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Quella mano tesa alle richieste Bce

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l’analisi

Quella mano tesa alle richieste Bce

La strada per la complessa fusione tra Bpm e Banco Popolare è diventata apparentemente sgombra di ostacoli. Ma le 48 ore che mancano alle riunioni dei consigli delle due banche per approvare il progetto non saranno in discesa. Più della prospettiva, conta la storia: Bpm è l’unica tra le grandi popolari a non avere mai approvato una fusione.

L’unico motivo dello stallo ha sempre riguardato le resistenze della rappresentanza sindacale dei soci-dipendenti e degli ex dipendenti che, con poco più del 4% del capitale, hanno sempre fatto il bello e il cattivo tempo in assemblea grazie al voto capitario. Entro fine anno, con l’obbligo di trasformazione in società per azioni decretato dal Governo per le maggiori popolari, ogni potere di veto cadrà. E da allora in poi conteranno solo gli azionisti, in base al capitale investito. Come era prevedibile, anche stavolta, i vari stakeholders di Bpm hanno tentato di boicottare ogni tentativo di fusione (da Bper a Ubi, fino al tentativo in essere col Banco) pur di mantenere il residuo dominio sulla banca e «sopravvivere» almeno per un triennio alla trasformazione in Spa. A poche ore dal richiamo alla responsabilità da parte del Ministero dell’Economia di venerdì scorso, già ieri alcuni sindacati hanno ricominciato a farla da padroni. Si vedrà nei prossimi giorni se i bollenti «animal spirits» saranno incontrollati o se prevarrà invece la realpolitik istituzionale.

Con sano realismo si stanno comportando invece i vertici di Bpm e Banco Popolare che, dopo le ultime richieste della vigilanza bancaria europea della Bce, stanno ridefinendo il piano da presentare martedì ai rispettivi consigli per approvare la fusione. Un piano che, necessariamente, dovrà avvicinarsi il più possibile alle rigide e inflessibili richieste della Bce in materia di governance e capital action della nuova «entity». Gran parte dello snodo finale del negoziato tra i due istituti e la Vigilanza europea ruota attorno ai futuri ratios patrimoniali a copertura dei crediti deteriorati che - come ha più volte ribaduto il presidente della Bce Mario Draghi - andranno smaltiti con calma nel corso degli anni, saranno. Bce sarà accontentata. Senza svendere asset. Ma anche senza chiedere capitale agli attuali azionisti.

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