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Marco Biagi, lo sguardo lungo su lavoro

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Scenari

Marco Biagi, lo sguardo lungo su lavoro

  • –Giorgio Pogliotti

L’attualità di Marco Biagi, la sua capacità di guardare lontano, con una visione innovativa del mondo del lavoro e con il suo metodo d’analisi comparato: la figura del giuslavorista ucciso quattordici anni fa dalle Br è stata ricordata ieri al Senato, nel convegno organizzato dall’associazione amici di Marco Biagi e da Adapt, di fronte ad una platea formata in larga parte da giovani del centro di ricerca che lui stesso fondò nel 2000.

Marco Biagi rappresenta una fonte di ispirazione, ha sottolineato il presidente del Senato, Pietro Grasso, ricordando come «la riforma che porta il suo nome nasceva dalla considerazione che lo sviluppo dell’economia richiedesse una nuova definizione, anche a livello giuridico, delle varie forme di lavoro, al fine di garantire le tutele fondamentali dei lavoratori». Per il presidente del Senato c’è «continuità con la recente revisione della disciplina dei contratti di lavoro, operata con il decreto legislativo numero 81 del 2015», in attuazione del Jobs act, «che si muove nel solco tracciato dalla riforma Biagi».

Anche per il sottosegretario alla presidenza del consiglio, Tommaso Nannicini - che presiede il team di economisti di Palazzo chigi impegnati in prima linea nelle riforme del governo Renzi - Marco Biagi rappresenta una fonte di ispirazione: «con il Jobs act - ha spiegato - e con il superamento del vecchio articolo 18, abbiamo anche voluto mandare un messaggio politico, dire che non esistono più tabù». Nannicini ha fatto riferimento all’idea del giuslavorista di «una regolazione soft delle relazioni industriali che consenta alle parti sociali di svolgere al meglio il proprio ruolo»; questa visione potrebbe concretizzarsi in una legge sulla rappresentanza. «Una cornice snella - ha aggiunto - non sarebbe un’invasione di campo, ma consentirebbe alla rappresentanza di dispiegarsi al meglio, di trovare un proprio ruolo nella contrattazione».

Guarda alle nuove sfide dell’economia digitale il ministro del lavoro, Giuliano Poletti, per sottolineare quella che considera una delle principali eredità di Marco Biagi: «prenderci il rischio di porci le domande più scomode per trovare le risposte, senza trovarci un domani impreparati e dover inseguire il cambiamento». Del resto con l’evoluzione tecnologica, in presenza della cosiddetta quarta rivoluzione industriale, per Maurizio Sacconi (presidente della commissione lavoro del Senato e dell’associazione amici di Marco Biagi), si sta avverando la profezia del giuslavorista che quindici anni fa prevedeva il superamento della rigida distinzione tra lavoro autonomo e lavoro subordinato nello Statuto dei lavori: «Ancora una volta confrontiamo la sua visione, il suo metodo con i bisogni del mercato del lavoro nel presente e nel futuro - ha detto -. Il lavoro agile può crescere solo se i vincoli della vecchia dimensione produttiva vengono sostituiti da regole duttili e magari adattate ad ogni persona attraverso non solo i contratti collettivi, soprattutto aziendali, ma anche attraverso gli accordi individuali». Per Sacconi le tecnologie digitali cambiano radicalmente l’organizzazione della produzione: «gli inquadramenti devono essere sostituiti dalla periodica certificazione delle abilità in corrispondenza all’affermarsi del diritto all’apprendimento continuo. E la retribuzione ad orario dovrà essere sostituita dalla retribuzione sui risultati».

Per Michele Tiraboschi (allievo di Biagi, professore di diritto del lavoro all’Università di Modena e Reggio Emilia) il convegno «non rappresenta solo un doveroso esercizio di ricordo, di manutenzione della memoria», ma anche un’occasione per «alimentare un’idea di un mercato del lavoro più giusto ed efficiente». L’eredità di Marco Biagi? «Ci ha lasciato un metodo ed una visione dei temi del lavoro - ha aggiunto Tiraboschi -. Spesso gli studi sono legati al dato contingente, lui ha saputo guardare lontano. Da consulente della Commissione europea sulle relazioni industriali, con il metodo comparato Biagi propose un esercizio di benchmarking per individuare le best pratice, evidenziando l’evoluzione verso il decentramento. Nel 2002 parlava di un unico livello contrattuale, in largo anticipo sui tempi». Non ha conosciuto Marco Biagi il presidente di Adapt, Emmanuele Massagli, ha 33 anni e frequentava la quinta liceo quando è stato ucciso, ma sostiene di «averlo incontrato nel metodo e nella scuola, tra gli oltre 200 giovani ricercatori di diversi orientamenti, ma con un dizionario comune».

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