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Il traino di Eni per le aziende italiane

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Il traino di Eni per le aziende italiane

Che il ruolo di Eni sia strategico nel paese lo si evince già dalle dichiarazioni che, ieri, hanno accompagnato la prima delle tre tappe della missione del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, in quello spicchio d’Africa. «Abbiamo discusso soprattutto di società come Eni, che è presente in Nigeria da oltre 40 anni, e del ruolo che ha giocato nella ricerca e nello sviluppo delle nostre risorse petrolifere», ha spiegato il presidente nigeriano Muhammadu Buhari, al termine del confronto. «Considero molto positiva la possibilità di crescita negli investimenti in energia, petrolio e gas, soprattutto con Eni, ma anche nelle infrastrutture e nella logistica», gli ha fatto eco il premier italiano.

Non è un caso, quindi, che, ad accompagnare Renzi in questo nuovo tour africano, ci sia proprio il numero uno di Eni, Claudio Descalzi, che quel continente lo conosce a menadito. E non solo perché il gruppo che guida è divenuto il primo produttore internazionale in Africa (da lì arriva oltre la metà della produzione totale di greggio e gas naturale di Eni), ma perché lui stesso vi ha trascorso buona parte della sua carriera prima di approdare ai vertici del Cane a sei zampe, Nigeria inclusa. Dove, nel 1998, Descalzi fu nominato vice chairman & managing director di Naoc (Nigerian Agip Oil Co. Ltd), il braccio locale di Eni, la cui costituzione, nel 1962, rappresenta il primo approdo del gruppo nel paese.

Oggi la produzione di idrocarburi in quota Eni viaggia sui 137mila barili di olio equivalente al giorno e il gruppo opera in Nigeria, nelle aree onshore e offshore del delta del Niger, suddivise tra gli Stati di Bayelsa, Rivers, Imo e Delta, attraverso le sue consociate: oltre alla Naoc, ci sono Nae (Nigerian Agip Exploration) e Aenr (Agip Energy and Natural Resources). Alle attività industriali si affianca poi l’impegno a supporto delle oltre 330 comunità, che ruotano attorno al delta del Niger, in vari settori (dalle infrastrutture all’istruzione, dall’assistenza sanitaria all’accesso all’energia, solo per citarne alcuni) con uno sforzo che, nel solo 2015, ha raggiunto i 14,7 milioni di investimenti per lo sviluppo del territorio in quota Eni.

Una presenza rimasta stabile nonostante le attività delle major oil nel paese (oltre a Eni, ci sono anche Shell, Chevron e Total) siano sottoposte sempre più di frequente ad atti di sabotaggio sulle pipeline (il fenomeno prevalente, che va sotto il nome di “bunkering”, è quello dei furti alle tubazioni, perforate di continuo da bande criminali). L’ultimo incidente si è registrato nei giorni scorsi a un piccolo oleodotto dell’Agip che è stato fatto esplodere giovedì notte, nella parte meridionale dello Stato di Bayelsa, costringendo a uno stop dell’attività per tre giorni con una perdita quotidiana di 16mila barili di olio equivalente.

Anche in Ghana la presenza di Eni, che è sbarcata nel paese nel 1960, quando fu creata la Ghana Oil Company Limited (Goil), è ormai consolidata. E il gruppo, dopo aver condotto diverse attività negli anni ’60 e ’70, è rientrato nel paese nel 2009 operando nell’offshore in acque profonde. Attualmente il tassello cruciale di Eni Ghana è rappresentato dallo sviluppo integrato di oil e gas nei campi di Sankofa, Sankofa East e Gye Nyame, all’interno della licenza di sviluppo Octp (Offshore Cape Three Points), di cui Eni è operatore con una quota del 44,4 per cento. E, come per la Nigeria, l’Eni ha avviato anche in Ghana un programma a medio e lungo temine di sostegno delle comunità con il coinvolgimento degli stakeholder locali.

L’Eni non è però l’unico big della penisola nell’area che annovera altri nomi, tra cui figurano Saipem e Salini Impregilo. Anche l’azienda guidata da Stefano Cao è arrivata in Nigeria sin dalla metà degli anni ’60 tramite le sue consociate (Saipem Contracting Nigeria Ltd e Saipem Nigeria Ltd), con uffici a Lagos, un cantiere di fabbricazione a Rumuorlumeni, a circa 10 chilometri dalla città di Port Harcourt, tra i più importanti di tutto il continente africano, e due basi logistiche a Onne e Warri, e con una strategia imperniata su investimenti a lungo termine, partnership con azienda locali, impiego di personale locale (nel paese la società conta circa 4500 dipendenti, di cui l'89% del posto) e approvvigionamento di materiali e servizi in loco.

Quanto a Salini Impregilo, il gruppo è presente in Nigeria dal 1961 con le controllate Impresit Bakolori e Pgh Nigeria Ltd e ha ultimato opere idrauliche (soprattutto dighe e reti idriche), infrastrutture stradali e aeroportuali, nonché lavori di edilizia civile per un totale di 4,6 miliardi di dollari (4,2 miliardi di euro). Dal 2000, poi, l’altra controllata del gruppo guidato da Pietro Salini, Salini Nigeria, ha avviato le sue attività nel paese, mettendo in cascina vari progetti (per un valore pari a 2 miliardi di euro) e divenendo così uno dei maggiori general contractor operanti in quella parte di Africa.

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