Fiducia respinta, ma l'esito politico era scontato. Meno scontata è la fiducia popolare.
Che ieri andasse come è andata era largamente prevedibile. La mozione di sfiducia delle opposizioni – 5 Stelle e Lega – è stata respinta, la maggioranza ha votato contro, il ministro Boschi resta al suo posto. L'esito politico, da ogni parte dell'emiciclo, non ha dato sorprese. Difficile dire se ce ne saranno nei consensi popolari. Il fatto è che la fiducia fuori dal Parlamento ha altri indicatori, dipende dalle impressioni che gli elettori ricavano da tutta una vicenda. E seppure non tutti abbiano gli strumenti per dire con sicurezza se il conflitto d'interesse tra il ministro Boschi e suo padre ci sia stato o no, quello che invece è molto evidente a tutti è che questo Governo ha messo molte radici in un perimetro toscano molto stretto. Anche l'ultima nomina alle Ferrovie deriva da una collaborazione con il premier quando era sindaco di Firenze. Da quella stessa esperienza è arrivata la Boschi fino al Governo e parte dello staff a Palazzo Chigi. Insomma, se il Parlamento ha accolto la versione del Governo sulla vicenda della Banca Etruria, non è detto che passi anche nell'opinione pubblica. Perché i legami di conoscenze e consuetudini maturate durante la vita fiorentina del premier tornano – e si vedono – e questo dà spazio al sospetto e alla diffidenza che i conflitti ci siano. È questa opinione che il premier e i suoi fedelissimi devono togliersi di dosso, sarà superficiale e arbitraria ma è un argomento che attecchisce nell'opinione pubblica. Dunque uscire dalla Banca dell'Etruria – metaforicamente – vuol dire anche dare un'altra rappresentazione della squadra del premier, più larga, meno legata a un territorio.
E quindi se il Governo ne sia uscito più o meno forte non dipende da quei 373 no di ieri ma dai prossimi passi: risarcimenti ai risparmiatori truffati, il lavoro di Cantone, l'istituzione della commissione d'inchiesta per stabilire responsabilità. Più debole – di certo – è uscita una parte dell'opposizione. Dopo l'esclusione dalla elezione dei tre giudici costituzionali, per Forza Italia lo psicodramma è continuato anche su queste votazioni. Sulla mozione di sfiducia contro la Boschi sono usciti dall'Aula prendendo le distanze dalla Lega e pure sulla mozione contro il Governo c'è stato qualche problema. Naturalmente il giovane leader Salvini si è infilato dentro le divisioni del partito del Cavaliere con estrema disinvoltura. Ieri più che mai sembrava lui il capo, quello che dava la linea e gli ultimatum sulle alleanze alle comunali.
È chiaro che in una condizione di sfilacciamento totale nei gruppi di Forza Italia e nello scontro tra i capigruppo Brunetta e Romani, l'occasione era quella più adatta. Il paradosso è che di Forza Italia si stanno occupando gli altri leader, dall'esterno, Renzi per un verso e Salvini per un altro, mentre non si capisce cosa voglia scegliere Berlusconi. E quindi se il premier richiama i parlamentari forzisti alla linea più aperturista del capogruppo Romani, il leader della Lega si schiera con l'opposizione aggressiva di Brunetta.
In questo marasma è difficile che riescano a conquistare l'attenzione degli elettori le posizioni del centro-destra sul risparmio e sulle banche. Tutti i riflettori sono sugli scontri interni, su chi comanderà tra Lega e Forza Italia, su chi sceglierà il Cavaliere. Il resto, quello che più interessa l'opinione pubblica, è in secondo piano.
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