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De Cecco, economista poliedrico

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Scenari

De Cecco, economista poliedrico

Non sono molti gli economisti italiani vissuti nella seconda parte del ventesimo secolo che possano vantare un’influenza duratura sul discorso pubblico nazionale. Fra questi, merita un posto Marcello de Cecco, la cui originalità può, in effetti, essere misurata proprio nella difficile catalogazione del suo lavoro: sotto quale lettera si dovrebbe rubricare lo sfaccettato approccio che egli ha saputo costruire fin dalle sue prime prove di studioso? Del resto, prima che un economista brillante, de Cecco – scomparso ieri a 78 anni – era un intellettuale vivacissimo: un maestro di concretezza, di coerenza, di cultura civile. Dei suoi interventi è necessario ricordare la qualità, il rigore, il metodo col quale esprimeva l’amore per il suo Paese che – sempre più spesso – egli viveva col disagio di un amante in attesa che il suo sentimento assumesse una forma chiara. L’eterna adolescenza italiana fu, invece, uno dei tormenti di de Cecco. L’ambiguità di un sistema riluttante ad aprirsi al mondo e diffidente nell’aderire con spirito costruttivo alle forme dell’integrazione internazionale, furono lo sfondo della sua riflessione penetrante e mai introflessa su una spesso sconcertante attualità politica.

Scorrendo la sua bibliografia, la certezza è di trovarsi di fronte a un poligrafo che affrontò uno spettro insolitamente ampio d’interessi che dalla storia dello sviluppo economico spaziano all’integrazione monetaria europea, dalla storia del pensiero economico alla collocazione internazionale dell’Italia liberale e repubblicana. Come pochi egli seppe coniugare interessi solo all’apparenza diversi, raggiungendo un livello analitico inusuale per l’epoca in cui i suoi interventi furono scritti e affrontando pionieristicamente problemi interpretativi di prima grandezza. La riflessione di de Cecco poggiava su una conoscenza profonda delle relazioni economiche e finanziarie internazionali che egli riconosceva come il sistema nervoso del sistema politico internazionale. La confidenza con questi temi fu all’origine di un libro che a distanza di quarantadue anni seguita a essere un punto di riferimento: Money and Empire (Blacwell 1974). Dall’uscita di quel volume i lavori di de Cecco tenderanno a convergere verso l’analisi dell’influenza del sistema internazionale nella determinazione del quadro nazionale (economico e politico) e, come pochissimi altri in Italia, spiegò efficacemente le ragioni dell’integrazione economica regionale. Illuminanti i suoi saggi sull’unificazione monetaria europea le cui ragioni egli spiegava come il suggello a un ciclo d’instabilità piuttosto che l’avvio di un nuovo modello di contenimento degli interessi nazionali.

De Cecco ebbe un rapporto d’intenso attaccamento all’attività di opinionista che svolse per tutta la vita: fu collaboratore di Repubblica, e affrontò la sua attività pubblicistica con fermezza, obiettività e vigile partecipazione. I lettori impararono presto a conoscere la schiettezza di quello studioso irrequieto e schivo, lontano da scuole e ortodossie. Certamente gli anni passati al Royal Institute of International Affairs contribuirono a irrobustire nello spirito di de Cecco quel suo naturale understatement che non si trasformò mai in distaccato disinteresse. E proprio sulla rielaborazione dei suoi scritti giornalistici sono costruiti una serie di volumi. L’ultimo (Ma che cos’è questa crisi, Donzelli 2013) ricompone i passaggi chiave della Grande recessione allineando le storture, le rigidità e la fallacia dei rimedi proposti dai mandarini della cosiddetta economia “ortodossa”.

L’ironia era uno dei tratti distintivi di Marcello de Cecco: era forse il mezzo naturale per mitigare la passione che traspariva da ogni suo scritto e da ogni conversazione pubblica e privata, un’ironia che si coniugava perfettamente con un temperamento intellettuale unico, e con un rigore logico esemplare su cui si fondavano la sua autorevolezza di studioso e la sua partecipazione alla vita civile esercitata senza mai perdere di vista la necessità di rendere accessibile e comprensibile il proprio lavoro.

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