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Pitruzzella vuole un Antitrust che valorizzi l’innovazione

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Italia

Pitruzzella vuole un Antitrust che valorizzi l’innovazione

Un ritratto di famiglia. O meglio, una riunione di autocoscienza fra regulators. È ciò che hanno offerto ieri, in una sala della Luiss di Roma, tre past presidents dell’Antitrust (Giuliano Amato, Giuseppe Tesauro, Antonio Catricalà) più l’attuale Garante, Giovanni Pitruzzella, riuniti intorno a un tavolo per celebrare i 25 anni di vita dell’authority.Ma anche per discutere la tesi, volutamente provocatoria, di un libro di Alberto Pera e Marco Cecchini: la battaglia per introdurre gli enzimi della concorrenza nel sistema economico italiano , alla fin fine, è solo una “rivoluzione incompiuta”?

Perchè di sicuro, come ha ricordato il rettore dell’Università Massimo Egidi, la parola concorrenza nella nostra Costituzione non c'è, anche se Luigi Einaudi aveva proposto vi si scrivesse che «la legge non è strumento di formazione dei monopoli». E quando, come ricordano nel libro gli autori, nell’ottobre del 1990 fu licenziata dal parlamento la legge 287 che recava «Norme per la tutela della concorrenza e del mercato» e istituiva l’Authority a ciò deputata , praticamente non esisteva nel paese alcuna cultura della concorrenza, Amato ha più volte scritto che «la legge antitrust italiana fu un caso di norma volta a cambiare la cultura di un paese più che a registrarne i mutamenti avvenuti». Ieri, nel rendere testimonianza a figure centrali per lo sviluppo di questo cambiamento culturale anche in Italia (il ministro dell’Industria Adolfo Battaglia, l’economista Franco Romani) Amato ha ricordato anche che a quell’epoca molti pensavano ancora che regolare le concentrazioni non è qualcosa da affidare a un’autorità perchè è un compito che spetta alla politica e perchè ci si deve necessariamente fermare di fronte al primato dell’interesse nazionale.

E oggi? Nel libro, che dà conto minuziosamente delle diversità di stile e di interpretazione della vita istituzionale fornite nell’arco di questi venticinque anni da ciascun Garante, ci sono dei dati che fanno riflettere: così si cita l’Ocse, che registra l’avvenuto miglioramento (nel periodo 1998- 2013) sotto il profilo del grado di restrizione regolamentare. Ma si rimarca che dal punto di vista della «proprietà, controllo e coinvolgimento» dello Stato nell’economia delle barriere al commercio e agli investimenti, della regolazione e dei trasporti, delle comunicazioni, dei servizi professionali e del commercio, l’Italia staziona ancora nelle posizioni di coda. Invece, si osserva nel volume, i settori nei quali l’Italia ha fatto più progressi e che concorrono ad alzare la performance media della nostra politica di tutela della concorrenza sono quelli dell’energia e delle telecomunicazioni, dove la liberalizzazione è andata più avanti che in altri paesi a noi vicini.

Alle questioni poste dal libro ha risposto l’attuale Garante, Giovanni Pitruzzella. Il quale ha rimarcato come per valutare le caratteristiche di un’azione antitrust in una fase storica si debba tener conto di tre elementi: l’evoluzione del ciclo economico, le idee dominanti al riguardo e il rapporto con l’Europa. Dopodichè, Pitruzzella ha ricordato che alla fine del 2011 la stagione attraversata dal Paese era davvero dura: c’era lo spettro dell’insolvenza e quello di una recessione senza fine. E bisognava chiedersi che cosa può essere l’Antitrust in tempi di crisi, a cosa serve una politica di tutela del mercato, quando le fabbriche chiudono e il Pil ristagna. La scelta realizzata dall’Antitrust in quel periodo, ha affermato Pitruzzella, è stata innanzitutto quella di rafforzare al massimo il collegamento con la Commissione europea e di fare network con le altre autorità europee, anche allo scopo di rafforzare gli aspetti di enforcement. Dove intervenire? Nei campi in cui il rischio è che si blocchi l’innovazione. «È un grande piacere notare come Telecom stia cambiando tutti i suoi modelli e la sua organizzazione per quanto riguarda la rete, in ottemperanza alle nostre decisioni», ha esemplificato, con riferimento alla sanzione da 103 milioni irrogata alla compagnia telefonica nel 2013 e in seguito confermata sia dal Tar che dal Consiglio di Stato.

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