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Il Montenegro cerca risorse in Adriatico

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Di fronte alla costa barese e brindisina

Il Montenegro cerca risorse in Adriatico

Il Montenegro ha deciso di cercare il petrolio in Adriatico, di fronte alla Puglia e alle isole Tremiti. E intanto la Croazia fa il contrario, fa marcia indietro sulla ricerca di metano e greggio nel mare.

Il mese scorso il ministero dell’Economia del Montenegro (ministarstvo Ekonomije Crna Gora) ha aperto la consultazione pubblica sul piano strategico del Governo per sfruttare i giacimenti in Adriatico tra le Bocche di Cattaro, davanti a Budua e Dulcigno. Di fronte alla costa barese e brindisina.

Il documento di riferimento si chiama Programma di ricerca e sfruttamento di giacimenti di idrocarburi nel mare del Montenegro («Program istraživanja i proizvodnje ugljovodonika u podmorju Crne Gore»), una trentina di pagine accompagnate dai documenti correlati di impatto ambientale e note tecniche per le compagnie petrolifere e per i cittadini che vorranno esprimere il loro parere sul programma. Il tempo per rispondere al piano montenegrino e per offrire suggerimenti e osservazioni è il 25 febbraio. Con ogni probabilità, com’era avvenuto un anno fa con la Croazia, i comitati nimby italiani si faranno avanti inviando al Governo di Podgorica le contestazioni contro il programma montenegrino.

L’area di mare interessata è stata divisa in tredici quadratoni ciascuno con lati di una ventina di chilometri, estesi soprattutto davanti alla costa meridionale del Paese al largo di Dulcigno. Sono previste le classiche ricerche geologiche con il ricorso all’air gun, il dispositivo che produce l’esplosione di bolle d’aria nel mare in modo che, percuotendosi sul fondale, l’eco del sottosuolo possa far capire che cosa c’è in profondità nelle rocce. L’air gun disturba i cetacei (come delfini e balene), di cui quel tratto di Adriatico è assai popolato.

Sarà difficile che il programma montenegrino venga realizzato a breve, poiché le compagnie petrolifere in questo periodo di prezzi bassissimi del greggio hanno scarsa propensione a investire nella ricerca di nuovi giacimenti di valore oggi modesto.

I licenziamenti fra il personale e i fallimenti di molte piccole società petrolifere impegnate nelle attività con lo shale oil negli Stati Uniti sono un termometro molto efficace della riduzione degli investimenti.

Invece le compagnie dalle spalle più larghe, che hanno la capacità di impostare oggi il futuro con i tempi lunghi di programmazione che richiede il settore energetico, potrebbero essere interessate al programma del Governo di Podgorica, prenotandosi già ora i giacimenti da sfruttare però quando il greggio li renderà più appetitosi.

La Croazia ha seguito, ma con un anno d’anticipo, lo stesso percorso che oggi segue il Montenegro confinante. I due Paesi avevano anche avuto dubbi su come suddividere in modo corretto il mare che fronteggia la costa dalmata, e i programmi avevano avuto un ritardo.

Ora la Croazia, dopo aver bandito la gara e avere assegnato alcuni blocchi di Adriatico a diverse compagnie (tra le quali l’italiana Eni) pensa di «proclamare una moratoria al progetto di esplorazione ed estrazione degli idrocarburi», ha annunciato ieri il premier incaricato Tim Oreskovic nella presentazione del programma di governo in Parlamento.

In Italia nel frattempo si sta sopendo la polemica per il permesso dato dallo Sviluppo economico alla compagnia irlandese Petroceltic perché possa in futuro cercare giacimenti in acque internazionali al largo del Molise e delle isole Tremiti, programma che, se verrà realizzato quando i prezzi del greggio lo renderanno fattibile, prevede una procedura pubblica corredata con una valutazione di impatto ambientale del ministero dell’Ambiente. Per ora (e forse per anni) nessuna compagnia sta programmando esplorazioni nel sottosuolo al largo delle Tremiti né in Adriatico.

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