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La flessibilità possibile

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L’ANALISI

La flessibilità possibile

L'ultima cosa che serve a Mario Draghi, prima della riunione di consiglio del 10 marzo in cui la Bce potrebbe prendere nuove misure per cercare di far risalire l'inflazione verso l'obiettivo, sono violente turbolenze dei mercati finanziari come quelle delle ultime settimane. Per questo, ieri, se ha sottolineato che la Bce «non esiterà ad agire» qualora l'inflazione importata (il crollo del petrolio) e l'impatto delle turbolenze finanziarie creassero rischi al ribasso per la stabilità dei prezzi, ha anche tenuto a calmare le acque sulla situazione delle banche europee.

Rassicurando su alcuni punti: il processo di riforma della finanza globale avviato dopo la grande crisi è alla fine (“Niente Basilea 4”, ha aggiunto esplicitamente a braccio nella sua introduzione); non siamo nel 2012: le banche hanno rafforzato il capitale; il recente esame Srep condotto dalla Bce nella sua funzione di vigilanza mostra che i requisiti di capitale non verranno alzati; la politica monetaria continua ad aiutare le condizioni di finanziamento delle banche e l'attività economica, dalla quale, in ultima analisi, dipende anche la salute del settore creditizio.

Draghi non nasconde che ci siano ancora problemi: incertezza sui costi delle cause legali (un riferimento trasparente soprattutto a Deutsche Bank) e il problema dei crediti deteriorati (Npl). Ma su questi ultimi ha ripetuto quello che aveva già detto il mese scorso in conferenza stampa: sappiamo quanti sono, non c'è un buco nero; gli accantonamenti sono adeguati; il problema verrà risolto in modo ordinato e sull'arco di anni. Con quest'ultimo riferimento, affronta (e in conferenza stampa lo aveva fatto in modo esplicito) il punto debole delle banche italiane, per il quale sono state messe nel mirino dei mercati. È chiaro che al tempo stesso il presidente della Bce non può essere percepito come portatore di un favoritismo per il proprio Paese: le banche italiane, ha detto chiaramente in risposta a un europarlamentare, non hanno ottenuto condizioni speciali rispetto alle altre. E ha anche smentito seccamente che la Bce sia in trattativa per acquistare Npl dalle banche italiane: se verranno utilizzati in operazioni di cartolarizzazione e portati alla Bce come collaterale, si vedrà, ma non per questo verranno trattati secondo regole diverse da quelle esistenti. Su un fronte più “politico” ha detto anche una cosa che a qualcuno in Italia non farà piacere: non è pensabile una revisione delle regole del bail-in, appena entrate in vigore. Anche se su questo punto, come in tutta la fase di costruzione dell'unione bancaria, la Bce è però molto attenta a ricordare che la competenza spetta alla Commissione e al Meccanismo unico di risoluzione (Srb) appena entrato in funzione a Bruxelles. E ha insistito invece sulla necessità della trasparenza e dell'informazione ai risparmiatori, che a lungo è stata omessa.

Draghi vede la questione delle turbolenze sulle banche (che peraltro, ha ricordato, non sono un fatto solo europeo) nella prospettiva delle prossime azioni di politica monetaria. Se è vero che nuovi sconquassi sui mercati potrebbero addirittura rendere più ovvia la decisione sull'adozione di nuovi stimoli, si apre però anche, potenzialmente, la questione del conflitto fra le due anime dell'istituto di Francoforte: la politica monetaria e la vigilanza. La prima si asterrà, per esempio, dall'abbassare ulteriormente i tassi negativi sui depositi delle banche presso la Bce stessa perché questa ulteriore “tassa” può pesare sui bilanci bancari? Finora, la risposta di Draghi è sempre stata inequivocabile: il nostro mandato è la stabilità dei prezzi. Sulle modalità, la partita è ancora aperta.

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