Commenti

Mediobanca e le scelte sulla quota in Generali

  • Abbonati
  • Accedi
l’inchiesta

Mediobanca e le scelte sulla quota in Generali

Al primo posto degli obiettivi del Piano strategico per il triennio 2014-16 di Mediobanca spiccava «la riduzione della partecipazione in Assicurazione Generali di circa tre punti in tre anni».

Adesso mancano appena tre mesi alla scadenza di quel piano, ma Mediobanca ha ancora la stessa percentuale di quote nel Leone, il 13 per cento. A chi glielo ha fatto notare il mese scorso, l’Ad di Piazzetta Cuccia Alberto Nagel ha spiegato che «vendere il 3% delle Generali è un’opportunità, non un obbligo». E anche al nostro giornale, Mediobanca ha confermato che «non ci sono vincoli regolamentari. È una scelta volontaria».

Questo è vero. Come è vero quello che ci dicono da Piazzetta Cuccia, e cioè che la partecipazione a Trieste ha dato «un contributo positivo al bilancio, con una redditività sul capitale allocato a doppia cifra, largamente superiore al costo del capitale». Ma è altresì vero che dal 2014 quella partecipazione sta pesando in modo sproporzionato sul calcolo dei requisiti di capitale imposti dalle recenti normative europee. E rimanendo intatta potrebbe condizionare fortemente il piano industriale del prossimo triennio.

La sproporzione di cui parliamo è nascosta in quattro righe a pagina 16 del Bilancio 2014 della banca d’affari milanese, dove si legge: «Tra i principali eventi che hanno caratterizzato l’esercizio si segnala... l’autorizzazione da parte di Banca d’Italia, ai sensi dell’art. 471 del Regolamento Ue n. 575 del 26 giugno 2013 alla ponderazione al 370% della partecipazione detenuta in Assicurazioni Generali».

Il riferimento è alla normativa europea introdotta nel 2013 in base alla quale, dal calcolo del cosiddetto patrimonio di vigilanza, cioè la parte di capitale “nobile” necessaria per soddisfare i requisiti di capitali minimi voluti dalla Bce, ogni banca dovrà detrarre il valore degli investimenti “significativi” in altri soggetti del settore finanziario, laddove per “significativi” si intende superiori al 10 per cento del valore della società partecipata. Questa misura ha un valore prudenziale e serve a evitare che lo stesso capitale venga computato due volte, una prima nel patrimonio del soggetto finanziario controllante e una seconda in quello del controllato.

Trattandosi di una norma piuttosto invasiva, le autorità europee preposte, Eba e Bce, hanno previsto che la sua adozione avvenga allo scadere di un periodo transitorio. Come riporta il Bilancio di Mediobanca, «il nuovo regime regolamentare prevede un periodo transitorio di applicazione graduale delle regole, nell’ambito del quale è prevista fino al 31 dicembre 2022 la possibilità di ponderare anziché dedurre partecipazioni detenute in imprese di assicurazioni collegate previa autorizzazione da parte dei regulators». E come detto, nel corso del 2014 Piazzetta Cuccia ha ottenuto l’Ok a “ponderare” la partecipazione in Generali al 370%. Tradotto in soldoni, vuol dire che dal 2014, nel calcolo dei requisiti di vigilanza, anziché essere computata al suo valore effettivo (nell’ultima semestrale calcolato in 3,01 miliardi), la partecipazione in Generali è maggiorata di 3,7 volte. Questa maggiorazione fa sì che per Mediobanca il coefficiente più importante, il cosiddetto Core Tier 1 Ratio, o Cet1 Ratio, anziché essere oggi un rassicurante 13,75, viene ridotto di 135 punti base. Dai dati della suddetta semestrale risulta infatti attestato al 12,4.

Ma l’impatto su quel coefficiente sarà ancor più penalizzante alla scadenza del periodo transitorio quando, anziché “ponderarla” al 370%, Mediobanca sarà costretta a dedurre dal capitale la sua partecipazione in Generali. In quel caso, secondo i calcoli de Il Sole 24 Ore, il Cet1 Ratio scenderebbe addirittura al 10,1%, avvicinandosi molto di più al tetto minimo richiesto dalla Bce, limitando conseguentemente le opportunità di investimento del prossimo piano strategico.

Se invece Piazzetta Cuccia scendesse sotto la soglia del 10%, vendendo dunque quel 3% di Generali che si era impegnata a vendere nel triennio che si sta concludendo, a il Sole 24 Ore risulta che potrebbe continuare a inserire nell’attivo a rischio, seppur «ponderata al 370%», la sua partecipazione nel Leone e ritrovarsi con un Cet1 Ratio meno basso.

In base alla scadenza del periodo di transizione dettata dal Regolamento Ue n. 575, Nagel ha oggi ancora cinque anni e nove mesi per cedere quel 3%. Insomma un margine di tempo più che ragionevole per scegliere il momento più opportuno. Il problema è che il sistema europeo consente ai regolatori di definire i termini di applicazione di una normativa. E qualche mese fa, l’Eba ha comunicato alle banche di star valutando una modifica della durata del periodo transitorio. Se tale modifica fosse approvata, anziché terminare al 31 dicembre 2022, quel periodo scadrebbe ben quattro anni prima, il 1 gennaio 2018.

Ovviamente questo potenziale cambiamento ha messo pressione sul management Mediobanca. Una possibile via d’uscita potrebbe essere quella di sviluppare modelli interni di valutazione dei rischi che permettano di calcolare il coefficiente non con il più “prudenziale” metodo standard, finora adottato, bensì con uno “personalizzato” che permetta di ridurre il peso delle cosiddette «attività ponderate per il rischio». Molte altre banche li hanno, ma poiché quello di Piazzetta Cuccia è un istituto che non concede crediti e quindi assume pochi rischi, il suo management non ha mai avuto motivo di investire nello sviluppo di modelli interni del genere. A Il Sole 24 Ore risulta che il suo Chief risk officer, Pierpaolo Montana, stia da qualche tempo confrontandosi con il non banale compito di sviluppare di corsa tali modelli e soprattutto ottenerne poi la validazione. Che però non sarà data più da Palazzo Koch (come è successo per altre banche italiane) bensì da Francoforte. Un’impresa non da poco.

Ecco perché, come ci ha detto Piazzetta Cuccia, «è previsto che la partecipazione in Generali venga ridotta al 10% non appena i prezzi di mercato ritorneranno a livelli più interessanti». Ma senza apprensione, hanno tenuto a spiegarci, perché «anche in caso di cambiamenti di regole europee lo scenario per noi non cambia, in quanto... la redditività sul capitale allocato sarà sempre molto elevata».