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Bonus non a pioggia e reputazione da premiare

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come incentivare i docenti migliori

Bonus non a pioggia e reputazione da premiare

La scuola italiana è forse l’unica in Europa dove il merito individuale degli insegnanti non viene riconosciuto affatto: ad oggi la progressione delle remunerazioni avviene solo per anzianità di servizio. È vero che tutti gli insegnanti fanno lo stesso lavoro, ma non è certamente vero che tutti lo facciano allo stesso modo e con gli stessi risultati. Numerose indagini internazionali confermano che i risultati degli apprendimenti degli studenti, anche in scuole che operano nello stesso contesto socio economico, variano considerevolmente e che la ragione non può che stare nella diversa qualità professionale degli insegnanti (e dei presidi).

Le ragioni per riconoscere e remunerare meglio gli insegnanti meritevoli sono più di una: a) perché è giusto ridare ai molti insegnanti meritevoli l’orgoglio di essere riconosciuti come tali; b) perché è giusto offrire di più a chi dà di più; c) perché è vitale per ogni scuola far emergere le personalità più apprezzate ai fini della attribuzione di compiti ulteriori sia di natura didattica (mentoring per gli insegnanti più giovani e meno esperti) che di organizzazione delle scuole.

Siamo in molti ad aver apprezzato l’impegno dell’attuale governo per introdurre anche nel mondo della scuola il riconoscimento del merito individuale: 200 milioni di euro appositamente finalizzati non sono piccola cosa. La legge prevede che si dia luogo in ogni scuola a un comitato di valutazione che individui i criteri per procedere all’erogazione dei bonus ai meritevoli. Sarà poi il preside a decidere a chi riconoscere un bonus.

Qui sembra opportuna qualche considerazione per evitare che una riforma di questa rilevanza sia vanificata da una attuazione maldestra : dividendo i 200 milioni per 8mila scuole, ogni scuola di medie dimensioni (con 100 docenti) avrà disponibili circa € 25mila, che al netto saranno circa 14mila per scuola. È ragionevole che il bonus, per avere un senso, abbia una consistenza all’incirca pari ad una mensilità aggiuntiva: quindi con € 14mila si può pensare di premiare non più di 10 docenti, cioè il 10% di ogni scuola.

Anche se si volesse scendere a metà (settecento euro a testa), non si andrebbe al di là del 20% degli insegnanti. Oltre, sarebbe una risibile mancia. Una seconda considerazione: è intuitivo che è più facile distinguere i migliori dagli altri quando il loro numero è limitato. Su chi siano i 10 docenti migliori in una scuola, c’è un diffuso consenso tra docenti, genitori, studenti; se si dovesse indicarne 30, i confini si farebbero molto più problematici e sarebbero inevitabili contestazioni sul numero e l’identificazione degli esclusi. Motivo in più per suggerire di contenere in non più del 10, massimo 20%, la platea dei destinatari del bonus.

Ma su tutto questo aleggia un’angoscia tra presidi e insegnanti: con quali procedure e metodi individuare i meritevoli? Si sa che insegnare è una professionalità complessa: sapere la propria disciplina, saperla insegnare, sapersi rapportare con i colleghi, con gli studenti, con le famiglie, sapere motivare gli studenti in difficoltà, sapere valutare gli studenti con equità, sono tutte qualità della professione docente ed è impossibile misurarle con indicatori oggettivi e attribuire pesi specifici ad ognuna.

Qui può dare soccorso l’uso della reputazione, che è senz’altro una valida proxy per la qualità degli insegnanti. L’obiettività perfetta è un obiettivo irraggiungibile. In una comunità professionale la reputazione è invece basata sull’aggregazione di giudizi inter-soggettivi espressi dai vari soggetti della comunità (pari, studenti, genitori). Nessun giudizio analitico sarà mai perfetto, anche se supportato da quintali di dati e di documenti tesi a fornire prove più oggettive. Il giudizio alla fine non potrà essere che “olistico”, cioè globale, relativo all’insieme delle qualità del singolo insegnante e soprattutto “contestuale”, cioè riferito all’apporto del docente alla sua scuola.

Sarebbe impensabile costruire una graduatoria generale di oltre 700mila insegnanti distribuiti su 40mila sedi scolastiche. Queste considerazioni potrebbero essere portate all’attenzione dei dirigenti con una nota del ministero per incoraggiarli a non aver timore di utilizzare una sana discrezionalità dello svolgere il compito che la legge affida loro. La reputazione non è un arbitrio ma è il precipitato di un giudizio intersoggettivo della comunità professionale cui il docente appartiene. E non mancano al dirigente strumenti per rilevarla e stimarne la dimensione per poi fare le sue scelte ben ponderate.

Da ultimo una considerazione, suggerita da un recente episodio: l’Ufficio Scolastico del Veneto aveva emanato una nota per dare indicazioni sulla procedura di attribuzione del bonus, precisando anche quel che dovrebbe essere ovvio, cioè che il bonus al merito non andava contrattato. I sindacati del personale si sono mobilitati e ne hanno chiesto ed ottenuto il ritiro.

Va detto invece, con grande nettezza, che nessuna contrattazione deve essere consentita in questa materia. Di tutto ha bisogno la nostra disastrata scuola, tranne che di consegnare le chiavi della valutazione del personale a chi da quarant’anni si è opposto alla valutazione, in nome dell’unicità della funzione docente e dell’opposizione ad ogni ipotesi di carriera.

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