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Il «boicottaggio» del merito

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la riforma della scuola

Il «boicottaggio» del merito

Se c’era un pregio che questo giornale ha riconosciuto da subito alla Buona Scuola del governo Renzi era quello di indirizzare l’istruzione italiana sullo stesso binario intrapreso da anni dai principali paesi europei. Grazie all’affermazione, anche nella pratica, di parole chiave come merito e valutazione che nel nostro sistema scolastico sono sempre rimaste sulla carta. Ebbene, a sette mesi dal varo della legge 107, su entrambi i fronti siamo ancora ai nastri di partenza. Complice la “resistenza passiva” (se non in alcuni casi di un vero e proprio boicottaggio) della parte più sindacalizzata del corpo docente a fare funzionare o anche solo a far nascere i nuovi comitati di valutazione.

Facciamo un passo indietro. La riforma Renzi-Giannini ha messo sul piatto 200 milioni di euro per premiare i prof meritevoli. Ha previsto l’istituzione, in ciascuna scuola, di un organismo misto di 5 membri formato in prevalenza da insegnanti (una nomina è fatta dagli Uffici scolastici regionali) e da rappresentanti di genitori e studenti, presieduto dal preside, e incaricato di individuare i criteri in base ai quali il dirigente assegnerà il bonus premiale. La stessa legge è chiara anche sui tempi: si parte dal 2016, dunque già dall’anno scolastico in corso. Fatto sta che siamo giunti quasi alla fine di febbraio e gli Usr stanno ancora ultimando le indicazioni dei membri esterni oppure stanno nominando i sostituti viste le defezioni su larga scala che si sono registrate. E, all’interno delle scuole, lo scenario non cambia: molti collegi docenti non riescono a nominare i prof da inserire nei comitati di valutazione. Con l’effetto che, a pochi mesi dal termine delle lezioni, questo organismo non è stato costituito in tantissimi territori.

Il perché di questa situazione di blocco è presto detto: la legge 107 sottrae ai sindacati qualsiasi intromissione nella gestione e assegnazione dei 200 milioni ai docenti meritevoli, costruendo una procedura tutta interna alle componenti scolastiche (dimensione collegiale, con i comitati, e individuale, del preside). È stato, come forse ricorderete, un punto di mediazione durante i lavori parlamentari per emanare la riforma: si era partiti con l’introduzione di vere e proprie “carriere” per gli insegnanti (si parlava di docente mentor e tutor); poi si è passati all’eliminazione e successivamente alla riduzione del peso degli scatti d’anzianità. Alla fine dopo scioperi e manifestazioni in piazza (e non qualche frizione all’interno della stessa maggioranza di governo), si è arrivati alla soluzione di mantenere gli scatti e, in più, di introdurre un fondo da 200 milioni l’anno (circa 24mila euro in media a scuola) per valorizzare il merito dei professori. Una mediazione che puntava dichiaratamente a far entrare la valutazione nel nostro ordinamento. Dopo i tentativi (naufragati) di Luigi Berlinguer prima, e del progetto «Valorizza» di Mariastella Gelmini, poi, che, con difficoltà, è partito, ha premiato una decina di insegnanti con una mensilità in più di stipendio, incontrando però il boicottaggio del sindacato e dalle scuole al punto che il suo successore a viale Trastevere, Francesco Profumo, nel 2012 è stato costretto a ritirarlo.

Il tema è tornato di attualità nei giorni scorsi con una nota dell’Usr Veneto che, rivolgendosi ai membri esterni dei comitati, ha indicato cosa fare in caso di “meline”. Puntando su due concetti molto semplici. Il primo: i comitati di valutazione devono funzionare e se i docenti boicottano decide alla fine il preside utilizzando il potere sostitutivo. Il secondo: i 200 milioni premiali, pur essendo retribuzione accessoria, non devono essere contrattati con i sindacati, vista la chiara procedura tratteggiata dalla legge 107. La nota è stata subito contestata da tutti i sindacati, Flc-Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals-Confsal, che hanno parlato di «grave atto» dal punto di vista «politico»; e l’Usr Veneto è stata costretta nel giro di poche ore a ritirarla, con una motivazione emblematica: «Per non ledere prerogative sindacali».

Il clamore della questione è giunto fino al Miur, che fin qui aveva forse sottovalutato il tema. E che sembra ora voler correre ai ripari; a metà settimana convocherà i sindacati e si potrebbe arrivare al commissariamento delle scuole che non costituiranno i comitati di valutazione. A chiedere «un intervento» da parte del Miur è la responsabile Scuola del Pd, Francesca Puglisi: «I comitati di valutazione servono per tracciare in modo partecipato i criteri premiali. Non si comprendono le resistenze sindacali visto che la legge 107 disegna un percorso dal basso, utile ad arrivare al 2018 a stilare linee guida finalmente condivise per valutare i docenti». Ma non tutti ritengono che serva l’intervento del dicastero. Per la deputata dem, Simona Malpezzi, «non dobbiamo tornare alla scuola delle circolari che servono solo dove c’è un vuoto normativo ad esempio per fare partire l’alternanza nei licei quadriennali sperimentali. Altrimenti -aggiunge - la fase di liberazione che stiamo portando avanti ci viene bloccata in attesa delle circolari». Fermo restando - insiste - che la legge 107 sul punto «vuole valorizzare la creatività e la progettualità delle scuole e dei docenti e non riservarla alla contrattazione».

Bisogna, insomma, evitare che finisca come accaduto con il recente contratto sulla mobilità dei prof. L’abolizione del vincolo triennale di permanenza nella provincia di titolarità, farà scattare, a settembre, “un controesodo” Nord-Sud. Così da mettere a rischio il debutto dei nuovi ambiti territoriali dai quali i presidi dovranno attingere, a partire dal prossimo anno scolastico, per la loro chiamata diretta. Peccato che anche in quel caso il verbale dell’accordo ha visto comparire una clausola che rinvia i passaggi successivi alla contrattazione con i sindacati. Un film già visto che ora rischia di ripetersi sul merito.