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Quel legame ambiguo fra Inghilterra e Russia

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Scenari

Quel legame ambiguo fra Inghilterra e Russia

Il Grande Gioco questa volta è andato oltre la volontà stessa dei protagonisti. Degli attori britannici, almeno, impegnati in tutti i modi e per anni, a evitare le conseguenze diplomatiche che una commissione d’inchiesta avrebbe potuto innescare, giungendo alle prevedibili conclusioni a cui è, in effetti, giunta con il report sulla morte di Alexander Litvinenko.

Ritornare con la mente alle dinamiche del Great Game ottocentesco che oppose, sulla scacchiere dell’Asia centrale le ambizioni zariste a quelle dell’impero britannico, è esercizio tanto banale quanto inevitabile.

La relazione fra Londra e Mosca rimane ancora oggi straordinariamente complessa e pericolosamente ambigua, segnata com’è dall’ipocrisia del contrasto fra le esigenze del realismo politico - nei due pilastri economico e diplomatico - e quelle dettate dalle regole delle democrazie occidentali.

La volontà del governo conservatore di David Cameron di evitare gli imbarazzi di un’inchiesta che avrebbe messo a nudo il ruolo del Cremlino nell’affaire s’è infranta contro il corpo minuto di una donna, Marina Litvinenko, decisa a svelare i retroscena di quello che – è stato fatto notare - «è il primo morto in un attacco atomico» dopo le vittime di Nagasaki.

La determinazione della vedova di Alexander s’è innescata sulla crisi Ucraina e, dopo l’abbattimento del jet delle linee aeree malesi, ha spinto il governo di Londra a rinunciare alle cautele.

Gli obblighi del sistema democratico sotto la spinta dell’opinione pubblica hanno imposto la trasparenza di una commissione d’inchiesta.

Il verdetto di ieri potrebbe avere strascichi importanti se le richieste di sanzioni verso Mosca, sollecitate ancora una volta da Marina Litvinenko, saranno raccolte dai deputati d’opposizione a Westminster per mettere in difficoltà il premier britannico. Resta da vedere se David Cameron si barricherà dietro l’avverbio - “probabilmente”- che mina la solidità e la portata dell’accusa a Vladimir Putin e alla prima linea dell’Fsb.

Una residua incertezza, un ultimo velo sul mistero chiarito, eppure non del tutto provato, che resta episodio macroscopico in una sequenza di fatti degni del lettino di un analista. A conferma, per chi avesse residui dubbi, del rapporto da psicolopatologia delle relazioni bilaterali che lega e divide Mosca da Londra.

L’insofferenza inglese verso Vladimir Putin è tanto evidente quanto la “dipendenza” - reciproca in verità - dall’interesse economico. La si è misurata non solo nel corso della crisi Ucraina, ma anche in Siria dove il rapporto con il “quasi” alleato resta a dir poco complesso. La reazione gelida messa in scena ieri da Mosca conferma l’ovvio: il Cremlino non apprezza che il nome del presidente sia assimilato – seppure con ragionevole probabilità – a quello di un mandante mafioso che ordina di eliminare il nemico di turno.

Resta ora da capire che cosa accadrà al cotè economico della liaison particolare Londra-Mosca. Se il Tamigi in questi anni ha ospitato storici nemici di Vladimir Putin – a cominicare da Boris Berezovskij – molti dei quali morti in circostanze sospette, ha anche aperto l’uscio al cerchio magico del presidente. Roman Abramovich per primo, ma non solo.

Rublo non olet? Attorno al Big Ben senza dubbio alcuno, anche a costo di acrobatiche (dis)avventure finanziarie. L’epopea di Bp resta il paradigma. La joint venture Tnk-Bp che costrinse l’allora ceo Bob Dudley a fuggire da Mosca per il timore di essere arrestato è la metafora di un rapporto dettato dall’interesse comune, ma ammaccato dalla divaricazione politica.

Oggi Bob Dudley è ceo di Bp, colosso dell’energia britannico, che detiene il 20% di Rosneft, il gigante del petrolio pubblico russo nato dalle ceneri della Yukos di Mikhail Khodorkovkskj. L’eterno nemico di Vladimir Putin in questi mesi è riapparso, e forse non a caso, nel quadrilatero Mayfair-Kensington-Belgravia- Knightsbridge.

Dalle steppe il Grande Gioco anglo russo si trasferisce sotto forma di una delicato alleanza energetica fra i ghiacci dell’Artico, oppure ritrova ambigua forma fra i cieli di Siria e Iraq, ma due secoli dopo continua a segnare le mutate ma ugualmente irrisolte relazioni fra due Imperi che furono .

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