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Nuove nubi sull'Europa

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ANALISI

Nuove nubi sull'Europa

Se non avesse avuto quel coraggio, inclusa la scelta “scellerata” del cambio 1 a 1 tra marco dell'Ovest e dell'Est, la riunificazione della Germania sarebbe rimasta un sogno nel cassetto. Per molti anni o forse per sempre. Angela Merkel ne ha seguito le orme prendendo di petto la crisi dei rifugiati con la politica della porta aperta ai siriani in nome di un imperativo morale, prima che politico e anche economico. Convinta che la Germania «ce la possa fare» ad accoglierli e integrarli. Come l'Europa.

La cocente sconfitta di domenica non sembra farla deflettere. In questi tempi di diffuso offuscamento della ragion politica, l'ottimismo della volontà sventolato dal cancelliere può apparire la lanterna magica capace di illuminare la strada di un futuro migliore. Per tutti, profughi compresi. Meglio sarebbe però usare il condizionale: perché Merkel non è Kohl ma soprattutto la sua Europa e la sua Germania non sono più le stesse, entrambe irriconoscibili. Il che complica molto la sfida che oggi è più europea che tedesca, cioè il contrario di quella del suo predecessore. Ma è altrettanto impellente e necessaria: da vincere, naturalmente.

Da anni l'Unione scivola su un piano inclinato: si è tenuta in piedi, sia pure in equilibrio instabile, grazie alla leadership tedesca, l'unica nel club dei 28. Al cancelliere in grado di strappare ai partner accordi quasi sempre dati per impossibili alla vigilia dei vertici Ue: la Grexit mancata insegna. Dopo lo schiaffo di domenica, le cose rischiano di cambiare. Anche se resterà in sella fino alle legislative dell'anno prossimo, Angela sarà prigioniera della sua inedita debolezza e di una crescente solitudine: paradossalmente in Europa più che in Germania. Per di più in un momento in cui tutti devono fare i conti con la profonda crisi di fiducia intra-europea, finora dimostratasi inguaribile, e con venti di rivolta che soffiano da tutti i fronti. Se poi a giugno si aggiungesse Brexit…

Sui rifugiati le mediazioni di Merkel finora non hanno funzionato. La scorciatoia turca, negoziata bilateralmente a un costo ritenuto esoso e con dubbi sulla sua legalità, ha scatenato critiche generalizzate all'ultimo vertice Ue. Tanto che non è sicuro che il nuovo summit di giovedì si concluda con un successo. La crisi non solo ha frantumato Schengen, chiuso la rotta dei Balcani soffocando la Grecia, allontanato Austria e paesi dell'Est dalla Germania ma ha provocato la rottura dell'asse franco-tedesco. François Hollande dichiara forte e chiaro che sono inaccettabili la liberalizzazione in giugno dei visti per i turchi come le mega-aperture di credito a un paese che non rispetta libertà di stampa né minoranze, in breve i valori fondamentali europei. E con la Francia concordano in molti. Se il vertice fallisse di nuovo, per Merkel sarebbe il secondo schiaffo in 5 giorni ma con timbro europeo.

Non si sa con quali effetti su una Germania che si scopre nazionalista, anti-euro ed anti-Governo al pari di quasi tutti i suoi partner Ue. Da leader riluttante, mallevadore di intese collettive potrebbe ritirarsi nell'isolazionismo solitario o aperto a pochi eletti. Sarebbe la fine di Schengen e dell'Europa aperta e senza frontiere, il contrario delle ambizioni di Angela. Che di sicuro vuole passare alla storia, come il suo mentore Kohl, come l'architetto di una nuova Unione, non la sua affossatrice.

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