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L’hub europeo del terrore

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jihad in belgio

L’hub europeo del terrore

Rispondendo a una domanda sulla fuga di Salah Abeslam, il “terrorista fantasma” ricercato per gli attentati di Parigi, il ministro belga dell’Interno, Jan Jambon, ha rilasciato una dichiarazione che assomiglia a un’ammissione di negligenza: «Il sostegno per i terroristi, nelle comunità, è maggiore di quanto pensassi. Se Salah ha potuto nascondersi per così tanto tempo è perché ha del sostegno nelle comunità».

È da tempo che il sostegno al jihadismo da parte delle frange più radicalizzate della comunità musulmana belga non è più un segreto. Per quanto la maggior parte dei musulmani europei siano nemici dell’Isis – e in Medio Oriente siano le prime vittime del fanatismo estremista - il caso delle persone arrestate tra domenica e lunedì in Belgio, sospettate di pianificare attentati a Bruxelles per la notte di Capodanno - conferma quanto si sapeva da tempo. Vala dire che il piccolo Belgio si conferma l’hub del jihadismo europeo, una sorta di fucina di aspiranti jihadisti ma anche di potenziali lupi solitari, e perfino un centro di smistamento di armi per chi gli attentati li vuole compiere. Il triste primato che si è guadagnato – il Paese europeo con il tasso più alto di foreign fighters per abitante – non sorprende. Se si contassero quanti arresti sono avvenuti negli ultimi due anni, si avrebbe un’idea di questo fenomeno.

Si tratti di jihadisti coinvolti in attentati in altri paesi, jihadisti di altri paesi che si sono recati in Belgio, oppure di armi fornite per gli attentati, il Belgio entra spesso nelle recenti cronache.

Molenbeek, un grande quartiere di Bruxelles, dove vivono 90mila persone e in alcune aree l’80% degli abitanti è musulmano, è ormai un mome noto. È qui che la polizia ha arrestato 5 persone tutte collegate ai tragici eventi del 13 novembre a Parigi. Anche in altri attentati islamici, quelli del gennaio 2015 sempre a Parigi, del maggio 2014 a Bruxelles, e del marzo 2004 a Madrid, Molenbeek era stato il luogo di residenza di alcuni dei responsabili. Ma non è il solo centro del radicalismo islamico. Anversa è particolarmente attiva. Per non parlare di Vilvoorde, centro di 40mila abitanti da cui sono partiti per Siria e Iraq dai 35 ai 45 aspiranti jihadisti. Un primato.

I media che hanno accusato il Belgio di avere un’intelligence inefficiente, arrivando a eticchettarlo come uno “Stato fallito”, che consente a i terroristi di muoversi a loro piacimento, hanno sicuramente esagerato. Le cause di questo fenomeno sono molteplici e complesse. La posizione geografica del Belgio, vicino a Gran Bretagna, Francia e Germania, ha sempre rappresentato un richiamo. Nel bene e nel male. Senza dubbio i servizi segreti del Belgio non si trovano allo stesso livello di efficienza dei suoi partner europei. Ma questa mancanza di “cultura dell’Intelligence” è dovuta anche al fatto che Bruxelles ha sempre fatto affidamento sui servizi segreti dei suoi potenti vicini, prima fra tutti la Francia. La sua Intelligence ha a dispozione meno mezzi e meno uomini della maggior parte dei Paesi europei.

Il disinteresse nei confronti delle periferie degradate mostrato dai tanti governi che si sono succeduti negli ultimi anni ha poi certamente alimentato la radicalizzazione. Se si aggiunge la complessità di un Paese in cui convivono diverse comunità, tra cui quella fiamminga e quella vallona, un Paese piccolo ma frammentato in 10 provincie e 589 consigli municipali che spesso, se non si parlano tra loro, si parlano troppo poco, si intuiscono le problematiche.

Probabilmente il fatto che il Paese abbia avuto - oggi meno - un welfare generoso, e che soprattutto sia stato aperto nei confronti dell’immigrazione (almeno fino a poco fa) ha aiutato . Il fatto che nel 2012/2013, un piccolo partito islamico, che puntava a far adottare la sharia per via referendaria, sia riuscito a insediare due suoi uomini nel consiglio comunale di Bruxelles e in altri comuni è un altro elemento di cui tener conto. Come lo sono le dimensioni della comunità musulmana (oltre il 6% della popolazione) , che tuttavia da tempo lamenta gravi discriminazioni. L’intolleranza dei partiti di destra fiamminghi ha poi riacceso il fuoco che covava sotto la cenere . Il piccolo Belgio si trova davanti a una grnade sfida. Ma, per quanto in Belgio siano maggiori, non è il solo paese europeo ad avere questi problemi.

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