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Putin, lo zar venuto dalla povertà

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Putin, lo zar venuto dalla povertà

Un uomo venuto dalla povertà, ma diventato un protagonista del nostro tempo. Una persona che per sua stessa ammissione già da ragazzino mostrava una personalità complessa, a tratti violenta, ma capace di approdare all’Università di Leningrado (di cui diventa anche assistente del rettore) con lo studio e la dedizione. Un uomo dipinto come un nuovo Zar, ma anche capace di ridare dignità al popolo russo.

Quella di Vladimir Putin scritta da Gennaro Sangiuliano – Putin, vita di uno Zar – è una biografia inedita, dettagliata, ma anche l’inno e l’invito ad andare oltre le visioni superficiali che spesso avvolgono i protagonisti del nostro tempo e non solo. Un’operazione storica, ma con approccio giornalistico quella del vicedirettore del Tg1, perché «il realismo della storia è quello cui puntare. È dalle utopie che invece sono nate e nasceranno sempre le tragedie».

Ieri se ne è parlato a Milano, nel corso di una presentazione cui, oltre all’autore, hanno partecipato il direttore del Sole 24 Ore Roberto Napoletano, il direttore de Il Giorno Giancarlo Mazzuca, il segretario della Lega Nord Matteo Salvini e Vittorio Feltri. Putin, vita di uno zar è una storia che parte dalle origini dalla famiglia, per approdare ai retroscena dell’arruolamento e del servizio nel Kgb, alla sorprendente ascesa politica, fino ai successi economici e nella guerra agli oligarchi. E la complessità del personaggio, unita alla complessità di una nazione, la Russia, nel suo presente e nel suo passato hanno rappresentato il fil rouge di una discussione in cui si sono intrecciati temi che vanno dalla storia, all’economia, ai diritti civili. «Sangiuliano rivela doti di raccontatore di lunga lena e fa rivivere con i fatti le cose e le persone, la storia politica di Putin segnalandone le intuizioni, i risultati, gli errori e le omissioni», ha commentato il direttore del Sole 24 Ore Roberto Napoletano che ha subito allargato la discussione al contesto politico ed economico della Russia. Un contesto nel quale pesano le sanzioni decise dall’Unione europea (e prolungate) per la questione dell’Ucraina. «L’interesse di tutti – ha aggiunto Napoletano – deve essere quello di recuperare la Russia nel gioco delle relazioni con il mondo occidentale. Più la Russia rientrerà in questo gioco, più crescerà la sua economia, più crescerà la democrazia; molto bene farà alle nostre esportazioni». E comunque, in definitiva «ci vorrebbe un atteggiamento più serio, meno ipocrita sul tema delle sanzioni e degli interessi nazionali».

Dal canto suo Giancarlo Mazzuca ha detto che in questo quadro Putin ha anche saputo «rendersi popolare agli occhi del mondo. Mentre i leader occidentali si rimpallano scelte e responsabilità e fanno come i capponi di Renzo, lui, e solo lui, si è offerto di fare il lavoro sporco in Siria contro l’Isis». Decisionismo, fiuto, acume politico sono del resto doti unanimemente riconosciute a Putin. Ma per Feltri c’è anche dell’altro: «A differenza dei governanti occidentali non è così cretino da dimenticare il passato. In Italia ogniqualvolta si parla del periodo fascista ci si affretta a manifestare l’antifascismo. Putin ha dimostrato di avere il senso della storia. Disconoscere decenni di comunismo, che pure hanno causato danni e dolore, significa però anche dare degli idioti ai russi che hanno vissuto con l’idea che fosse la cosa migliore del mondo».

Putin questo non lo ha fatto. È riuscito a riplasmare un’identità in cui molti possono ritrovarsi. I politologi russi hanno parlato di rinascimento nazionale e tradizionale. Di certo la storia di Putin è comunque profondamente russa e il libro di Sangiuliano emerge dal dibattito di ieri come un’operazione che va contro gli stereotipi, luoghi comuni e tante leggende mai verificate. Il filone è quello un po’ “revisionista”, cifra di molti libri del vicedirettore del Tg1. Ma non si può capire Putin, dice Sangiuliano, se non si sa delle kommunalka: le casa collettive condivisa da più nuclei familiari in cui Putin ha vissuto da bambino a Leningrado. Un «figlio dell’assedio» lo definisce Sangiuliano in una città che ha subito il più orrendo assedio della Seconda guerra mondiale. Il Teppista indisciplinato lettore a 12 anni de Lo scudo e la spada, best seller che racconta le avventure di una spia sovietica entrerà nella facoltà di Legge di Leningrado, ma anche nel Kgb.

Da leader russo ha governato il Paese in un periodo di forte crescita economica, con la nascita di un ceto medio diffuso, la lotta alla povertà e all’alcolismo, la riappropriazione delle risorse energetiche, la liquidazione degli oligarchi, l’intervento in Crimea. Dare un giudizio su tutto questo meriterebbe un’approfondita conoscenza della Russia, della sua cultura e della sua gente. Intanto però il presente è qui, a ricordarci anche e soprattutto la complessità dei rapporti fra Russia e Occidente. «Sono convinto che da qui a breve con la Russia si tornerà finalmente a collaborare e non a giocare alla guerra, come qualche scemo vuole fare riportandoci ai tempi della guerra fredda», ha detto il segretario della Lega Nord, Matteo Salvini, reduce da «18 ore passate in Russia in cui ho parlato con imprenditori, politici, gente comune, ma anche per un quarto d’ora proprio con Putin». E sui possibili lati oscuri dell’attuale leadership russa, Salvini non mostra dubbi: «Sicuramente a livello internazionale Putin ha le idee più chiare in questo momento».