne di primavera.

Diventa quindi necessario rivedere la strategia che porterà alle elezioni. E se la scorsa estate, durante il rischio crack di Atene, l’Italia era stata più vicina alle posizioni della Merkel che non di Tsipras, da oggi il premier sembra cominciare una manovra al contrario. E Bruxelles, o anche Berlino, potrebbero diventare un bersaglio perfetto contro cui prendersela in campagna elettorale semmai i conti non dovessero tornare. Anche per non scoprire troppo il fianco verso quei partiti che tifano per la fine dell’euro. Non che le critiche siano sbagliate. Dell’inefficacia delle politiche europee su tutti i fronti - dalla crescita alla politica estera fino alle politiche migratorie - sono tutti d’accordo anche i filo-europeisti. Ma finora il “codice” di comportamento adottato dal Governo - e dal ministro Padoan in particolare - è stato quello di rispettare le regole pur continuando a chiedere di cambiare l’agenda.

Oggi però c’è una nuova urgenza. Su cui ha acceso bene i riflettori il risultato delle amministrative francesi: la vittoria di Marine Le Pen, la disfatta dei socialisti, la battuta d’arresto della destra di Sarkozy. Un segnale rosso per l’Italia di Salvini e di Grillo. E dunque quella fuga in avanti decisa ieri di finanziare comunque l’intero pacchetto sicurezza - che include anche il bonus cultura per i giovani diciottenni - testimonia la fretta del premier di mandare un segnale politico all’Italia più che alla Ue. Dimostra, insomma, la necessità di non perdere terreno mentre si aspettano i tempi di Bruxelles. Il via libera dell’Europa è, infatti, atteso per marzo ma finora si era pensato di rispettare quel termine prima di sdoganare i 2 miliardi. Marzo, però, è un tempo troppo lungo per un premier che dopo due mesi dovrà subire il giudizio delle urne. E dunque per Renzi è meglio accelerare e trasgredire il codice europeo pur di riprendersi un argomento politico contro l’Unione.

Inoltre è difficile che in Parlamento il premier trovi forze politiche pronte a difendere regole e tempi europei. Se prima il rispetto dei parametri Ue era un totem del centro-sinistra, oggi è diventata una posizione minoritaria. Anche la sinistra del Pd è su posizioni euroscettiche. Insomma, sembra passato un secolo da quando fu votata in appena sei mesi la riforma costituzionale che introduceva il vincolo del pareggio di bilancio. Il Pd e Pdl votarono in blocco. Sono passati appena tre anni. L’immagine dell’Europa si è deteriorata davvero in fretta.

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