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Una partita ancora aperta

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Una partita ancora aperta

Non si potevano attendere né pretendere miracoli dall’incontro tra due leader europei sballottati, sia pure ciascuno in modo diverso, dall’Europa delle policrisi. Entrambi in perdita di smalto tra le mura di casa, anche per colpa di quell’Europa: perché o troppa o troppo poca. Il pranzo a Berlino tra Angela Merkel e Matteo Renzi non è stato galeotto di intese nuove e inaspettate. Ma nemmeno dei fuochi di artificio che, al vertice Ue di dicembre, avevano visto il nostro premier attaccare a testa bassa la politica europea del cancelliere e della Commissione. Continua pagina 6

Quello di ieri non è stato il tête-à-tête delle ritrovate affinità elettive ma piuttosto il tentativo di una civile ricucitura di dialogo business-like, nella piena consapevolezza dei capitoli di mutuo dissenso pendenti. Nell’Unione che si rinazionalizza, centellina la solidarietà e fugge la condivisione di tutti i rischi, è probabilmente il miglior risultato cui si poteva aspirare.

Ancora una volta Merkel ha lodato le riforme di Renzi che rappresentano «un contributo molto importante al futuro dell’Italia e dell’Europa» ma sulla flessibilità, da mesi invocata dal premier, ha opposto un muro di gomma: «Non mi immischio, spetta alla Commissione decidere. Al Consiglio europeo ci limitiamo a prenderne atto». Quando poi il cancelliere ha insistito sull’urgenza che l’Italia sblocchi il pacchetto da 3 miliardi di aiuti alla Turchia, per fermare il flusso dei rifugiati, è stata ripagato con la stessa moneta: «Nessun problema, siamo sempre disponibili. Aspettiamo soltanto le risposte di Bruxelles ad alcuni precisi quesiti, tra l’altro circa la computazione di questi soldi».

Anche sul fronte turco, dunque, in ballo c’è sempre la flessibilità. Un punto sul quale Renzi non è intenzionato a cedere. Ricordando tra l’altro che la flessibilità rientra tra le condizioni dell’accordo interpartitico siglato all’europarlamento per eleggere Jean-Claude Juncker alla testa della Commissione Ue. La verità è che Italia e Germania oggi inseguono modelli di sviluppo e di Europa diversi e spesso contrapposti: a Roma la stabilità dei conti è importante tanto quanto la crescita economica, senza la quale il debito diventerebbe prima o poi insostenibile. A Berlino invece la stabilità (degli altri) fa premio su tutto, è conditio sine qua non per proseguire insieme sulla strada dell’integrazione, in quanto elimina alla radice il pericolo della mutualizzazione dei rischi. Anche se sono i due maggiori Paesi manifatturieri della Ue, Germania e Italia non hanno le stesse idee nemmeno su politica industriale e commerciale: Merkel ieri è tornata ad aprire sulla concessione alla Cina dello status di economia di mercato, quando l’Italia guida da sempre in Europa il fronte del rifiuto, per i contraccolpi negativi che ne deriverebbero all’industria continentale. Renzi ha ragione a dire che oggi Parigi e Berlino da sole non possono risolvere la crisi europea ed è anche comprensibile che cerchi di uscire dall’isolamento e provi a colmare un vuoto di leadership non solo indicando la sua via al rilancio ma cercando di trovare una sponda nella Germania della Merkel. Che al momento si trova a corto dei tradizionali alleati con la Francia di Hollande amorfa e risucchiata nella guerra al terrorismo, la Spagna di Rajoi fuori dai radar dopo le elezioni di dicembre e la Polonia di Kazcynski diventata un interlocutore ostico, se non apertamente ostile.

Renzi ha ragione ma è difficile costruire alleanze quando si diverge su molti interessi e altrettante ambizioni. Complice la crisi dei rifugiati ma non solo, il Nord Europa oggi sta progettando non di rinsaldare l’Unione ma di spaccarla per chiudere fuori dalla sua porta i problemi che a 28 ritiene insolubili. La minaccia di espulsione della Grecia da Schengen è un segnale eloquente. L’Italia deve restare al centro dei giochi europei per non ritrovarsene prima a poi emarginata. Ma la sua offensiva oggi non può che brillare in difesa. Dietro il baluardo del dialogo costruttivo, e non antagonista, con la Germania.

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