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Il bazooka in sala cambi

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Scenari

Il bazooka in sala cambi

Il presidente della Bce ha parlato ai mercati usando il loro linguaggio più schietto: senza peli sulla lingua. Mario Draghi si è tolto l’abito del banchiere centrale per andarsi a sedere in sala cambi, tra i traders. Ma sfoderando il suo bazooka.

In tono pacato ma franco, il numero uno di Eurotowers ha elencato tutti quei focolai - e sono tanti - che tengono alta la tensione dei mercati in questo inizio anno, non risparmiandone nessuno ma anzi senza lontanamente sminuirne la portata destabilizzante e soprattutto l’accelerazione dell’ultimo mese: dalla minaccia di una spirale al ribasso dell’inflazione al crollo repentino del prezzo del petrolio che potrebbe insinuarsi alla lunga in altri prezzi, dalle incertezze sull’impatto che il rallentamento della crescita in Cina potrebbe avere su mercati emergenti e materie prime, allo smaltimento dei non-performing loans che è essenziale ma richiederà molto tempo, dai rischi geopolitici al pericolo di vedere compromessa infine la fiducia di consumatori e imprese. Dopo questa presa d’atto, Draghi ha impugnato il suo noto bazooka, e ha promesso che darà battaglia per spegnere i focolai che si materializzano a una velocità impressionante. Il tono era quello del “whatever it takes”: non ci arrendiamo.

Non c’è nulla di peggio, per mercati sull’orlo di una crisi di nervi, che dover dare fiducia a un pompiere che non vede gli incendi o non riconosce la gravità dei focolai e la velocità della fiamma. Non era questo Mario Draghi ieri.

Da oggi, inizia comunque la speculazione su quanti colpi ci sono in canna al bazooka. Il QE europeo è partito da quota 1.140 miliardi per 19 mesi, con acquisti mensili da 60 miliardi di titoli pubblici e privati: è stato già allungato di 6 mesi fino al marzo 2017, con ulteriore iniezione di liquidità per 680 miliardi spalmata fino al 2019. Gli importi mensili in futuro potrebbero essere ritoccati all’insù: un aumento da 60 a 90 miliardi appare meno irrealistico dallo scorso dicembre, da quando la Bce ha incluso nel paniere dei titoli acquistabili anche i bond emessi dagli enti locali, aumentando di un colpo il bacino tedesco di circa 200 miliardi. Altre ipotesi: una seconda estensione della durata (altri sei mesi?); l’abolizione della soglia del rendimento minimo dei bond acquistati (che può essere negativo ma non inferiore al tasso delle deposit facilities, depositi overnight presso la Bce); includere tipi di obbligazioni private societarie oppure cartolarizzazioni più audaci per aiutare le banche a fare spazio in bilancio per
nuovi crediti.

Finora la Bce ha realizzato acquisti netti di titoli pubblici italiani al ritmo di 7,1 miliardi al mese, per un totale che sfiora gli 80 miliardi. Alla fine di un ipotetico QE1 + QE2 + QE3 i BTp con vita residua compresa tra 2 e 30 anni presso la Banca centrale europea e la Banca d’Italia potrebbero orbitare attorno
ai 200 miliardi, il doppio
di quelli acquistati tramite il Securities markets programme al picco della crisi sul debito sovrano europeo.

Per il mercato dei titoli di Stato italiani, la prospettiva che il QE venga esteso ulteriormente nel tempo o ingrandito nelle dimensioni rappresenterebbe un sostegno esterno importante, per migliorare le condizioni del credito all’economia e per tenere sotto controllo il rischio-Paese: lo si è visto in questi giorni, quando il crollo a precipizio dei titoli azionari delle banche ha smosso sì lo spread tra BTp e Bund, ma in maniera contenuta rispetto al periodo pre-QE in estate con il ritorno di Grexit.

Se il freno resterà tirato sul PSPP questo lo si dovrà al vincolo degli acquisti ripartiti per Paese in base alla capital key (partecipazione al capitale della Bce ) che premia la Germania in surplus di bilancio quando invece il QE in Usa e Gran Bretagna è servito ad assorbire politiche fiscali espansive e deficit crescenti. Unicredit fa notare che l’Italia quest’anno godrà del minor beneficio tra tutti gli Stati coinvolti nel QE in termini di acquisti BCE in percentuale delle emissioni lorde di titoli di Stato. Ma c’è il lucchetto sulla capital key, ha fatto capire ieri Draghi.

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