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Lo sbarco di Corporate America

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accordi economici e diritti umani

Lo sbarco di Corporate America

Pace fatta dunque fra Stati Uniti e Cuba, pace storica, con un accordo esplicito: in nome dello sviluppo e del ritorno delle aziende americane all’Avana si potrà chiudere un occhio sulle differenze anche profonde su diritti umani e democrazia.

Ecco il senso dello straordinario - e pirotecnico - incontro di ieri fra il presidente degli Usa Barack Obama e il presidente cubano Raul Castro, all’Avana, nel grande salone di rappresentanza del Palacio de la Revolution. «Abbiamo un sistema economico e politico diverso - ha detto Castro - non è opportuno che queste differenze ostacolino il nostro rapporto». Obama gli ha fatto eco con dichiarazioni quasi identiche: «Abbiamo differenze, ma possiamo confrontarci in modo civile, abbiamo differenze anche con la Cina o con il Vietnam sulle liberta civili, ma questo non signfica che non si possa lavorare insieme. Detto questo continueremo a ripetere quel pensiamo come facciamo dappertutto in materia di democrazia e diritti umani».

Prima di tutto sviluppo economico insomma. È il denominatore comune che lega Obama e Castro. Il primo deciso a dimostrare ai critici interni che con il dialogo è meglio del confronto. Il secondo conscio che la sopravvivenza del regime nato da una rivoluzione comunista dipenderà dalla capacità di adattamento alle nuove sfide della globalizzazione. Obama spera che i progressi verso democrazia e diritti civili ci possano essere grazie alla crescita; Castro spera che la nomenclatura di 200mila persone che controlla questa bellissima isola dei Caraibi potrà continuare ad esistere senza troppe concessioni sul fronte delle libertà politiche e civili. Il tutto condito da accordi concreti: Starwood, General Electric, Western Union, John Deere ed altri hanno già annunciato intese con il governo cubano. E con una promessa di Obama al leader cubano che la chiedeva durante la conferenza stampa: «L’embarago finirà - ha detto Obama - finora abbiamo potuto fare modifiche amministrative per aggirare la legge, ma stiamo arrivando alla fine. Ci sono due cose per accelerare il processo: il cambiamento di certe regole che non aiutano il mercato e l’introduzione di più libertà». Non si tornerà indietro - ha detto Obama -, una prossima amministrazione repubblicana che non rappresenti una continuità politica in America, non tornerà indietro: «Anche perché abbiamo già dimostrato che le politiche della chiusura applicate per 50 anni non hanno funzionato».

L’incontro è stato “pirotecnico” in almeno un paio di occasioni. Il presidente cubano ha risposto con durezza, rispolverando il piglio rivoluzionario a Jim Acosta, corrispondente di Cnn, di origine cubana che gli chiedeva dei prigionieri politici e della repressione cubane su libertà di stampa e di espressione. «Lei ha mi ha forse chiesto SE abbiamo prigionieri politici? Mi dia una lista. Mi dica quali sono questi prigionieri politici e saranno liberati questa sera». Acosta ha anche chiesto a Castro chi preferiva fra Hillary Clinton e Donald Trump: «Mi dispiace - ha detto Castro - non voto negli Usa». Ma la provocazione di Castro è andata oltre anche in risposta a una domanda simile di Andrea Mitchell una delle più note corrispondenti di Nbc: «Andrea - ha detto subito Castro -, ma lo sai che ci sono 64 indicatori delle libertà civili? E lo sai che non c’è neppure un Paese che le soddisfa tutte? E lo sai Andrea, che Cuba ne soddisfa 47? Per noi diritti civili sono i diritti all’educazione e all’assistenza sanitaria per tutti...». Obama ha abbozzato: «Su alcuni punti mi trovo d’accordo con Castro, ma su altri siamo in disaccordo».Altri aspetti sui cui non ci trova d’accordo? Il destino di Guantanamo Bay. Castro ha chiesto la restituzione immediata dei territori “occupati” dagli americani. Ma Obama non ha affrontato la questione. «Su Guantanamo hanno un caso legale e giuridico molto agguerrito - ci ha detto un alto funzionario al seguito della Casa Bianca - ma per noi la questione non andrà da nessuna parte». La questione più importante sono le riforme per il mercato a Cuba: il fatto che un’azienda debba assumere i dipendenti da un’agenzia statale, che paghi l’agenzia statale diciamo 1.300 dollari al mese quando poi l’agenzia passa al lavoratore solo 100 o 150 dollari al mese è prassi fuori dal tempo, anche perché impedisce di dare premi o di punire chi non lavora bene o chi si comporta male. L’appuntamento per nuove riforme è ad aprile, al settimo congresso del partito Comunista cubano. Già allora e ben prima delle elezioni americane, Cuba potrà fare passi in avanti, attenzione, sul fronte economico non su quello politico. La palla ora, dopo il viaggio di Obama, è in campo di Castro.

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