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Il realismo dei mercati toglie alibi all’Europa

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IL COMMENTO

Il realismo dei mercati toglie alibi all’Europa

Tra la tragedia di Aleppo e quella di Atene corre un filo che rischia di scrivere la tragedia europea. Cinquantamila nuovi disperati in fuga da bombe e morte in Siria premono alle frontiere della Turchia. Si aggiungono ai 2,5 milioni che già vi risiedono, pronti a tentare la via del mare per raggiungere la Grecia e da qui risalire attraverso i Balcani verso il Nord dell’Unione.

Germania la meta preferita. Prostrata dalla crisi economico-finanziaria, da tensioni sociali e rigore senza fine in cambio degli aiuti europei per la sopravvivenza, la Grecia corre verso l’isolamento geo-politico. Ufficialmente tutti, governi e Commissione Ue, si sbracciano per negarlo ma i mercati li smentiscono spudoratamente.

Il crollo della Borsa di Atene ieri è un segnale inequivocabile della crisi di fiducia nel Paese e nel suo futuro europeo: fuori da Schengen e fuori dall’euro.

Dopo la pausa estiva, il rischio Grexit torna a colpire con carica doppia. Virtualmente letale. Ma la tempesta sui mercati non risparmia nessuno, tanto meno l’Italia.

Chi salverà la Grecia questa volta? E chi salverà l’Europa da se stessa?

Nel week-end i ministri degli Esteri Ue, insieme a quelli non–Ue dei Balcani, hanno discusso di rinforzi da inviare ai confine greco-macedone per sigillarlo chiudendo la strada ai profughi in arrivo da Sud.

La Macedonia ieri ha annunciato il raddoppio del reticolato di 30 chilometri che la separa dalla Grecia. Che dunque potrebbe diventare un immenso campo profughi abbandonato al proprio infausto destino tra l’indifferenza di chi continua a spacciarsi come partner ma si comporta altrimenti con l’alibi - come potrebbe mancare? - della comprovate lacune elleniche su controllo e gestione delle frontiere nazionali, che sono anche europee.

Ma chi oggi nell’Unione è a prova di reprimende su questo fronte?

«Presa in mezzo tra la crisi politica di Angela Merkel in Germania e le promesse, finora vacue, della Turchia di Tayyip Erdogan di limitare il flusso dei rifugiati, la Grecia potrebbe finire stritolata dalle altrui inadempienze più che dalle proprie.

Nel tentativo di rintuzzare in casa le crescenti contestazioni della sua politica della porta aperta e fermare il suo continuo calo di popolarità alla vigilia di tre importanti elezioni regionali, il cancelliere ieri è andato ad Ankara, per un secondo incontro con i turchi in meno di un mese, questa volta con in tasca tre miliardi sonanti di aiuti Ue.

Per ora la Turchia non sembra precipitarsi a fermare i flussi per fare un favore all’Unione: sono partiti in 900mila l’anno scorso riversandosi in Grecia per poi risalire verso la Germania. Né l’inverno ha finora rallentato le partenze.

Forse anche per questo Merkel e il premier turco hanno annunciato ieri che giovedì, alla riunione dei ministri della Difesa atlantici, chiederanno il supporto della Nato per sorvegliare l’Egeo.

Più passa il tempo nella sostanziale inazione e più la crisi rischia di sfuggire di mano. Insieme alla tenuta dell’Europa. Alla quale tutti, paradossalmente, chiedono concessioni, nazionali naturalmente.

La Merkel ne ha bisogno dall’Unione, dai sui vicini e dalla Nato per restare salda in sella. L’inglese David Cameron per evitare Brexit. Il francese Francois Hollande per tornare ad esistere politicamente. L’italiano Matteo Renzi per ottenere maggiori margini di manovra sul bilancio. Idem per Portogallo e Grecia, mentre la Spagna tenta tra mille difficoltà di formare il nuovo Governo. L’Austria rivendica 600 milioni per coprire i costi sostenuti per i rifugiati. I maggiori paesi dell’Est restano arroccati sul rifiuto di partecipare alla loro riallocazione.

Mancano otto giorni al nuovo vertice dei 28 leader dell’Unione: nessuno può permettersi il lusso di un fallimento ma le premesse di un successo oggi appaiono più che labili. La politica continua a ostentare impotenza di azione e di leadership. Economia e Borse ne risentono ma pagano anche incertezze e frenate in arrivo dal mondo globale. In questo panorama desolante quando il presidente della Bce Mario Draghi dà la scossa ai Governi su conti pubblici e riforme fa impeccabilmente il suo mestiere (troppo spesso invano).

E quando i governatori centrali di Francia e Germania insieme invocano maggiore integrazione dell’eurozona e un euro-ministro dell’Economia per promuovere la crescita economica a lungo termine, hanno ragione. Anche se tutti purtroppo in questo momento parlano all’Europa dell’irrealtà.

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