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Litvinenko, Londra accusa Putin

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Europa

Litvinenko, Londra accusa Putin

Nessuna “prova provata”, nessuna smoking gun, ma un impianto di indiziario tale da convincere sir Robert Owen, e dopo di lui il premier David Cameron, a puntare il dito al cielo, ovvero al piano più alto del Cremlino. Alla luce delle testimonianze raccolte, alcune mai diffuse pubblicamente per ragioni di sicurezza, il giudice britannico, incaricato di presiedere la commissione d’inchiesta governativa sull’omicidio dell’ex spia del Kgb riparato a Londra Alexander Litvinenko, è stato netto.

«L’omicidio organizzato dall’Fsb (l’acronimo degli attuali servizi segreti russi n.d.r.) è stato probabilmente approvato direttamente dal responsabile della struttura Nikolai Patrushev e dal presidente Putin», ha scritto l’alto magistrato nel suo verdetto giunto dopo 34 udienze e decine di ore di testimonianze raccolte senza alcuna collaborazione da parte della Russia. E tanto è bastato al premier per parlare di «omicidio di Stato». I nomi dei due sicari sono noti da tempo essendo già stati indicati nell’indagine penale di Scotland Yard : Andrei Loguvoi e Dimitri Kovtun, legati al Fsb e oggi protetti dal governo russo. Loguvoi è stato eletto deputato e gode dell’immunità. Eppure risulta essere stato lui il più attivo della coppia inviata a Londra il primo novembre del 2006 per incontrare Alxander Litvinenko, collaboratore Boris Berezovskij, l’arcinemico di Vladimir Putin morto suicida in Gran Bretagna nel 2013.

L’incontro avvenne nel cuore di Mayfair, all’hotel Millennium di Grosvenor square a due passi dall’ambasciata d’Italia e da quella degli Usa, in un contesto quindi di elevata sicurezza. E, infatti, fu la cosa meno cruenta possibile: una tazzina di the che Alexander Litvinenko sorseggiò solo tre volte, prima di lasciare i suoi ospiti che con mogli, figli e codazzo di amici se ne andavano a vedere l’incontro di Champions League Arsenal-Cska Mosca allo stadio Emirates. Un abbraccio e via, con Alexander Litvinenko diretto a casa dalla moglie Martina che gli aveva preparato un piatto di pollo. «Pochi bocconi - ha ricordato la donna in aula – e stette male. Vomitò prima quanto gli avevo preprato poi acqua e liquidi...» . Il polonio 210, proveniente secondo l’inchiesta dai centri di produzione dell’isotopo radioattivo russi, stava facendo effetto, invadendo il corpo di un uomo di 43 anni che nel volgere di qualche ora perse tutti i capelli e morì, ma senza rinunciare alla sua vendetta. «Il mio omicidio – ebbe la forza di dire nel letto dell’ospedale –lo ha ordinato Vladimir Putin».

Sir Robert Owen ha aggiunto all’atto d’accusa della vittima un “probabilmente” che, in verità, riduce molto la portata del verdetto. Che potesse esserci la mano del Cremlino fu evidente il giorno stesso della morte di Litvinenko, quello che l’inchiesta avrebbe dovuto cancellare del tutto erano proprio i residui dubbi. Sir Robert è esplicito nello spiegare che l’impianto indiziario è articolato e univoco nell’indicare che lo «Stato russo è alle spalle dell’omicidio», ma è altrettanto evidente che non c’è – e forse non poteva essere altrimenti – la “pistola fumante” in mano agli inquirenti governativi, complice l’assoluta mancanza di cooperazione da parte di Mosca. Il giudice non esclude del tutto il ruolo eventuale della mafia russa, d’altra parte Alexander Litvinenko riteneva che il crimine organizzato moscovita avesse libero accesso alle segrete stanze del Cremlino. Parola di una spia. Agente di medio/alto livello nei ranghi del Kgb e dell’Fsb i cui vertici gli avrebbero chiesto di uccidere Boris Berezovskij. Sarebbe stato questo il motivo della sua fuga a Londra e della sua successiva disponibilità a collaborare con Mi6, servizi di Sua Maestà e anche con quelli spagnoli. I dettagli dell’azione di Alexander Litvinenko li ha svelati la moglie Martina, determinata a vedere inchiodati alle proprie responsabilità gli autori delitto, Vladimir Putin compreso. Nessuna sorpresa pertanto per l’appello rivolto ieri dalla donna a governo e parlamento britannici. «Chiedo che siano imposte sanzioni economiche contro la Russia e il blocco dei viaggi all’estero per individui specifici, incluso Putin», ha detto davanti all’aula dove è stata depositata la relazione di sir Robert Owen.

La reazione del Foreign Office è stata immediata con la convocazione dell’ambasciatore Alexander Yakovenko e la richiesta di estradizione dei due autori materiali del delitto. Il diplomatico ha replicato con poche, sentite parole. «È inaccettabile che il rapporto indichi il coinvolgimento dello Stato russo nella morte di Alexander Litvinenko sul territorio britannico»: un epitaffio sulle relazioni anglo-russe da tempo ai minimi termini nonostante le strettissime liaison economiche. Il pallino ora è nelle mani del premier David Cameron. A Westminster il governo sarà incalzato a imporre sanzioni che potrebbero davvero far esplodere il contesto delle relazioni bilaterali. Già ieri il premier ha definito la vicenda «assolutamente scioccante» e ha confermato che l’inchiesta «ha riaffermato il nostro convincimento... L’omicidio è stato autorizzato dai più alti livelli dello Stato russo. Non è questo il modo in cui si comporta un membro permanente del consiglio di sicurezza dell’Onu». La Russia ribadisce che tutto questo «è semplicemente il teatro dell’assurdo» .