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Economia globale sulla rotta del Pacifico

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scenari geopolitici

Economia globale sulla rotta del Pacifico

Èprobabile che la Cina non tarderà a fare i passi più opportuni per non restare fuori dall’area di libero scambio tenuta a battesimo, lo scorso ottobre, col trattato trans-pacifico. Certamente, bisognerà vedere quale sarà l’esito delle elezioni presidenziali americane.

Ma intanto esistono le premesse per un’entrata, prima o poi, di Pechino nel Partenariato sorto fra le due sponde del Pacifico. Innanzitutto, sono stati confermati, nell’ultimo incontro alla Casa Bianca fra il presidente Xi Jinping e Barack Obama, gli accordi bilaterali economici e commerciali fra Cina e Usa. Tutti argomenti, questi, dei quali a lungo si è parlato nelle colonne di questo giornale, e che di sicuro terranno occupati i commentatori più autorevoli e gli economisti per le prossime stagioni; e si potrebbe senz’altro parlare di anni.

In secondo luogo la Cina si propone, con il lancio dell’iniziativa denominata «Nuova Via della Seta», di intensificare, man mano liberalizzandoli, i rapporti commerciali col resto dell’Asia a ogni latitudine, e di fare lo stesso tanto col Medio Oriente che con l’Europa. È vero che fra Pechino e alcuni paesi contigui sono risorti dei contenziosi di carattere territoriale, ma ciò non ha impedito finora che le relazioni d’affari continuino a svilupparsi con reciproci vantaggi. D’altra parte, l’obiettivo fissato dal nuovo Piano quinquennale (con cui Pechino punta a raddoppiare nel 2020 il Pil procapite, rispetto al livello del 2010, e a realizzare una «società moderatamente prospera») comporta il progressivo allineamento del gigante asiatico alle regole e agli standard del commercio internazionale, se Pechino vuole contare, su una crescita degli investimenti stranieri e l’attuazione di importanti progetti di cooperazione industriale.

Non si può comunque pensare che la Cina rimanga alla finestra di fronte all’avvento, intorno alle sue porte di casa, di un’area di libero scambio a cui partecipano, insieme agli Stati Uniti e al Giappone, altri dieci paesi e che annovera in complesso il 40 per cento del Pil mondiale.

Oggi che risulta perciò sempre più evidente l’importanza strategica ed economica dello scacchiere del Pacifico, vale la pena di ricordare che l’Impero del Sol Levante concepì, durante la seconda guerra mondiale, man mano le sue armate (già insediatesi in una parte della Cina conquistata fra il 1937 e il 1938) andavano occupando quasi tutti i possedimenti europei nell’Asia sud-orientale e miravano a estendere la loro offensiva all’India e all’Australia, l’ambizioso progetto di creare, sotto la propria egida, una vasta quanto ricca area mercantile e industriale che avesse per epicentro il Pacifico. Tokyo l’aveva chiamata «Sfera di coprosperità della Grande Asia», che la casta militare e gli “zaibatsu” (i principali gruppi finanziari e manifatturieri) avrebbero dovuto gestire con alcuni paesi “satelliti”.

Successivamente, non fu tanto per obiettivi di natura economica ma soprattutto per motivi di carattere eminentemente politico-ideologico (per bloccare l’espansionismo comunista dell’Urss e della Cina popolare) e di ordine militare (dalla guerra in Corea a quella in Vietnam) che gli Stati Uniti inclusero l’Asia nel loro campo d’intervento e di proselitismo.

Furono perciò alcuni paesi firmatari di un Patto per la sicurezza varato a suo tempo da Washington (come Filippine, Thailandia e Indonesia) a prendere l’iniziativa di promuovere, dalla fine degli anni Settanta, insieme a Singapore e alla Malesia, tramite l’Asean, un piano per lo sviluppo economico-sociale del Sud-Est asiatico, a cui si associarono poi altri partner (dal Vietnam nel 1984, al Laos nel 1995, alla Birmania nel 1997 e poi alla Cambogia). A partire dal 1994, era stata così avviata l’applicazione di una tariffa preferenziale comune, quale primo passo verso la realizzazione di un’area di libero scambio e l’eliminazione di tutte le barriere tariffarie (da completare entro il 2015) e s’erano intensificati i rapporti commerciali con Giappone, Australia, Stati Uniti e Canada.

La formazione di una vasta area economica trans-pacifica (giunta adesso a comprendere tre paesi latino-americani) è dunque una prospettiva che, sotto diverse insegne, si è delineata in più di un tornante nel corso del Novecento. E che nell’immediato futuro potrebbe includere pure la Cina sancendo così anche “un modus vivendi” sul versante politico fra Pechino e Washington.

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