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Una nuova governance per il calcio globale

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blatter e platini:maxi squalifica

Una nuova governance per il calcio globale

L’addio ai due padroni del football globale, Joseph Blatter, presidente dimissionario della Fifa e Michel Platini, numero uno Uefa e suo erede naturale nelle elezioni del prossimo 26 febbraio, è stato decretato ieri mattina a Zurigo dal Comitato Etico della Fifa guidato da Hans Joachim Eckert. La squalifica di otto anni per entrambi è stata comminata, come ha spiegato Eckert, perché «Blatter, nella sua qualità di presidente della Fifa, ha autorizzato il pagamento al signor Platini che non aveva fondamento giuridico». Un bonifico di circa 2 milioni di franchi svizzeri fatto nel febbraio 2011 per una consulenza prestata una decina di anni prima da Roi Michel. Sia Blatter che Platini hanno annunciato ricorso, ma questo storico verdetto non è che la resa dei conti tra la vecchia nomenklatura e le nuove potenze del calcio internazionale.Continua pagina 27

Il bonifico è transitato dai conti della Fifa a quelli di Platini in un periodo troppo particolare per non destare sospetti. Non solo perché pochi mesi dopo, nel giugno 2011, Blatter ottenne il via libera per il suo quarto mandato. Ma soprattutto perché, poco tempo prima, il 2 dicembre 2010, la Fifa decise di assegnare contestualmente i campionati del mondo del 2018 e del 2022. Per l’edizione del 2018 ebbe la meglio la Russia. Per l’edizione successiva erano in lizza gli Stati Uniti che avevano rinunciato alla candidatura per il 2018, sicuri di strappare quella per il 2022. Ma al quarto e decisivo scrutinio, 14 voti su 22 (compreso quello di Platini) andarono al Qatar (e pochi mesi dopo, il 31 maggio 2011, il Qatar Investment Authority acquisterà il Paris Saint Germain).

Un esito sorpredente su cui fin da subito sono calate le ombre di tangenti. Gli Usa, paese in cui il soccer ha il più alto tasso di crescita al mondo e che stanno investendo molto sul campionato nazionale, la Mls, ambivano ad ospitare il Mondiale per dare la spinta decisiva al loro movimento . Per questo non hanno mai accettato lo “sgarbo”. Le pressioni sul vertice sulla Fifa hanno partorito però solo una commissione d’inchiesta interna guidata da Michael Garcia, un ex procuratore federale degli Usa. Il report però è stato secretato dalla Fifa che pur ammettendo alcune irregolarità, ha negato la corruzione nell’attribuzione dei Mondiali 2018 e 2022. A quel punto sono entrati in scena l’Fbi guidata da James Comey (predecessore di Garcia nel ruolo di procuratore a New York) e Loretta Lynch, segretario alla Giustizia del Governo di Barack Obama, che aveva già seguito il caso come capo della procura della corte federale di Brooklyn. A maggio 2o15 è infatti il tribunale di Brooklyn ad ordinare le 14 incriminazioni e gli arresti per riciclaggio, corruzione e frode eseguiti in Svizzera alla vigilia della quinta rielezione di Blatter. Arresti e incriminazioni che sono proseguiti ad intermittenza nei mesi successivi stringendo il cerchio intorno a Blatter e ai suoi (veri o presunti) sodali, soprattutto dirigenti della Fifa del Centro e del Sud America.

L’obiettivo degli Stati Uniti, spalleggiati dall’Inghilterra , è di fare piazza pulita nella governance della Fifa (solo nel caso della Concacaf, la Federazione calcistica del Nord America e della regione caraibica, sarebbero state pagate mazzette per oltre 100 milioni di dollari negli ultimi 24 anni, in cambio di sponsorizzazioni e diritti televisivi). Ecco perché sarà decisivo il voto di febbraio 2016. L’elezione del nuovo presidente Fifa e la scelta del paese ospitante per le prossime edizioni del Mondiale (l’evento sportivo più importante al mondo) peraltro si intreccia con questioni geopolitiche di ben altro spessore, ma che oggettivamente potrebbero avere una certa incidenza. Il torneo del 2018, intorno al quale pure sono stati sollevati dubbi di mazzette, pare messo in salvo dal nuovo ruolo assunto dalla Russia di Putin (strenuo difensore di Blatter) nello scacchiere internazionale con l’intervento anti-Isis (laddove l’embargo per la crisi Ucraina aveva messo all’angolo Mosca).

Nel mirino c’è perciò il Mondiale del Qatar (per il quale già nel 2014 l’Inghilterra di Cameron aveva offerto la propria supplenza) che ha in programma investimenti per 600 miliardi di dollari. L’emirato, pur finanziando da sempre frange islamiste, ha operato da tempo una scelta formalmente pro-occidentale prendendo parte alla coalizione in Libia e a quella promossa ora dall’Arabia Suadita contro l’Isis. Orientamento che alla fine potrebbe consentirgli di mantenere il primato di organizzare la prima manifestazione (calendarizzata per l’inverno del 2022) calcistica mondiale nella regione. Ecco perché il pronostico per il prossimo numero uno della Fifa oscilla tra il segretario generale della Uefa, lo svizzero Gianni Infantino, e Ali Bin al Hussein, principe di Giordania. Hussein, vicepresidente della Fifa, ha già sfidato Blatter a maggio, ha ottenuto l’endorsement di Washington (anche in virtù delle ottime relazioni diplomatiche con Amman) e della Uefa (meno chance hanno il francese Jérôme Champagne, il presidente della Federazione asiatica al Khalifa, principe del Bahrain e il magnate sudafricano Tokyo Sexwale). Legato anche alla famiglia regnante del Qatar la sua vittoria potrebbe saldare gli interessi Usa e quelli mediorientali, salvaguardando l’edizione 2022 e garantendo un nuovo corso a Zurigo in vista della selezione per il Mondiale 2026.

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