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La Rai con il capo azienda

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La Rai con il capo azienda

La nuova governance della Rai è cosa fatta, ma il voto finale slitta, con ogni probabilità, alla prossima settimana. A causa dell’assenza del numero legale, infatti, la conferenza dei capigruppo, secondo quanto riferito dal presidente del Senato, Pietro Grasso, ha deciso che il voto finale sul disegno di legge slitti al termine dell’esame della legge di stabilità. Quest’ultima arriverà lunedì in commissione bilancio al Senato. Dato che durante la sessione di bilancio non si possono votare leggi che comportino variazioni di spesa, il voto finale dovrebbe arrivare tra martedì sera e mercoledì mattina, numero legale permettendo. Altrimenti si andrà a gennaio, ma è probabile che l’approvazione avverrà prima delle festività natalizie. E’ un colpo di scena che non muta la sostanza di quanto accaduto ieri e nei giorni scorsi al Senato: non sono stati approvati emendamenti di modifica al testo approvato dalla Camera che, sia pure con qualche giorno di ritardo, diventerà quello definitivo, che fisserà i nuovi criteri di nomina dei vertici Rai e i poteri di tali vertici, a partire dalla figura dell’amministratore delegato.

Il cda a sette componenti, quattro dei quali di nomina parlamentare, entrerà in scena quando scadrà il mandato dell’attuale vertice con cda a nove membri, nominato per tre anni, a luglio, secondo la legge Gasparri. Quando la nuova legge entrerà in vigore, l’attuale direttore generale, Antonio Campo Dall’Orto, avrà i poteri che la legge assegna all’amministratore delegato e parteciperà al cda senza diritto di voto, da direttore generale.

La giornata di ieri è stata una sorta di percorso a ostacoli per un provvedimento la cui approvazione sembrava scontata in mattinata. Vi è stata un’ora di stop per il ricordo di Armando Cossutta e, dopo, è mancato per la prima volta il numero legale. Sono stati richiamati diversi senatori e si è ricominciato; poi Lucio Malan di Forza Italia ha chiesto una correzione formale del testo (l’aggiunta di una virgola), con tanto di voto. Vi è stata, di seguito, la riunione dei capigruppo per stabilire il calendario della prossima settimana. Non è stato approvato all’unanimità e ha richiesto, quindi, di essere votato e approvato dall’Aula. Alla fine Forza Italia ha richiesto ancora la verifica del numero legale; mancando quest’ultimo, vi è stata la decisione sullo slittamento del voto finale.

In ogni caso, non vi è stata l’approvazione di alcun emendamento rispetto al testo approvato dalla Camera, con qualche modifica rispetto a quello votato in prima lettura dal Senato. E’ stata aggiunta una parte sulla pubblicazione dei compensi degli amministratori del servizio pubblico. Faranno parte del Piano per la trasparenza e la comunicazione aziendale, già presente nel testo del Senato, che prevedeva solo le informazioni sui curricula e i compensi lordi dei dirigenti. Ora dovrà contenere anche quelli dei componenti degli organi di amministrazione e controllo.

Come sottolinea il relatore in commissione Raffaele Ranucci, Pd, «resta la delega sul riassetto normativo del settore affidata al governo, che può adottare, entro dodici mesi, un decreto legislativo per la modifica del testo unico dei servizi media audiovisivi e radiofonici». La delega, in realtà, è stata ridimensionata alla Camera rispetto al testo del Senato: i criteri direttivi la limitano all’adeguamento dei compiti del servizio pubblico, senza intervenire sull’assetto normativo del settore.

Sul Codice dei contratti pubblici sono previste esenzioni a favore della Rai per i contratti relativi ad acquisizione, produzione e commercializzazione di programmi televisivi e opere audiovisive. Il che vuol dire che il Codice si applica alla Rai per tutte le altre gare o acquisizioni.

Il cambio dei poteri interni, dal presidente e dal cda al direttore generale-amministratore delegato comporta un rischio: non far arrivare la Rai compatta e preparata alla vera scadenza istituzionale che l’attende: quella per il rinnovo della concessione nel maggio 2016. Il Ministero dello Sviluppo, secondo la legge che sarà approvata la prossima settimana, dovrà avviare (con un certo ritardo, ndr) una consultazione pubblica.

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