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Terapia shock anti-deflazione

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GLI EFFETTI PER L'EUROPA

Terapia shock anti-deflazione

Il presidente della Bce, Mario Draghi (Sintesi Visiva)
Il presidente della Bce, Mario Draghi (Sintesi Visiva)

Per evitare il rischio di cadere nella palude in cui la deflazione si intreccia con la stagnazione economica, Mario Draghi ha deciso di dare una scossa monetaria violenta, per contribuire ad un riavvio stabile del motore della crescita economica. Per passare dalla scossa alla ripartenza tutto dipenderà dalla reattività dei vari anelli della catena di trasmissione. Se la normalizzazione dei canali bancari e finanziari appare a buon punto, rimane l'incognita dell'anello finale, quello delle decisioni di imprese e famiglie. La Banca centrale europea (Bce) ha anche aperto un canale innovativo diretto, con l'acquisto di titoli emessi dalle aziende; fa parte della scossa, che però difficilmente può far ripartire il motore da sola, se l'Unione Europea continuerà ad essere latitante sul piano delle politiche fiscali e strutturali.

Le decisioni prese ieri dalla Bce confermano che nell'ultimo trimestre il quadro congiunturale complessivo è peggiorato. I rischi di un ristagno economico e dei prezzi sono aumentati. La banca centrale ha dovuto riconsiderare la scenario complessivo, dopo che i rischi legati alla cosiddetta “doppia trappola” sembravano, almeno momentaneamente, allontanati. Cosa è la “doppia trappola”?
Sono oramai oltre tre anni che la Bce si trova a gestire una situazione macroeconomica straordinariamente difficile, in cui una trappola economica – vale a dire il rischio di inefficacia della politica monetaria – si intreccia con una trappola politica – vale a dire il rischio paralisi che può derivare dalla diversità delle preferenze dei banchieri centrali, anche per ragioni legate alla provenienza nazionale.

La trappola economica – o della liquidità – è quella per cui si blocca il meccanismo di trasmissione che va dalle iniezioni di liquidità della banca centrale alle decisioni di spesa delle imprese e delle famiglie. Dalla seconda metà del 2012 – dopo aver scongiurato la crisi dell'euro in luglio con il famoso “whatever it takes” – la Bce ha dovuto fare i conti con un aumento dell'avversione al rischio di banche, imprese e famiglie, che sono diventate come spugne assetate di liquidità. Per cui al crescere dell'aggressività dell'azione della Bce il paradossale risultato è stata la caduta della sua efficacia. Dall'ottobre 2012 al febbraio 2014 il fenomeno è stato particolarmente accentuato: nonostante tassi di interesse eccezionalmente ridotti – in media mensile 144 punti base in meno dei livelli normali relativi alla regola ante-crisi – le masse monetarie hanno continuato a ridursi. Se l'economia diventa una spugna di liquidità, i mercati bancari e finanziari si frammentano, imprese e famiglie non investono e consumano. La politica monetaria diventa sterile.
La sterilità della politica monetaria può innescare la trappola politica, accentuando le divisioni tra i banchieri centrali sulle scelte da fare. Perché vi sono almeno due visioni opposte su come si combatte la sterilità monetaria, cioè per invertire l'avversione al rischio, su cui si fondano le aspettative di ristagno e deflazione. Una strada è quella che piace alle cosiddette “colombe”: occorre accentuare ulteriormente l'espansione monetaria, in modo che le aspettative si invertano, rafforzando attese di ripresa dell'economia e dei prezzi. L'altra strada è quella preferita dai “falchi”: le aspettative cambiano solo se la politica monetaria si “normalizza”, per cui occorre fermare, o addirittura invertire, l'espansione monetaria, anche per evitare bolle finanziarie. In questi mesi nella Bce i falchi sono stati minoritari, per cui la nostra banca centrale ha imboccato la prima strada, che ieri è stata ribadita con forza.

Draghi ha esplicitamente rivendicato la bontà della scelta dell'attivismo monetario. La trappola della liquidità si sostanzia nella paralisi di due anelli di trasmissione: uno che va dalla banca centrale alle banche ed i mercati finanziari, l'altro che arriva all'economia reale. Draghi, dati alla mano, ha rimarcato come il rischio di frammentazione bancaria e finanziaria sia stato scongiurato, e che ora occorre irrobustire e consolidare la dinamica reale. Il presidente della Bce ha anche sottolineato la convinzione che se si fosse scelta l'altra strada – quella gradita ai falchi – il risultato sarebbe stato quello della deflazione.
Per cui l'aver in parte disinnescato la trappola economica ha anche depotenziato la trappola politica: le divergenze di vedute nell'ambito della Bce non hanno impedito di intraprendere – e ieri anche di potenziare – la scelta dell'attivismo monetario.

Purtroppo gli effetti reali della perdurante e rafforzata espansione monetaria non sono affatto scontati. Per cui tanto più il consolidamento della ripresa economica e della dinamica dell'inflazione si farà attendere, tanto più probabile sarà il riemergere delle divergenze tra colombe e falchi. Di riflesso, anche il processo decisionale della politica monetaria tenderà a divenire più faticoso. Draghi ha sottolineato la volontà di continuare con la strategia dell'attivismo monetario. Ma è indubbio che volontà ed efficacia siano tra loro intrecciati, e che l'efficacia dell'attivismo della politica monetaria dipende da una condizione ad essa completamente esterna: che l'Unione Europea ed i governi nazionali facciano la loro parte con le opportune politiche strutturali e fiscali.
È questo il vero tallone d'Achille della ultra- espansione monetaria decisa dalla Bce: tanto più la miopia dei politici europei sarà perdurante, tanto maggiori saranno i rischi di inefficacia della politica monetaria, quindi i rischi di deflazione e stagnazione per l'Unione.
Le scelte sbagliate dei politici finirebbero per colpire gli interessi di tutti, inclusi i loro; è quello che caratterizza le azioni degli stupidi, secondo la oramai proverbiale definizione di Carlo Cipolla.

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