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La fase nuova di Renzi si gioca sulla crescita

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La fase nuova di Renzi si gioca sulla crescita

Per il premier Matteo Renzi il traguardo dei due anni di governo coincide in pratica con il primo dei due incontri destinati a pesare molto sul resto del suo percorso “di legislatura” in vista delle elezioni politiche del 2018. Ieri, a Berlino, la cancelliera Angela Merkel. Presto, a Roma, il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker. Si chiude una stagione, quella arrembante del ciclone-Renzi che conquista la guida del Governo e la accredita in Europa con il grande successo alle elezioni del 2014, e se ne apre un’altra. Continua pagina 6

Quella della duplice scommessa: portare l’Italia, ancora in ritardo e a corto di competitività sistemica, sulla strada di una crescita stabile e collocare la seconda potenza industriale d’Europa nel circolo molto ristretto dei paesi-leader indiscussi. Storicamente e nei fatti, la coppia Berlino-Parigi che, declinata sul ponte di comando europeo, si specchia oggi nel nome e nel cognome del (lussemburghese) presidente della Commissione con il quale Renzi, ricambiato, ha aperto un contenzioso che non ha precedenti nei rapporti con Bruxelles.

Non bastassero i problemi di contesto generale (prezzo del petrolio, crisi cinese, tensione Usa-Russia, Medio Oriente ad alta tensione e venti di guerra in Libia), i due obiettivi della scommessa renziana (crescita e leadership assieme a Germania e Francia) sono strettamente legati e tutti e due impattano a loro volta sulla corsa del premier italiano, per il quale si prospetta un calendario nazionale di ferro. Dal test politico amministrativo (a partire da Roma e Milano), al referendum sulla riforma costituzionale (se perde ha detto che lascerà la politica). Per finire alla legge di Stabilità per il 2017 che si annuncia molto complicata dovendo partire dal disinnesco delle clausole di salvaguardia fiscali per 15 miliardi.

Senza la crescita, va detto con chiarezza, l’Italia non va da alcuna parte. Ieri il presidente del Consiglio ha incassato la rinnovata approvazione di Angela Merkel per la strategia delle riforme e in particolare per il Jobs Act. Ma alla Cancelliera sta a cuore che venga sbloccato subito il dossier Turchia-rifugiati che vale 3 miliardi e per il quale serve il sì italiano. Renzi è d’accordo, però chiede che la Commissione si pronunci sullo scomputo della quota di Roma dal patto di stabilità. Questione che riporta al generale tema della flessibilità di bilancio come da direttiva di un anno fa, su cui le interpretazioni divergono. Tra Renzi da una parte e la Commissione (e di fatto la Germania) dall’altra, anche se la Cancelliera ha spiegato che sarà la Commissione a decidere.

Il premier ha mantenuto la sua posizione critica sul punto della flessibilità e sul senso di marcia – basta austerity- della politica economica. Di questa coerenza gli va dato atto e non era affatto scontato vedere un capo del governo italiano, a Berlino, rimarcare che ci sono anche punti chiari di divaricazione tra Italia e Germania. Ma è evidente che la sua duplice scommessa (anche per non vedere erosi i consensi politici) poggia su una ripresa solida, la sola in grado di determinare la flessione promessa del debito pubblico italiano in rapporto al Prodotto interno lordo (il secondo più alto in Europa alle spalle della Grecia) dopo 7 anni consecutivi di lievitazione. E non aiuta certo un’inflazione bassissima, ancora oggi ben sotto quell’1% atteso dal Governo per il 2016.

Tra pochi giorni, la Commissione europea renderà note le sue nuove previsioni che faranno poi da sfondo al prossimo incontro di Renzi con Juncker. Cifre alla mano, inizia comunque una fase nuova.

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