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Blatter e Platini, game over

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calcio nel caos

Blatter e Platini, game over

La “smoking gun”, la pistola fumante che ha portato alla defenestrazione dei due (ormai ex) uomini più potenti del calcio mondiale, Joseph Blatter e Michel Platini, è un pagamento di circa due milioni di franchi svizzeri eseguito nel febbraio 2011 dalla Fifa a favore del presidente della Uefa come compenso per una consulenza svolta tra il 1998 e il 2002. Un versamento frutto, come confessato dal presidente dimissionario della Fifa Blatter, di un gentlemen’s agreement tra i due, senza un contratto e senza che ve ne fosse traccia nei bilanci Fifa.

A poco è valso a Platini spiegare che su quei soldi aveva anche versato le tasse al fisco francese e che in alcuni verbali di riunioni della Fifa vi fosse traccia di quel lontano incarico. Il comitato etico della Fifa ieri è andato dritto per la sua strada e pur non accogliendo le richieste dell’accusa di radiare sia «Roi Michel» che Blatter, ha emesso una sentenza altrettanto drastica: otto anni di squalifica per entrambi (più 80mila franchi svizzeri di multa per il primo e 50mila per il secondo). Una punizione che se per l’ottantenne dimissionario numero uno della Fifa è la ratifica di un’ineluttabile uscita di scena dopo 17 anni di regno e cinque mandati, per Platini appare come una beffa del destino, che lo estromette dalla corsa al “trono” della Fifa nel momento in cui niente e nessuno avrebbe potuto impedirgli di vincere le elezioni in programma il prossimo 26 febbraio.

La posizione del Comitato etico è perentoria: «Blatter –si legge nella nota diffusa ieri mattina – quale presidente della Fifa ha autorizzato il pagamento a Platini che non aveva alcuna base legale nell’accordo sottoscritto da entrambi il 25 agosto 1999. Nè nella sua dichiarazione scritta nè durante la sua audizione, Blatter è stato in grado di dimostrare l’esistenza di un’altra base legale per quel pagamento. La sua affermazione a proposito di un accordo orale è stata ritenuta non convincente».

L’affaire Blatter-Platini scaturisce dall’inchiesta della procura federale di Brooklyn guidata dal Procuratore generale Usa Loretta Lynch e portata avanti dall’Fbi sulla storica quanto “inattesa” assegnazione dei Mondiali 2018 alla Russia e di quelli del 2022 al Qatar a discapito della candidatura avanzata dagli Stati Uniti. Assegnazione che sarebbe stata veicolata da tangenti e accordi sottobanco. L’inchiesta, deflagrata il 27 maggio con l’arresto a Zurigo di sette dirigenti Fifa , due giorni prima della quinta rielezione di Blatter (poi costretto a dimettersi), ha avuto effetti a cascata in questi mesi sconvolgendo l’assetto di governo del football globale, tanto da costringere la Fifa a convocare a febbraio 2016 un congresso straordinario e ad indire nuove elezioni.

Nel caso Blatter-Platini sono state violate diverse norme del Codice etico, come l’articolo 20 («offerta e accettazione di doni e altri benefit»), l’articolo 19 («conflitto d’interesse»), l’articolo 15 («lealtà») e l’articolo 13 («regole generali di condotta»). Sul banco degli imputati è finita l’espressione stessa del potere “blatteriano”: per il Comitato etico il dirigente svizzero, in sostanza, «ha violato il suo dovere fiduciario nei confronti della Fifa». Platini, che a differenza di Blatter ha disertato l’audizione ritenendo che il procedimento a suo carico fosse un «processo politico», è stato ritenuto colpevole di conflitto d’interessi e slealtà. Per i giudici della Fifa «non ha agito con credibilità e integrità, mostrando di non conoscere l’importanza dei suo doveri e delle relative responsabilità».

Se la reazione di Blatter, che ora teme l’arresto da parte delle autorità Usa e non lascia da mesi il territorio elvetico, sembra più che altro di circostanza («Sono triste per il calcio e per la Fifa. Sono stato trattato come un punching-ball, ma andremo in appello»), Platini intende giocarsi le ultime carte rivolgendosi al Tas di Losanna e alla giustizia civile. «Questa sentenza – le sue prime parole – non mi sorprende, era un verdetto già scritto, smentisco tutte le accuse e ricorrerò in ogni sede». Le Roi definisce parla di una “messinscena” per eliminarlo dalla corsa alla presidenza Fifa. «Nella vita, come nell’esercizio del mio mandato, il mio comportamento è stato sempre irreprensibile e sono in pace con la mia coscienza», ha aggiunto l’ex fuoriclasse transalpino che dal 2007 siede sulla poltrona più prestigiosa della Uefa. Organizzazione del calcio europeo che si è detta «estremamente delusa» per la decisione del Comitato etico Fifa e che ha ribadito semmai «il diritto di Platini a un giusto processo».

Blatter, tuttavia, ieri alcune cose ha voluto sottolinearle, evidenziando alcuni aspetti della vicenda che ne svelano la reale portata, al di là di bustarelle e presunte malversazioni: «Non sopporto mi si consideri un bugiardo. Sono un uomo di principi. Sentire che ho pagato Platini in cambio di voti per le elezioni Fifa del 2011 è assurdo». Certo Blatter ammette che c’è stato un «errore amministrativo, ma non c’entra nulla con l’etica. Io continuo a essere il presidente, mi vergogno delle prove che hanno portato, solo il Congresso può destituire il presidente». Ma, soprattutto, pur formalmente escludedo di essere inviso a Washington («Non credo che ci siano collegamenti tra la Commissione Etica e gli Stati Uniti. Ci sono state pressioni dall’interno della Fifa»), ha aggiunto: «Se i Mondiali 2018 fossero stati dati agli Usa invece che a un paese europeo che non li aveva mai avuti, come la Russia, tutto questo non sarebbe mai successo». E non a caso, ieri ad esprimere solidarietà a Blatter e Platini è intervenuto tra i primi Vitaly Mutko, ministro russo dello Sport e presidente della Federcalcio russa, che, pur senza spingersi come aveva fatto la scorsa settimana Vladimir Putin a sponsorizzare Blatter come candidato per il Nobel per la pace, ha espresso il suo rammarico per il verdetto: «Platini è una persona che ha fatto molto per il calcio. E Blatter ha dato 40 anni della sua vita alla Fifa, portandola ad alto livello».

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