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Renzi «sgrida» la Merkel ma guarda al Mediterraneo

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la partita dell’energia

Renzi «sgrida» la Merkel ma guarda al Mediterraneo

Mai come in queste settimane il futuro dell’Unione europea e la sua sicurezza energetica sono strettamente connesse alla stabilizzazione del Mediterraneo, al futuro della Libia e alla lotta contro l’Islam politico radicale. Con, in mezzo, le ambizioni egemoniche della Federazione russa che gioca una sua partita strategica su più tavoli.

Se un merito può venire riconosciuto all’attacco di Matteo Renzi alla cancelliera tedesca Angela Merkel nell’ultimo vertice Ue c’è quello di avere scoperto un nervo sensibile nei meccanismi di funzionamento delle istituzioni europee che risentono della grande capacità di condizionamento da parte di Berlino. E, nello stesso tempo, di avere messo in evidenza tutta l’ipocrisia della Germania che, nonostante le sanzioni, continua a fare lucrosi affari con Mosca mentre all’esterno è solo l’Italia che viene percepita come la grande amica di Putin. Ciò detto sui tempi e i modi di quella che Palazzo Chigi definisce “strategia” e non “tattica” di Renzi ci sarebbe molto da dire. I due leader forse si chiariranno in un prossimo incontro a Berlino ma chiamare a raccolta, come ha fatto Renzi due giorni fa, tutti i partiti socialisti europei contro lo “strapotere “ della Merkel non appare una grande mossa da “stratega”. Non basta, infatti, dire che l’Italia, fatte ormai le riforme, ha le carte in regola per «farsi sentire» e alzare la voce, o che «non chiede nulla per sé» ma vuole «il rispetto delle regole». Non ci sono solo i partiti in Europa ma anche e soprattutto i Paesi con peso e credibilità nel tempo guadagnati. Tutti, nel febbraio scorso, hanno potuto vedere la Merkel negoziare a Minsk con Putin e Poroshenko. È vero, c’era anche il presidente francese Hollande ma sembrava più che altro un comprimario nel dialogo diretto tra il presidente russo e la cancelliera. Un rapporto così stretto di cui Renzi avrebbe dovuto capire logica e significato profondo già nell’ottobre del 2014 durante la riunione Asem ospitata proprio dal Governo italiano a Milano che fece da cornice a un vertice a due Putin-Merkel. Fare finta di meravigliarsi – solo oggi – che esista un filo rosso indistruttibile tra Berlino e Mosca che si traduce anche in rapporti commerciali come nel gasdotto Nord Stream 2 vuol dire condannarsi da soli a un ruolo di marginalizzazione e subalteranità.

A meno che non vi sia, dietro le ultime esternazioni di Renzi, un’altra strategia ma occulta che mira a usucapire fin d’ora un ruolo di leadership politica, di sicurezza ed energetica nel Mediterraneo del Sud con il consenso degli altri partner Ue a cominciare dalla Germania e della Russia. Un ruolo guida che ci vedrebbe presenti nella stabilizzazione in Libia, nella governance delle sue fonti di energia e nel progetto Eni di creare un grande Hub energetico nel Mediterraneo orientale per i Paesi della regione, per l’Italia e per il resto d’Europa utilizzando i 3mila miliardi di metri cubi di gas provenienti dai giacimenti off shore di Zohr (Egitto) Leviathan e Tamar (Israele) oltre ad Aphrodite (Cipro). Sarebbe quella la risposta italiana a Nord Stream 2 riequilibrando all’interno dell’Unione europea lo strapotere tedesco nel Nord.

A Renzi che lamentava il “doppio standard” in Europa tra chi soffre per le sanzioni contro al Russia e chi fa affari con Mosca la Merkel ha minimizzato ricordando che Nord Stream 2 è solo un’operazione commerciale e se la Commissione Ue deciderà che non risponde ai dettami del terzo pacchetto energia non andrà avanti. Una risposta che nasconde tutta la forza di chi sa come andrà a finire nonostante vi sia chi pensi che la Merkel «è andata sotto sul gasdotto all’ultimo consiglio Ue». Già quattro anni fa la Ue diede la prima autorizzazione a Nord Stream 1 accettando quindi il principio che quando il gasdotto passa sotto il mare non rientra nelle fattispecie previste dalla Ue che bloccarono il South Stream (dove l’Eni era presente con il 25%) che veniva accusato di avere un obiettivo politico, ossia bypassare l’Ucraina.

Ma le ambizioni dell’Italia nella sponda Sud Mediterraneo hanno bisogno, per concretizzarsi, dell’aiuto delle grandi Organizzazioni internazionali a cominciare dalle Nazioni Unite. È lì che si stanno scrivendo le risoluzioni sulla Libia (la prima è attesa per domani) e il voto della Russia nel Consiglio di sicurezza è essenziale. Si spiega solo così l’insistenza con cui Renzi ha frenato sulla proroga automatica delle sanzioni Ue contro Mosca. È già qualcosa che sia italiano il generale Paolo Serra consigliere per la sicurezza dell’inviato Onu per la Libia Martin Kobler attualmente in Libia per creare quella cornice di sicurezza necessaria a insediare il nuovo governo a Tripoli mettendo d’accordo (almeno per il momento) le tribù filo-islamiste e i misuratini.

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