Commenti

L’impunità del reato scoraggia la denuncia

  • Abbonati
  • Accedi
Scenari

L’impunità del reato scoraggia la denuncia

Un paio di mesi fa, a Roma. Un’universitaria torna di giorno nel miniappartamento che ha in locazione e lo trova svaligiato: fra quanto sottrattole c’è un ipad sul quale è installato un gps. Col proprio cellulare la ragazza scopre che l’ipad si trova a breve distanza, è segnalato a qualche centinaio di metri, in corrispondenza di un insediamento abusivo rom. Corre al più vicino presidio di polizia e parla con chi di dovere: si aspetta che qualcuno venga mandato sul posto, che si recuperi almeno una parte della refurtiva e che si identifichi chi ne sia in possesso, magari arrestandolo. Viene invece invitata a tornare il giorno successivo per formalizzare la denuncia. Inutile dire che il segnale gps scompare dopo poco, e con esso i pochi beni sottratti e la possibilità di scoprire chi è il ladro. Un paio di settimane fa, sempre a Roma. Mentre passeggia coi bambini, un professionista viene avvertito da un passante che un tale gli ha appena sfilato dalla tasca un telefono mobile: si gira, vede il ladro mentre si allontana ma non riesce a raggiungerlo. Si reca al primo comando di polizia - se il cellulare è acceso lo si può ancora localizzare -, ma gli viene consegnato un modulo di smarrimento dell’apparecchio, accompagnato dal consiglio di non perdere tempo con denunce di furto: far finta di averlo perso è più rapido - così si sente dire - per bloccare la scheda col gestore ed evitare problemi. Storie del genere sono frequenti, non solo nella capitale.

Leggendo le pagine del Sole-24 Ore sui reati denunciati in Italia nel 2014, compresi i box di approfondimento su talune tipologie di illeciti, è legittimo domandarsi se e quali criteri esistono per fornire - insieme con i numeri ufficiali, basati sulle denunce - una stima della consistenza effettiva di alcuni delitti. Non vale solo per il furto: l’incremento di circa il 20% fra 2013 e 2014 delle estorsioni non è un dato in sé negativo; con molta probabilità indica una maggiore propensione alla denuncia, e quindi più fiducia nel sistema di contrasto, rispetto a un fenomeno che non è detto che sia cresciuto di 1/5 da un anno all’altro. Il caso del furto è però più emblematico: l’esperienza di ciascuno, limitata e soggettiva, attesta una quantità crescente di denunce non presentate o non fatte presentare. Capire perché questo accade, nonostante l’enorme mole di denunce comunque ricevute, è più importante che prendersela con presunte omissioni fra le forze di polizia: le incombenze scaricate su poliziotti e carabinieri sono sempre di più e sempre più impegnative, mentre il turn over è ridotto all’osso, i mezzi pure, e gli straordinari non si sa se e quando vengono pagati.

Vi è poi una percezione delle priorità, che fra esse non fa individuare la repressione dei furti: se gli automezzi a disposizione sono destinati ad altre funzioni, è ovvio che il territorio non viene pattugliato per scoraggiare gli scippi o gli accessi indesiderati nelle abitazioni. Se - nonostante tutto - il ladro è scoperto, non sempre il magistrato di turno autorizza l’arresto; di frequente dispone che sia denunciato a piede libero. Se il ladro è scoperto e viene consentito l’arresto, in cella trascorre qualche ora, al massimo qualche giorno: il tempo di patteggiare al minimo (non più di 3 o 4 mesi di reclusione) e di tornare in libertà a riprendere il proprio “lavoro”, dal momento che quella limitata entità di pena non viene mai espiata. Se non si fa il patteggiamento, nella gran parte dei casi il processo si estingue per prescrizione già in primo grado, al più tardi in appello: ciò spiega perché alla fine - pur se denunciato - il furto resti impunito nel 98% dei casi.

E poiché in altre nazioni europee per il furto i giudici irrogano anni di reclusione, ciò contribuisce a spiegare la migrazione in Italia, all’interno dell'area Schengen, di persone che per mestiere svaligiano il prossimo. Perché allora lo zelo dovrebbe manifestarsi al momento della denuncia, e dei successivi immediati accertamenti, quando gli operatori dei polizia hanno la piena consapevolezza che saranno fatica, uomini e mezzi sprecati? Non è questione di sanzioni, che sulla carta esistono e sarebbero pure elevate, o di modifiche legislative: discettare di questo non fa fare passi avanti. La decisione di abrogare un reato che altrove non viene ritenuto bagatellare, e che continua a turbare chi lo subisce, non può restare tacita, ma esige un dibattito, come accade per le scelte di politica della sicurezza. Meglio un confronto sincero che discutere, spesso demagogicamente, sui limiti della legittima difesa, dopo reazioni sproporzionate verso chi entra nella propria abitazione, dettate dal senso di impotenza e dalla mancanza di effettiva tutela. Più che appassionarsi sul se e del quando un privato può sparare, conviene capire quanto e come oggi lo Stato tutela la proprietà e le persone oneste.

Consigliere Corte di appello di Roma

© RIPRODUZIONE RISERVATA