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Berlino alza il muro sul risparmio

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la cancelliera e il credito

Berlino alza il muro sul risparmio

Angela Merkel lo aveva detto senza mezzi termini al Parlamento tedesco prima di partire per il vertice europeo di Bruxelles. «La mutualizzazione dell'assicurazione dei depositi bancari farebbe l'opposto di ridurre i rischi nel sistema finanziario. Per questo pensiamo che sia sbagliata e la respingiamo». A Bruxelles, il cancelliere ha ripetuto che per uno schema europeo di assicurazione dei depositi non c'è spazio.

Ha imposto che il riferimento alla proposta della Commissione europea venisse eliminato dalle conclusioni del vertice.
Eppure, l'assicurazione comune, che riguarda i depositi al di sotto dei 100mila euro, esenti dalle regole europee sul bail-in, ma possibilmente a rischio nel caso di un crac bancario di gravi proporzioni, è una componente essenziale dell'unione bancaria, che tutti i Paesi, Germania compresa, hanno sottoscritto. È la terza gamba dell'unione bancaria, insieme alla vigilanza unica, da un anno condotta dalla Banca centrale europea, e dal sistema di risoluzione ordinata delle banche in crisi, che sta per entrare in vigore.
Davanti all'opposizione tedesca, il presidente della Bce, Mario Draghi, è stato molto netto. «L'unione bancaria va completata – ha affermato Draghi nell'intervista al Sole 24 Ore del 31 ottobre scorso -. Su questo c'è stato un accordo, sia sulla costituzione di un sistema di assicurazione dei depositi, sia su un Single Resolution Fund (per finanziare gli interventi sulle banche in crisi ndr). Queste cose vanno fatte, anche perché in questo modo uno dei problemi che ha caratterizzato la crisi, il nesso bidirezionale tra banche e Stati sovrani, viene attenuato».
I tedeschi sostengono di voler essere sicuri di che cosa sottoscrivono, di sapere cosa c'è nei bilanci delle banche altrui, anche se originariamente la loro richiesta era collegata al completamento della valutazione approfondita condotta dalla Bce. Questa si è conclusa ormai un anno fa.

In realtà, sulle banche la Germania ha condotto fin dall'inizio una battaglia di retroguardia, con il principale obiettivo di tenere il più possibile il naso delle vigilanza europea fuori dagli armadi, pieni di scheletri, delle sue banche. Il suo sistema bancario è uno dei peggio gestiti e peggio vigilati d'Europa. Anche volendo dimenticare i dissesti accumulati per decenni, solo negli ultimi anni, la più grande banca privata, Deutsche Bank, è stata coinvolta in tutti gli scandali finanziari del mondo ed è risultata la più multata dalle autorità di controllo di diversi Paesi e ha dovuto avviare una radicale ristrutturazione e un repulisti del top management; la seconda, Commerzbank, è stata prima indotta ad accollarsi la terza, Dresdner, anch'essa in difficoltà, e ha poi dovuto essere salvata due volte con soldi dello Stato, che ne è tuttora il maggiore azionista. È stata una banca tedesca, Ikb, la prima a fallire per i mutui subprime Usa e ha goduto anch'essa di un salvataggio pubblico. Le Landesbanken, le banche delle regioni, hanno il record pluridecennale dei disastri finanziari. Una di esse, Hsh, una banca decotta, ha schivato la bocciatura della Bce solo grazie al controllo pubblico. Le casse di risparmio, che il cancelliere ha citato esplicitamente per giustificare il suo rifiuto della garanzia europea sui depositi, come se fossero un esempio di solidità, hanno consigli d'amministrazione infarciti di politici locali e a loro volta esercitano una pesante influenza sulla politica, attraverso il controllo di un'ampia constituency di elettori.
La Germania, che ha usato il doppio dei denari pubblici della Spagna per salvare le proprie banche, rivendica che comunque si trattava di soldi suoi: come a dire, le magagne del nostro sistema bancario ce le paghiamo da soli.
Quando fa comodo alle banche tedesche, come per districarsi dal pantano della Grecia, gli aiuti europei sono benvenuti. Ma non venite a chiederci un'azione europea per i depositanti altrui.

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