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L’Italia migliora ma resta in fondo alla classifica Ue

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L’Italia migliora ma resta in fondo alla classifica Ue

  • –di D .St.

Nel 2015 l’Italia ha guadagnato un punto nella classifica mondiale sulla percezione, passando dal 69° al 61° posto, ma il suo punteggio (44 su 100) resta comunque il peggiore, dopo la Bulgaria, nella Ue e, a livello globale, la pone sullo stesso piano di Lesotho, Sen egal, Sudafrica e Montenegro. È quanto emerge dal Rapporto di Transparency international sulla corruzione nella pubblica amministrazione, la cui misurazione coinvolge 168 Paesi nel mondo. I più virtuosi sono quelli scandinavi, Danimarca, Finlandia e Svezia, seguiti da Nuova Zelanda, Olanda e Norvegia; mentre i più corrotti sono Somalia e Corea del Nord.

«Non sono dati positivi: l’Italia resta un Paese con un livello di corruzione molto alto ma i dati sono confortanti perché per la prima volta c’è un’inversione di tendenza», commenta il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone, durante la presentazione del Rapporto, a Roma, nella sede di Unioncamere, dove è stato firmato un protocollo d’intesa tra Anac e Transparency Italia per promuovere iniziative sui temi della trasparenza, dell’integrità e della lotta alla corruzione. A chi gli faceva notare i grossi passi avanti di altri Paesi, come la Romania, Cantone ha risposto suggerendo «cautela», anche alla luce delle sue visite in molti Stati europei dove ha potuto verificare che «molti non mettono in campo nulla. I risultati eclatanti non durano – ha osservato - serve un cambiamento dal basso. Ricordiamoci che cosa è accaduto nel 1992: tagliate le teste alte, tutto è tornato come prima». Al contrario, bisogna procedere «con gradualità» e se nel 2015 «si è fatto moltissimo in termini assoluti ma pochissimo nei risultati» adesso bisogna puntare al «cambiamento della mentalità della società civile» e il 2016, secondo Cantone, sarà un anno «fondamentale» perché ci sarà il Codice degli appalti e la digitalizzazione del Paese che consente di evitare rapporti personali.

Anche per Ivan Lo Bello, presidente di Unioncamere, un «aiuto importante» al contrasto alla corruzione verrà dall’agenda digitale che «nel giro di un paio d’anni» cancellerà il rapporto «fisico tra imprese e Pa e tutto passerà attraverso una piattaforma digitale», per cui «la tracciabilità renderà quasi impossibile mettere in campo condotte corruttive».

«La strada è ancora molto lunga e in salita ma con la perseveranza i risultati si possono raggiungere» ha osservato il presidente di Transparency Italia, Virginio Carnevali, ricordando tra l’altro il testo appena approvato dalla Camera sul whistleblowing, cioè sulle segnalazioni. A questo proposito Cantone si è rammaricato della quantità «enorme» di esposti anonimi che l’Anac riceve e che «vanno usati come extrema ratio», mentre sarebbero uno strumento utile se fossero firmati, fermo restando che sarebbe sbagliato prevedere meccanismi premiali per chi denuncia «perché dare un prezzo alla collaborazione» non contribuisce a far cambiare mentalità.

Il Rapporto di Transparency fa dire al M5S che «le politiche dell’attuale governo si stanno rivelando totalmente fallimentari» mentre per Donatella Ferranti, presidente Pd della commissione Giustizia della Camera, «l’inversione di tendenza è inequivocabile» anche se c’è ancora molto da fare, a cominciare dalla riforma della prescrizione. Lo dice anche l’associazione Libera, secondo cui la politica «mostra eccessi di prudenza, occorre più nettezza per recidere i legami tra mafia corruzione e politica». Il segretario della Uil Carmelo Barbagallo è tranchant: «Sulla corruzione siamo un paese da terzo mondo».

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