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Il risvolto di copertina del secolo noir italiano

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LA MORTE DI LICIO GELLI

Il risvolto di copertina del secolo noir italiano

Licio Gelli è il risvolto di copertina di una nazione che da sempre è un romanzo anche noir, il perfetto risvolto di copertina, quello che non svela il finale, quello che non può svelare il finale perché è solo mistero.
È entrato e uscito da scandali, polemiche, misteri, soprattutto misteri. Ha rappresentato per anni la persona che molti avevano in mente quando si usava e si abusava di espressioni come “convitato di pietra”, “grande vecchio”, burattinaio dietro le quinte fino a “Belfagor”, “il venerabile”.
In quel risvolto di copertina non si svelano bene neanche i legami tra i protagonisti. L’ex gran maestro della Loggia P2 è stato sempre interpretato come qualcuno di molto pericoloso ma anche no. Perché ha qualcosa di drammaticamente italiano il suo percorso, ovviamente non nel senso lusinghiero del termine: la passione per la politica, il segreto come ingrediente indispensabile della trama, di una trama di successo, vicende giudiziarie, arresti, fughe, libri, giornali, battute tre volte taglienti.

È morto a Villa Wanda, quella Villa Wanda che ciclicamente tornava in qualche telegiornale, per qualche nuovo capitolo del giallo lungo quanto un secolo breve ma dalle ombre lunghe. Camicia nera a 18 anni con Franco, diceva che era nato fascista e sarebbe morto fascista, ma è stato tutto, tutti i risvolti, “repubblichino” ma anche partigiano. Perfino la fabbrica, la filiale dell’azienda di materassi, la provincia, da Frosinone ad Arezzo, l’italianissima provincia. La massoneria e quella loggia dal nome “propaganda”, il fisco fuggito e le prescrizioni godute.
Sono parole che sanno di storia e di malastoria italiana. La politica terremotata dal suo segreto scoperto, dopo Sindona e il disvelamento della P2, s’intreccia con il mondo dei giornali terremotati da altri segreti. Quei mille nomi era contemporaneamente l’elenco della vergogna ma anche il suo trofeo, il suo vischioso stemma di successo, il riconoscimento (per lui) di un fascino esercitato o di un’efficacia pervasiva nella ramificazione della sua carsica rete di favori e sostegni opachi, extra legem ma vasti.

Ahinoi. E c’erano tutti, editori, militari, ministri, parlamentari, finanzieri, 007, prefetti, questori, magistrati, i mille risvolti di copertina di un’Italia che ama anche muoversi nella nebbia. In tutti i maggiori scandali di trent’anni italiani quella nebbia - a lui forse sarebbe piaciuto dire il “fumo” - da qualche parte spuntava.
Sempre. Non si sapeva mai dire, pensandoci, se fosse in fuga, in libertà, agli arresti, ai domiciliari, vivo o non più, ma si sapeva che se c’era un mistero prima o poi qualcuno lo avrebbe evocato. A lui forse, per vanità, neanche dispiaceva. Ma il fascino dell’opaco non può far dimenticare a nessuno i pericoli del muoversi nelle nebbie fitte. Da diradare.

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